martedì 18 aprile 2017

MERCATI FINANZIARI: OSSERVATORIO DEL 14/4/2017



MERCATI CONDIZIONATI DAGLI EVENTI POLITICI

La settimana che prelude alla Pasqua si è caratterizzata per l’assenza di spunti economici mentre sono saliti alla ribalta gl eventi politici, unico vero driver del momento.

Le esuberanze di Kim-Jong-Un sono proseguite nel corso della passata settimana nel corso della quale, in Corea del Nord, c’è stata la parata del “Giorno del Sole” - con il consueto sfoggio di
allineatissime truppe che, muovendosi al passo dell’oca, avranno fatto rivoltare nella tomba il compianto George Orwell e fatto scorrere qualche brivido ai telespettatori occidentali – e l’altrettanta consuetudine di sfoggiare parte del loro arsenale missilistico, salvo poi incappare in un “lancio flop” che ha irritato e allarmato i loro confinanti sudcoreani.

Trump non si è lasciata sfuggire l’occasione di sfoggiare i bicipiti lanciando la superbomba “Moab” contro postazioni dello stato islamico afghano in una località a cavallo fra l’Afghanistan ed il Pakistan negando, con poco successo, che oltre che alle armate nere il pensiero non fosse rivolto anche alla Corea del Nord.

Queste le operazioni militari principali mentre stazionano nel Mediterraneo le portaerei americane e navi da guerra russe sono in navigazione verso le medesime acque e a oriente prosegue la navigazione di altri potenti scafi da guerra americani.

La politica vera e propria si sta dando da fare attraverso incontri e colloqui bilaterali affinché le tensioni si stemperino ma le schede infilate e da infilare nelle urne in Turchia e in Francia stanno facendo crescere moti di angoscia in tutta Europa. Erdogan, a quanto pare, ha avuto la meglio dando un’impronta ancora più dittatoriale alla Turchia ma l’opposizione ha lanciato un monito assordante sfiorando la parità (sempre che non ci siano stati brogli e i risultati parziali siano poi confermati). La prova elettorale in Turchia lascia uno strascico ben pesante, con un paese spaccato a metà fra desiderio di assolutismo e democrazia ma anche fra religiosità e laicismo, e ciò sta a significare che le tensioni interne sono destinate a perdurare se non addirittura a lievitare.

La Francia è ormai alla vigilia delle elezioni e l’ombra di Marine Le Pen non solo incombe sul paese della rivoluzione di luglio ma quest’ombra fuoriesce dai confini francesi minacciando la stabilità dell’Europa comunitaria nella quale le spinte centrifughe sono ormai  spuntate come funghi in autunno.


L’IMPATTO DI QUESTA SITUAZIONE SUI MERCATI



In assenza di notizie particolarmente positive e con la preoccupazione che, oltre alle predette delicate situazioni che incombono sullo scacchiere politico mondiale, le promesse pre-elettorali di Trump non trovino applicazione a breve i mercati si sono presi una bella settimana di riflessione, se non addirittura di pausa.

E’ piuttosto evidente l’effetto di questa situazione: nessuno dei quindici indici del nostro osservatorio chiude la settimana con il segno positivo. Sono marginalmente negative le piazze di Hong Kong, Zurigo e Londra, che costituiscono l’eccezione, mentre tutti i rimanenti indici chiudono con segni negativi più marcati, a iniziare da India, Germania e l’indice Msci mondiale - appena sotto il punto percentuale. Le massime negatività hanno caratterizzato le borse di Milano, San Paolo e Mosca, rispettivamente a -2,59%,   -2,74% e -3,62%; negativi, con percentuali tra il -1% e il -2% i rimanenti sei indici del paniere.


Da inizio anno il quadro fotografato la settimana scorsa è rimasto pressoché analogo, con Hong Kong e Mumbay sopra tutti con forti di rialzi a due cifre; a seguire il Nasdaq a +7,84%, tutti i rimanenti mercati con performance positive racchiuse fra il 2,59% di Londra e il 5,74% di Francoforte. Restano negativi i mercati di Tokyo e Mosca, il primo a -4,07% e il secondo a -6,87%.


CI GUADAGNANO I MERCATI OBBLIGAZIONARI

E’ proseguita anche la scorsa settimana la tendenza al flight to quality in area euro con l’ennesima corsa al bund tedesco, il cui rendimento a fine settimana è risultato pari allo 0,19%, portandosi a ridosso dei minimi annuali (terza settimana di febbraio) e comunque sotto il livello di inizio anno, fatto che caratterizza anche i titoli decennali del Regno Unito e degli Usa. Relativamente a questi ultimi va sottolineato il fatto che si tratta anche dei rendimenti minimi annuali. Può essere che – almeno per gli Usa – le iniziative politico-militari di Trump siano state apprezzate anche da investitori internazionali?

Restano in posizione sostanzialmente neutra i titoli decennali francesi rispetto alle precedenti settimane ma la presa di distanza da inizio anno resta evidente. I rendimenti infatti sono passati dallo 0,68% di inizio gennaio agli attuali 0,92%, il che equivale a un incremento del 35%.

Più tesa la situazione del nostro btp, che fissa il rendimento a fine settimana al 2,31% (in rialzo da inizio anno del 27%), a cui fa seguito un significativo balzo in avanti dello spread sul bund tedesco (oltre 210 bp) a conferma del fatto che l’allargamento della forbice fra i titoli dei due paesi si giustifica in buona misura con un incremento di avversione al rischio ma è anche possibile che, fra qualche settimana, una sconfitta elettorale della Le Pen abbia, quale conseguenza, un riavvicinamento - anche repentino - dei rendimenti dei due titoli.

IL MERCATO VALUTARIO

Forte è rimasta la debolezza dell’euro sullo yen giapponese, ma partiamo però dall’analisi fra euro e yuan cinese, il cui valore di scambio con l’euro si era andato indebolendo nel primo mese dell’anno per poi recuperare fino alla sostanziale parità odierna.

Sulla sterlina inglese, dopo la forte caduta dello scorso anno – in conseguenza della Brexit - la sterlina e l’euro si sono sostanzialmente bloccate in uno strettissimo range tale da mantenere una sostanziale parità fra le due valute da inizio anno. Sulla falsariga del rapporto fra euro e sterlina si colloca l’andamento del cambio fra euro e dollaro statunitense; a inizio anno erano necessari 1,05 dollari per un euro e ora il rapporto è fissato in 1,06 dollari con una punta massima a 1,08 dollari per euro (era l’inizio di febbraio).

Vediamo infine la situazione nei confronti dello yen. Partiti da un rapporto di cambio a inizio 2017 di 122,87 yen per euro, è iniziato - sempre a inizio febbraio - un costante indebolimento dell’euro che ha condotto all’attuale rapporto di cambio di 115,77 yen per euro della settimana scorsa. In questo primo scorcio d’anno la perdita di valore dell’euro nei confronti della moneta nipponica è stata pari al 5,80%.

In buona sostanza l’aumento dei tassi della Fed non ha sortito grandi effetti sui mercati valutari, il che sta a significare che i mercati non credono che a breve interverranno nuove manovre, almeno sino ad ora; i dati della crescita economica statunitensi non riscaldano come nei mesi scorsi e va allargandosi la platea dei dubbiosi e prudenti rispetto a quella, dominante da novembre ad oggi, degli avidi speculatori (al rialzo).




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