Il
passaggio generazionale viene spesso riduttivamente inteso come il passaggio
del portafoglio che contiene le risorse finanziarie che il proprietario intende
trasmettere alla generazione successiva. In questo caso i risparmi non sono più
“consumi differiti” di quella persona, bensì un ponte verso il futuro, un
futuro in larga parte sconosciuto.
Questa concezione risente
di vari fattori psicologici:
- dell’incertezza del futuro,
- del senso di perdita di controllo,
- dell’asimmetria tra la tendenza all’over-confidence (la fiducia in se stessi come investitori - pessimi - e come risparmiatori - ottimi),
- della fiducia come trust, quella cioè rivolta ad altri, sia che si tratti di consulenti sia che si tratti dei destinatari del passaggio generazionale.
Più volte ho insistito sul
fatto che, nella gestione dei risparmi, c’è troppa over-confidence e troppa poca trust.
Di qui l’affermarsi tenace e ostinato del "fai da te". Anche il
passaggio generazionale non può non risentire della forza cognitiva ed emotiva
di questi meccanismi psicologici.
E tuttavia, noi, qui, ci
rivolgiamo ai consulenti. E quindi il passaggio generazionale per noi più
rilevante è quello dei beni di una persona, la protezione dei beni, al di là
della vita del proprietario dei beni e, comunque, non concomitante con la
morte del proprietario. Se questi vuole "controllare" il passaggio, è
bene che questo passaggio avvenga quando è ancora in vita, quando può guidare e
istruire i beneficiari del passaggio.
Quasi che i beni gli
fossero stati dati solo in custodia, una custodia temporanea che probabilmente
non ha avuto un "prima" (se i beni non sono stati ereditati), ma che
di sicuro avrà un "dopo". E' proprio l'assenza di un
"prima" quella che complica le cose e spiega la tendenza a
procrastinare la scelta. Non ci interessano, qui, neppure i casi in cui la
ricchezza dei genitori passa ai figli quando questi sono ancora relativamente
giovani, per esempio in occasione di una dote o di un’eredità, eredità in
qualche modo anticipata per necessità o anche per volontà.
Sta di fatto che tutte
queste situazioni, e le loro varianti, non hanno avuto, né sembra che stiano
avendo, un grande impatto sui circa 8 mila miliardi di risparmi delle famiglie
italiane. Ecco l'urgenza della questione del passaggio generazionale dei
risparmi.
Noi sappiamo che almeno i ¾
di questi risparmi sono detenuti da persone di più di sessant’anni. La
maggioranza degli italiani, quindi, per vari motivi, ha procrastinato, e sta
procrastinando, il passaggio generazionale. E tuttavia, non per questo, non lo
prende in considerazione, almeno in modi vaghi e remoti, per quanto inefficaci.
Comunque non lo esclude "a priori", come avviene in molti casi tipici
della cultura protestante dove si ritiene, a torto o a ragione, che questo
passaggio dei beni dai genitori ai figli sia un fardello e non una protezione
(lo stesso fondatore di GAM lasciò al suo figlio solo un ottavo delle sue cospicue
fortune, essendo lui partito da “zero”).
Il passaggio generazionale
potrebbe costituire, inoltre, un’ottima occasione per una ristrutturazione del
portafoglio che viene "passato", motivando tale ristrutturazione con
il diverso ciclo di vita e le diverse prospettive temporali. Due figure recenti
mostrano, ancora una volta se mai ci fosse stato bisogno di una conferma, del
fatto che i bias della finanza comportamentale sono sistematici e impermeabili
al passare del tempo. Questo anche perché l’educazione finanziaria non è mai
stata, almeno finora, una educazione alla finanza comportamentale e
all’assicurazione comportamentale, cioè alle radici mentali del problema.
La figura mostra come in 21 paesi, dal 1900 ad oggi,
si sia sistematicamente sacrificata una parte di rendimenti preferendo il
reddito fisso ai titoli azionari. Questa preferenza è attribuibile alla forte
avversione alle perdite e alla ben nota "illusione monetaria". La
tabella mostra i valori reali, quelli che in molti paesi e per molto tempo sono
stati "nascosti" dall’illusione monetaria. Fonte: Economist
modificata.
Oggi la scelta del reddito
fisso costituisce un sacrificio più oneroso che in passato perché i tassi, dopo
una discesa trentennale, stanno risalendo, per ora negli Usa, ma, in seguito
anche in Europa, dove comunque non calano più.
La figura mostra la crescita stimata dei tassi negli
USA in seguito alle decisioni della Fed di metà marzo 2017. Fonte: Bloomberg
modificata.
Il passaggio generazionale
sarebbe inoltre un momento perfetto per distinguere l’investimento nella casa
come servizio, la casa cioè dove si abita, dall'investimento nella casa come
allocazione del risparmio sui tempi lunghi. Infatti nel 2006, cioè un decennio
fa, c'è stato un punto di svolta, e di non ritorno, di cui ancora troppo pochi
italiani hanno tenuto conto.
Andamento del prezzo delle case nei vari paesi
nell’ultimo decennio. Fonte: Economist modificata.
Questo procrastinare basato su scelte fatte con uno specchietto retrovisore,
che ci mostra scenari più vecchi di almeno dieci anni, è particolarmente grave
perché in genere sono le case dei ceti meno abbienti quelle che risentono di
più dei cicli. Almeno così è stato in Giappone, e così è avvenuto negli USA,
dove i ceti meno abbienti sono quelli con maggiore presenza di ispanici e di
neri.
Prezzi di mercato delle case negli ultimi venti anni
negli USA. Gli immobili dei ceti meno favoriti, cioè dei non-bianchi, sono
saliti di meno e, negli ultimi anni, si sono ripresi di meno. Fonte: Economist
modificata.
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