domenica 20 giugno 2010

EURO E DEBITO PUBBLICO - STA ACCADENDO QUALCOSA DI NUOVO

Nell’autunno 2008 il mondo intero è stato bruscamente scosso dalla più profonda crisi finanziaria mai avvenuta; l’intero sistema bancario occidentale ha rischiato il tracollo e, se ciò fosse accaduto, l’intero sistema economico sarebbe saltato ed avremmo assistito ad una catastrofe di dimensioni inimmaginabili.

Tutto ciò è stato evitato grazie alla realizzazione di manovre di politica economica attuate dai governi occidentali che sono intervenuti a sostegno delle banche con enormi iniezioni di liquidità.

Ciò ha costituito un’evidente distorsione del sistema e delle regole che lo governano ma ha fortunatamente funzionato però è facilmente intuibile comprendere che distorsioni ed anomalie provocano a loro volta altri problemi la cui soluzione maturerà solo in tempi molto lunghi.

Uno di questi, esploso in questi ultimi mesi, è il caso “Euro”.

La miccia è stata innescata dalla Grecia i cui bilanci, oltremodo fuori dai parametri degli accordi di Maastricht, hanno palesato gravissime irregolarità; in altre parole sono stati bellamente falsificati e la situazione finanziaria, gravissima, ha portato il paese sulla soglia della bancarotta.

Il rimedio al momento si è ancora una volta trovato; i paesi della comunità europea ed il Fondo Monetario hanno deciso di mettere a disposizione delle autorità centrali, a salvaguardia di ulteriori situazioni di difficoltà, una somma complessiva di 750 miliardi di Euro.

E’ una somma enorme, un vero e proprio “arsenale nucleare” (mi si passi la similitudine ma rende l’idea) ma contemporaneamente si è stabilito di avviare una serie di interventi straordinari per ricondurre i paesi membri entro i confini degli accordi originali il cui rispetto fa aumentare il valore della nostra moneta e viceversa nel caso contrario.

Questo è un atto dovuto in quanto tutti i paesi membri sono fuori dai parametri ed alcuni di questi sono particolarmente esposti; oltre alla Grecia ed all’Ungheria (di fatto già “moribondi”) sono particolarmente disastrate le condizioni di paesi come Portogallo, Spagna, Irlanda ed Italia.
Riportare gli sforamenti di bilancio (deficit, rapporto deficit/Pil, debito, tassi d’interesse) alle dimensioni concordate non sarà impresa facile.

Si dovranno fare per anni interventi di finanza straordinaria, ossia si dovranno recuperare risorse fiscali tagliando o riducendo sia i costi cosiddetti “inutili” ma anche alleggerendo i bilanci trasferendo tutta una serie di costi direttamente sulle spalle dei cittadini, cosa a cui non eravamo più abituati da decenni-

Ciò significa dover pagare di più per la sanità, per la scuola, per gli asili, i trasporti ecc. ma anche veder ridotte ulteriormente le pensioni future. In altre parole la “cuccagna” è finita.

Le risorse sono ormai al lumicino ed abbiamo a che fare con delle problematiche strutturali che non consentono margini: il trend demografico ci condanna ad un drammatico invecchiamento della popolazione (peraltro molto longeva), la crescita economica è modestissima, la disoccupazione è (e permarrà) elevata ma soprattutto la qualità del lavoro giovanile è infima e schiacciata sul lavoro cosiddetto interinale, a mio parere un vero e proprio dramma sociale.

A ciò si aggiunga il progressivo impoverimento della classe media (quella che alimenta i consumi e favorisce la crescita) da cui consegue non solo una palese incapacità di produrre nuovo risparmio ma soprattutto aumenterà la tendenza alla diminuzione dello stock di ricchezza privata accumulata dagli anni del boom economico fino all’inizio del nuovo secolo; in altre parole saremo tutti meno ricchi.

Collegata al successo delle politiche di bilancio ci sta la sicurezza per la valuta comune (l’EURO) ed ancor prima quella del rimborso del debito pubblico.

Dato che il debito pubblico è coperto mediante l’emissione di titoli di stato, l’attenzione degli operatori professionali è andata concentrandosi in questi ultimi mesi sull’eventuale possibilità di non essere in grado di far fronte al puntuale pagamento degli interessi in scadenza e/o di perdere credibilità per il rinnovo degli stessi titoli e ciò ha seriamente posto per la prima volta ed in toni molto realistici riguardo a tutti i paesi europei la questione seguente: “Quale grado di sicurezza hanno gli investimenti in questi asset” ?

La coperta è dunque corta; se da un lato ci dobbiamo augurare, per la salvaguardia dei nostri risparmi, che le politiche di austerity abbiano successo, dall’altro ci dobbiamo rendere consapevoli che privatamente ne pagheremo un prezzo elevato.


E’ arrivata l’ora di rendersi conto, una volta per tutte, che le sicurezze non fanno più parte del nostro mondo; siamo ormai passati dalla gestione dei rendimenti alla gestione del rischio.

Ciò renderà più complicato il nostro lavoro di professionisti del risparmio ma anche più maturi e consapevoli i risparmiatori europei, in particolare quelli Italiani.

Walter Cappello