sabato 31 luglio 2010

SUI RISPARMI IL PESO DELLA CRISI

Lo scorso mese avevo affermato che, data la situazione finanziaria del paese ed il quadro economico generale internazionale, da parte del governo sarebbero state recuperate risorse con tagli e riduzioni delle cosiddette spese “inutili” e mediante il trasferimento di tutta una serie di costi direttamente sulle spalle dei cittadini, misura alla quale noi italiani non eravamo più abituati.

Sostenni, in altre parole, che avremmo dovuto pagare di più per sanità, scuola, asili, trasporti ecc. ma anche veder ridotte ulteriormente le pensioni future. La nostra condanna a tutto ciò, affermai, stava nell’invecchiamento della popolazione, nella modestissima crescita economica, nella disoccupazione elevata, nella qualità del lavoro giovanile infima e schiacciata sul cosiddetto interinale, nel progressivo impoverimento della classe media, nel processo di deindustrializzazione in corso.

Da ciò, quale conseguenza, una generalizzata incapacità di produrre nuovo risparmio e un aumento della tendenza all’erosione dello stock di ricchezza privata accumulata nei decenni passati.

Nei giorni scorsi sono arrivati sui media alcuni dati che confermano questa visione.

Ansa: Federalberghi: quasi un italiano su due quest'estate resterà a casa per le vacanze. Coloro che rimarranno a casa questa estate sarà il 46,3% della popolazione, in crescita rispetto al 43,8% dell'estate 2009. I motivi per i quali così tanti italiani non si muoveranno di casa, sono dovuti addirittura nel 54,9% dei casi a motivi economici, mentre la mancanza di soldi vera e propria è indicata dal 46,8% dei non viaggiatori. Un altro 18,7% dichiara motivi familiari, il 18,5% denuncia motivi di lavoro ed il 16% parla di motivi di salute.

Corriere.it:  Meno 2,6%. E' il calo del reddito delle famiglie italiane, registrato dall'Istat nel 2009 rispetto al 2008. L'istituto rileva inoltre una flessione del 2,5% del potere d'acquisto. Il calo del reddito - rileva ancora l'Istat - ha comportato anche un "forte contenimento" nei consumi sia in termini nominali (-1,9%) sia in termini di quantità (-1,8% dopo la riduzione di 0,8% dell'anno precedente). Le famiglie, inoltre, mettono via meno soldi: la loro capacità di risparmio - rileva l'istituto - si è assottigliata di ulteriori 0,7 punti percentuali all'11,1%, "il valore più basso dall'inizio degli anni Novanta".

IlSole24Ore:  Per Confcommercio, consumi in frenata.  Nel 2010, il Pil, il prodotto interno lordo, crescerà dello 0,7%, per effetto anche dei deboli consumi delle famiglie, che nel primo semestre di quest'anno sono scesi di due decimi, dallo 0,6% allo 0,4 per cento. A parlare è il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, nel corso della presentazione, a Roma, assieme al Censis, di una ricerca su consumi e fiducia degli italiani. L'onda lunga della crisi si è fatta sentire, sottolinea il rapporto. Significativo come il 68% delle famiglie manterrà stabili le spese nei prossimi sei mesi, con una aspettativa di miglioramento in costante calo (ai minimi da gennaio 2009).

Repubblica.it: Povertà. La crisi ha colpito i giovani. Nonostante la dura recessione economica la povertà in Italia non subisce un aumento nel corso del 2009. Ma ad essere colpiti sono i giovani, il Sud e le famiglie operaie. Per l'Istat l'esercito dei poveri è stabile a quasi 8 milioni di persone, pari al 13,1% dell'intera popolazione ma al sud si conferma una situazione allarmante. Vive in condizioni di povertà (la soglia di poverta è pari ai 983 euro mensili, 17 euro in meno rispetto al 2008) oltre una famiglia su 5, il 22,7% con un aumento del valore dell'intensità della povertà assoluta (dal 17,3% al 18,8%) dovuto al fatto che il numero di famiglie assolutamente povere è rimasto identico ma le loro condizioni medie sono peggiorate. Peggiorano, però, le condizioni delle famiglie assolutamente povere del sud e cresce la povertà assoluta (che misura i più poveri tra i poveri) di quelle operaie.

RaiNews24:  Famiglie con meno soldi, risparmiare è un'impresa. Il reddito delle famiglie italiane continua a scendere anche nel primo trimestre 2010: in valori correnti è diminuito del 2,6%, rispetto allo stesso periodo 2009. Nel primo trimestre dell'anno - sottolinea l'Istat - la propensione al risparmio delle famiglie (definita dal rapporto tra il risparmio lordo delle famiglie e il loro reddito disponibile) ha raggiunto il 13,4%, riducendosi di 0,6 punti percentuali rispetto al trimestre precedente e di 1,6 punti percentuali rispetto al corrispondente periodo del 2009: si tratta del valore più basso dal 1999, ovvero da quando esistono le serie storiche trimestrali. Torna a crescere invece rispetto al trimestre precedente la spesa delle famiglie per consumi finali in misura dello 0,5%, che si è ridotta dello 0,7% rispetto al primo trimestre del 2009.

Se dunque d’ora in avanti dovremo farci carico di maggiori esborsi per la conservazione dei nostri abituali stili di vita è cosa ovvia che dovremo prima o poi iniziare a supportare le spese correnti attraverso i nostri sudati risparmi.

I nostri patrimoni si ridurranno in futuro a causa della maggiore incidenza di spese individuali (trasferimento di costi dalla collettività al privato da parte dei governi, centrali o locali che siano) e a causa della minore capacità di produrre redditi da lavoro e, di conseguenza, nuovi risparmi

Dunque i nostri patrimoni vanno maggiormente tutelati. La loro conservazione e crescita necessitano di maggiore accortezza e razionalità di gestione rispetto a un passato, non troppo lontano, quando l’unica preoccupazione erano i rendimenti e concetti come sicurezza e default erano termini che neppure sfioravano le nostre menti.

Le dinamiche demografiche ci avrebbero prima o poi condannati a tutto ciò ma dopo Lehman Brothers i tempi e le dinamiche si sono purtroppo accelerati. Benvenuti (si può ancora dire??) nel  nuovo millennio …

Walter Cappello

sabato 17 luglio 2010

L’INCOERENTE ALLOCAZIONE DEL RISPARMIO NEL REDDITO FISSO. UN’ANOMALIA TUTTA ITALIANA

A fine giugno Lamberto Cardia, presidente uscente della Consob, ha presieduto l’incontro annuale con la comunità finanziaria italiana mediante una relazione dai contorni severi e per certi versi  inquietanti.

Ha minuziosamente elencato le cose fatte sotto la sua direzione e quelle da fare (che lascia in eredità al suo successore) focalizzando l’attenzione su aspetti e riflessioni di grande importanza.

La mia attenzione si è concentrata su un particolare punto che riveste un peso fondamentale per la comunità dei risparmiatori italiani: l’incoerente allocazione del risparmio nel comparto obbligazionario.

Dice Cardia:

“….. Queste attività di vigilanza si sono svolte in un contesto di mercato caratterizzato dalla nota crisi di liquidità, cui il sistema bancario ha risposto incrementando l’emissione di obbligazioni collocate presso gli investitori retail, il cui controvalore è più che raddoppiato negli ultimi due anni e ha rappresentato circa l’80% del totale dei collocamenti obbligazionari delle banche.
            Di conseguenza è ulteriormente aumentato il peso delle obbligazioni bancarie sulla ricchezza finanziaria delle famiglie, che negli ultimi quindici anni è cresciuto progressivamente passando dal 2% del 1995, al 7% del 2000, al 10,4% del 2009. Si tratta di un peso di gran lunga superiore a quello degli altri principali paesi europei.
E’ un fenomeno su cui la Consob pone particolare attenzione, considerato che nei portafogli degli investitori retail si rileva la presenza di obbligazioni in prevalenza illiquide e talvolta più rischiose dei titoli di stato senza che tali rischi siano adeguatamente riflessi nel rendimento offerto. ….”

Il Sole-24Ore (articolo a firma di Morya Longo pubblicato il 29 giugno scorso) si sofferma, certamente non per caso, su questo stesso punto integrando le parole di Cardia con cifre e sottolineature che confermano la gravità di questa anomalia; nell’articolo si afferma che:

Ø  i risparmiatori acquistano queste obbligazioni come se fossero l’affare del secolo;
Ø  le banche made in Italy attraverso questi titoli riescono a finanziarsi a tassi molto bassi presso le famiglie;
Ø  i piccoli risparmiatori aumentano le quantità acquistate mentre gli investitori istituzionali (leggasi operatori professionali) comprano quantità decrescenti di questi titoli;
Ø  le famiglie italiane hanno in carico ben 180 miliardi di Euro di questi titoli, più del doppio degli altri paesi europei ad eccezione della Germania;
Ø  la raccolta di denaro in Italia da parte delle banche avviene ormai per il 40% mediante queste obbligazioni;
Ø  all’interno di questo comparto troviamo di tutto (titoli poco liquidi e titoli illiquidi ed un buon numero di titoli strutturati ossia quelli meno trasparenti, più rischiosi e di più difficile valutazione).

Eppure - sostiene l’articolista - e ne siamo tutti perfettamente convinti, le famiglie italiane non sembrano amanti del rischio, tanto che il 44% della ricchezza finanziaria è investita in depositi e risparmio postale e per il 15% è rappresentata da titoli di stato (ma nel solo 2009 è avvenuto un calo del 3% !!! ).

Tutto ciò non è forse un’enorme ed evidente contraddizione in termini ? Può essere che sia soprattutto un problema di scarsa conoscenza e di disinformazione ?

Io ne sono assolutamente convinto e mi auguro, prima di dover magari rivivere le angosce del biennio 2007-2008 (ricordiamoci che l’ ipotesi del double dip mantiene a mio parere tutta la sua validità), che le famiglie italiane, consapevoli di ciò, inizino a rendersi conto del pericolo che corrono e vi pongano rimedio.

Ci sono strutture e professionisti in grado di eseguire con cura un check-up del portafoglio investito e suggerire le opportune modifiche al fine di renderlo adeguato alle specifiche esigenze di ciascuno.

Il mondo è letteralmente sommerso di carta di debito  ed offre enormi opportunità di scelta; perché dunque rinunciare alla qualità ed alla sicurezza dei nostri capitali per pura pigrizia mentale?

Walter Cappello