MERCATI CONDIZIONATI DAGLI EVENTI POLITICI
La settimana che prelude alla Pasqua si è
caratterizzata per l’assenza di spunti economici mentre sono saliti alla
ribalta gl eventi politici, unico vero driver del momento.
Le esuberanze di Kim-Jong-Un sono proseguite nel
corso della passata settimana nel corso della quale, in Corea del Nord, c’è
stata la parata del “Giorno del Sole” - con il consueto sfoggio di
allineatissime truppe che, muovendosi al passo dell’oca, avranno fatto
rivoltare nella tomba il compianto George Orwell e fatto scorrere qualche
brivido ai telespettatori occidentali – e l’altrettanta consuetudine di
sfoggiare parte del loro arsenale missilistico, salvo poi incappare in un “lancio
flop” che ha irritato e allarmato i loro confinanti sudcoreani.
Trump non si è lasciata sfuggire l’occasione di
sfoggiare i bicipiti lanciando la superbomba “Moab” contro postazioni dello
stato islamico afghano in una località a cavallo fra l’Afghanistan ed il
Pakistan negando, con poco successo, che oltre che alle armate nere il pensiero
non fosse rivolto anche alla Corea del Nord.
Queste le operazioni militari principali mentre
stazionano nel Mediterraneo le portaerei americane e navi da guerra russe sono
in navigazione verso le medesime acque e a oriente prosegue la navigazione di
altri potenti scafi da guerra americani.
La politica vera e propria si sta dando da fare
attraverso incontri e colloqui bilaterali affinché le tensioni si stemperino ma
le schede infilate e da infilare nelle urne in Turchia e in Francia stanno
facendo crescere moti di angoscia in tutta Europa. Erdogan, a quanto pare, ha
avuto la meglio dando un’impronta ancora più dittatoriale alla Turchia ma
l’opposizione ha lanciato un monito assordante sfiorando la parità (sempre che
non ci siano stati brogli e i risultati parziali siano poi confermati). La
prova elettorale in Turchia lascia uno strascico ben pesante, con un paese
spaccato a metà fra desiderio di assolutismo e democrazia ma anche fra
religiosità e laicismo, e ciò sta a significare che le tensioni interne sono
destinate a perdurare se non addirittura a lievitare.
La Francia è ormai alla vigilia delle elezioni
e l’ombra di Marine Le Pen non solo incombe sul paese della rivoluzione di
luglio ma quest’ombra fuoriesce dai confini francesi minacciando la stabilità
dell’Europa comunitaria nella quale le spinte centrifughe sono ormai spuntate come funghi in autunno.
L’IMPATTO
DI QUESTA SITUAZIONE SUI MERCATI
In assenza di notizie particolarmente positive
e con la preoccupazione che, oltre alle predette delicate situazioni che
incombono sullo scacchiere politico mondiale, le promesse pre-elettorali di
Trump non trovino applicazione a breve i mercati si sono presi una bella
settimana di riflessione, se non addirittura di pausa.
E’ piuttosto evidente l’effetto di questa
situazione: nessuno dei quindici indici del nostro osservatorio chiude la
settimana con il segno positivo. Sono marginalmente negative le piazze di Hong
Kong, Zurigo e Londra, che costituiscono l’eccezione, mentre tutti i rimanenti
indici chiudono con segni negativi più marcati, a iniziare da India, Germania e
l’indice Msci mondiale - appena sotto il punto percentuale. Le massime
negatività hanno caratterizzato le borse di Milano, San Paolo e Mosca,
rispettivamente a -2,59%, -2,74% e
-3,62%; negativi, con percentuali tra il -1% e il -2% i rimanenti sei indici del
paniere.
Da inizio anno il quadro
fotografato la settimana scorsa è rimasto pressoché analogo, con Hong Kong e
Mumbay sopra tutti con forti di rialzi a due cifre; a seguire il Nasdaq a
+7,84%, tutti i rimanenti mercati con performance positive racchiuse fra il
2,59% di Londra e il 5,74% di Francoforte. Restano negativi i mercati di Tokyo
e Mosca, il primo a -4,07% e il secondo a -6,87%.
CI
GUADAGNANO I MERCATI OBBLIGAZIONARI
E’ proseguita anche la scorsa settimana la
tendenza al flight to quality in area euro con l’ennesima corsa al bund
tedesco, il cui rendimento a fine settimana è risultato pari allo 0,19%, portandosi
a ridosso dei minimi annuali (terza settimana di febbraio) e comunque sotto il
livello di inizio anno, fatto che caratterizza anche i titoli decennali del
Regno Unito e degli Usa. Relativamente a questi ultimi va sottolineato il fatto
che si tratta anche dei rendimenti minimi annuali. Può essere che – almeno per
gli Usa – le iniziative politico-militari di Trump siano state apprezzate anche
da investitori internazionali?
Restano in posizione sostanzialmente neutra i
titoli decennali francesi rispetto alle precedenti settimane ma la presa di
distanza da inizio anno resta evidente. I rendimenti infatti sono passati dallo
0,68% di inizio gennaio agli attuali 0,92%, il che equivale a un incremento del
35%.
Più tesa la situazione del nostro btp, che
fissa il rendimento a fine settimana al 2,31% (in rialzo da inizio anno del
27%), a cui fa seguito un significativo balzo in avanti dello spread sul bund
tedesco (oltre 210 bp) a conferma del fatto che l’allargamento della forbice
fra i titoli dei due paesi si giustifica in buona misura con un incremento di
avversione al rischio ma è anche possibile che, fra qualche settimana, una
sconfitta elettorale della Le Pen abbia, quale conseguenza, un riavvicinamento
- anche repentino - dei rendimenti dei due titoli.
IL
MERCATO VALUTARIO
Forte è rimasta la debolezza dell’euro sullo
yen giapponese, ma partiamo però dall’analisi fra euro e yuan cinese, il cui
valore di scambio con l’euro si era andato indebolendo nel primo mese dell’anno
per poi recuperare fino alla sostanziale parità odierna.
Sulla sterlina inglese, dopo la forte caduta
dello scorso anno – in conseguenza della Brexit - la sterlina e l’euro si sono
sostanzialmente bloccate in uno strettissimo range tale da mantenere una
sostanziale parità fra le due valute da inizio anno. Sulla falsariga del rapporto
fra euro e sterlina si colloca l’andamento del cambio fra euro e dollaro statunitense;
a inizio anno erano necessari 1,05 dollari per un euro e ora il rapporto è
fissato in 1,06 dollari con una punta massima a 1,08 dollari per euro (era l’inizio
di febbraio).
Vediamo infine la situazione nei confronti
dello yen. Partiti da un rapporto di cambio a inizio 2017 di 122,87 yen per
euro, è iniziato - sempre a inizio febbraio - un costante indebolimento
dell’euro che ha condotto all’attuale rapporto di cambio di 115,77 yen per euro
della settimana scorsa. In questo primo scorcio d’anno la perdita di valore
dell’euro nei confronti della moneta nipponica è stata pari al 5,80%.
In buona sostanza l’aumento dei tassi della Fed
non ha sortito grandi effetti sui mercati valutari, il che sta a significare
che i mercati non credono che a breve interverranno nuove manovre, almeno sino
ad ora; i dati della crescita economica statunitensi non riscaldano come nei
mesi scorsi e va allargandosi la platea dei dubbiosi e prudenti rispetto a
quella, dominante da novembre ad oggi, degli avidi speculatori (al rialzo).
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