domenica 30 aprile 2017

MERCATI FINANZIARI: OSSERVATORIO DEL 28/4/2017


L’EFFETTO MACRON SPINGE I MERCATI MA …

L’esito della prima tornata elettorale francese, con Macron quale più probabile candidato alla poltrona dell’Eliseo, ha letteralmente infiammato i mercati azionari che chiudono la settimana in forte aumento  con l’unica eccezione della borsa di Shangai (-0,58%).

Italia e Francia primeggiano con rialzi
superiori al 4%, la Germania a + 3,23% e l’indice Eurostoxx 50 a +3,47%. Completano la panoramica europea le due borse non comunitarie di Zurigo e Londra, rispettivamente a +3,02% e +1,26%.

In Usa il Nasdaq e lo S&P 500 crescono del 2,32 e 1,51% e i principali mercati emergenti (Brasile, Russia e India) confermano la generale euforia chiudendo la settimana con rialzi che vanno dall’1,88%  al 2,58%. Infine Hong Kong, Tokyo e l’indice Msci World a loro volta crescono rispettivamente del 2,38%, 3,09 e 1,86%.

In settimana ben cinque indici hanno anche superato i precedenti massimi storici: Germania, India, Nasdaq, S&P 500 e Msci World. Si tratta di risultati brillanti che trovano giustificazione, oltre che nell’esito della tornata politica francese, nelle dichiarazioni di Trump sulla riforma fiscale, sulle dichiarazioni di Draghi sulle prospettive di crescita dell’area comunitaria e le conferme di continuità delle facilitazioni monetarie della BCE.

Queste le motivazioni ma esaminiamo anche le note stonate. Prima fra tutte quella della dinamica di questi risultati; l’effetto boom si è avuto nell’immediata conferma dell’esito elettorale ma il resto della settimana i mercati hanno tirato il freno a mano fermandosi all’incirca ai valori di lunedì.  

Perché mai all’euforia è subentrata immediatamente una pausa di riflessione? Innanzitutto la più “controversa” bella notizia è quella della riforma fiscale americana che, se da un lato eccita per le ampie disponibilità che il fisco dovrebbe lasciare nelle casse delle imprese Usa e nelle tasche dei cittadini,  dall’altro lascia intravedere forti dubbi sulla sostenibilità del piano annunciato (peraltro solo a grandi linee) da Trump in quanto non c’è chiarezza per la sua copertura. Infine, restando all’interno dell’economia statunitense, il dato sul Pil (+0,7% in tre mesi) si è rivelato inferiore alle attese degli analisti.

L’instabilità sul fronte della politica internazionale resta elevata, soprattutto nell’area asiatica (fronte nord coreano), dato che le opzioni sul tavolo - non esclusivamente diplomatiche - fanno lievitare i timori per un contrasto che potrebbe includere anche scontri militari dalle conseguenze inimmaginabili per i paesi potenzialmente coinvolgibili in un conflitto ossia Usa, Nord e Sud Corea, Cina, Giappone e Russia, tanto per citare i principali. Certamente le probabilità di un simile accadimento sono infime ma abbiamo imparato a nostre spese che tutto è possibile, anche ciò che sembra assolutamente irragionevole.

Veniamo ora alle elezioni francesi. Giochi fatti? Sembrerebbe di sì ma illuderci che la vittoria di Macron (che rappresenta di fatto l’establishment, seppur rinnovato, ma non le classi popolari) sia scontata potrebbe essere il più grave degli errori, al pari della sottovalutazione di Brexit di cui solo ora si iniziano a percepire i possibili danni.

I due pretendenti partono sostanzialmente alla pari ma, se coloro che avevano votato per i candidati ora esclusi disertassero in massa il voto del ballottaggio oppure se proprio al ballottaggio frange importanti dell’elettorato decidessero di dare un senso di protesta al loro voto appoggiando la Le Pen con nella mente il pensiero “tanto comunque non vince… “ o si manifestasse una combinazione di questi due fattori, allora il risultato finale sarebbe quello di un rimescolamento pericoloso non solo per la Francia ma per la stessa sopravvivenza dell’Unità Europea.

Tra gli operatori americani vige il detto “sell in may and go away” e dunque, tra la soddisfazione dei rialzi da inizio anno (vedi grafico successivo) e le perplessità suaccennate, non è che lo stop di fine aprile sia da considerare come una pausa di riflessione nell’attesa di prese di posizione più definite? E qui intendiamo ovviamente come una scelta fra il mantenimento di posizioni mediamente aggressive o l’abbandono delle stesse in attesa di prezzi più interessanti. Staremo a vedere.

LA SETTIMANA DELL’ OBBLIGAZIONARIO …

Che il clima politico in Francia sia effettivamente più disteso delle settimane precedenti lo possiamo vedere anche attraverso i rendimenti dei titoli governativi. Rispetto alla settimana precedente il rendimento del decennale d’oltralpe flette di 11 centesimi e si riavvicina ai minimi annuali (0,68%). Questo resta altresì un fatto isolato all’interno del nostro paniere che registra un aumento generalizzato dei rendimenti e un accenno di fuga dal bund tedesco con conseguente discesa dello spread, rientrato in settimana sotto i 200 bp (196,40 in chiusura di settimana).


… E QUELLA DEL MERCATO VALUTARIO

L’esito del voto francese e le affermazioni di Draghi si sono riverberate anche sui rapporti di cambio con l’Euro in apprezzamento sulle principali valute mondiali, ossia dollaro, sterlina, yen e yuan.

L’effetto più evidente si è registrato nei confronti della valuta nipponica che flette di 5 figure riportandosi su valori più prossimi a quelli di inizio anno. Va sottolineato infine che il rapporto di cambio fra euro e dollaro Usa da inizio anno vede un apprezzamento della moneta unica di ben 3,63 punti percentuali a conferma delle perplessità degli operatori sull’attuale crescita statunitense e sugli effettivi benefici della manovra fiscale appena annunciata su cui permangono i dubbi che abbiamo espresso in precedenza.


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