Passerò in
rassegna una serie di criticità, ostacoli che possono però anche tradursi, se
ben sfruttati, in opportunità e leve psicologiche. Talvolta, purtroppo, si
tratta di motivi e ostacoli che possono sommarsi e intrecciarsi
gli uni con gli
altri creando un cemento difficile da spezzare. Conoscendoli sarà più facile analizzarli e quindi, raggiungere l’obiettivo
del passaggio generazionale.
Primo principio: il
decentramento
I dati mostrano che, in Italia, a
differenza dei paesi che hanno fatto la rivoluzione industriale due o tre
generazioni prima di noi, la grande maggioranza dei patrimoni sono il frutto di
risparmi che sono stati cumulati, sottratti cioè ai consumi, nell’ultimo mezzo
secolo, almeno in massima parte. In parole povere il patrimonio da trasmettere
è per lo più il frutto delle attività di lavoro del cliente stesso, quello che
ha interagito con quel consulente. Per questo motivo il patrimonio è una
testimonianza di vita, punto a sfavore del passaggio generazionale, ma è anche
stato gestito da un consulente per molto tempo. Questa condizione di “fiducia”
è probabilmente uno dei punti che favoriscono molto chi ha avuto un consulente
rispetto a chi non lo ha avuto. Questo capitale di fiducia è una buona leva per
indurre il cliente a "prendere in considerazione" il passaggio
generazionale.
Una strategia da adottare per il
passaggio generazionale consiste nel rendere autonomo il patrimonio, nello
staccarlo gradatamente da colui che lo ha generato, facendolo vivere di vita
propria. Se il patrimonio resta al centro della sua vita, al cuore dei cerchi
concentrici che contengono le cose più care, allora questa operazione di
distacco è dolorosa.
Se invece il patrimonio appartiene
psicologicamente non all’IO, ma al NOI, al proprietario e alle future
generazioni, allora potremo avere un decentramento che sarà una delle premesse
per il passaggio generazionale.
Strategia di decentramento: i cerchi
concentrici rappresentano ciò a cui il cliente tiene di più. Il passaggio
generazionale sarà un ampliamento dall’IO al NOI. Non una rinuncia, ma
un’estensione. Non un fermarsi al presente, ma un proiettarsi nel futuro.
Un’occasione anche per rimettere in discussione le scelte del passato, per
vincere le inerzie.
I dati dell’Economist concordano in sostanza con quelli di Nomisma. Un
punto da affrontare in occasione del passaggio generazionale: la
ristrutturazione del portafoglio, liberarsi da immobili che non ci servono se
non come servizio. Gli immobili come forma di investimento sono stati invece un
disservizio per il nostro patrimonio complessivo e il 2007 è stato un “punto di
non ritorno”. Fonte: Economist modificata.
La più grande inerzia degli
italiani, nel complesso, è quella connessa all’aver destinato, in media, più
della metà del patrimonio a investimenti immobiliari.
La seconda consiste nel non aver
superato i vincoli dell’assicurazione comportamentale bloccando un quinto del
patrimonio in forme liquide o semi-liquide per il "non si sa mai". Tornerò
su questi due punti.
Secondo principio: la
diversificazione affettiva
Se perdiamo parte del controllo di
qualcosa, se qualcosa non è più nostro, ma diventa gradatamente di una persona
che ci è cara, noi perdiamo il possesso materiale ma, ampliando la cerchia del
possesso, distribuendola, aumentiamo il controllo emotivo, espandiamo il nostro
io, una cosa che era nostra diventa di altri, esce nel mondo. Si tratta di una
sorta di diversificazione affettiva.
Come, in pratica, attuare la
diversificazione affettiva? Quali spunti utilizzare?
Una prima avvertenza cruciale: il
passaggio generazionale non ha nulla a che fare con un bilancio della vita
concomitante a un passaggio generazionale dei beni. La tendenza a vedere le
cose in questo modo va assolutamente preclusa, prevenuta, spezzata. Non una
sorta di bilancio dei beni che corrisponde a un bilancio degli affetti,
entrambi alla fine di un ciclo che sembra concludersi definitivamente, un
"punto di non ritorno".
Come, ad esempio, nel celebre
passaggio che segna la fine della vita del Principe nel romanzo Il Gattopardo
di Tomasi di Lampedusa:
Nell'ombra che saliva si provò a contare per quanto
tempo avesse in realtà vissuto. Il suo cervello non dipanava più il semplice
calcolo: tre mesi, venti giorni, un totale di sei mesi, sei per otto
ottantaquattro … quarantottomila … √840.000 … (Giuseppe
Tomasi di Lampedusa, Feltrinelli, 1958, p. 296)
Va invece riportato in un quadro
“normale”, non eccezionale, di manutenzione fiscale, di ottimizzazione del
portafoglio.
Ecco gli spunti pratici, le leve psicologiche per introdurre tale operazione dal punto di vista dei legami affettivi:
Ricordare che le scelte sono da effettuarsi tenendo presente la distinzione tra:
Ecco gli spunti pratici, le leve psicologiche per introdurre tale operazione dal punto di vista dei legami affettivi:
Ricordare che le scelte sono da effettuarsi tenendo presente la distinzione tra:
- le cose che crediamo sapere,
- quelle che sappiamo di non sapere,
- quelle che non sappiamo di non sapere.
Il punto 3 è cruciale per il
passaggio generazionale: prepararsi per tempo, rendersi non vulnerabili alle
cose che sappiamo di non sapere.
Più possibilità - Per quanto
concerne le decisioni relative alle cose che crediamo sapere vanno prese in
considerazione tutte le possibilità per trovare il cammino più soddisfacente:
ampliare le conoscenze fiscali e legali per prendere in considerazione i
vantaggi del passaggio generazionale.
Assicurarsi - Per quanto
concerne le scelte connesse a eventi futuri, quelli che sappiamo di non sapere,
possiamo cercare di assicurarci se questi scenari sono noti e ci è data la
possibilità di assicurarci contro eventuali eventi negativi. Uno dei fattori
facilitanti il passaggio generazionale consiste nel considerarlo come una sorta
di assicurazione sul futuro.
La differenziazione - Per quanto
concerne tutto il vasto campo delle cose che non sappiamo di non sapere,
l’unica via di salvezza è la differenziazione. Non puntiamo le nostre energie e
risorse su quello che crediamo essere, in quel momento contingente, il cavallo
vincente. Uno dei vantaggi del passaggio generazionale consiste nel
considerarlo come una sorta di differenziazione dei “futuri”.
Distribuire le speranze - Tenendo aperte più porte possibili, distribuiremo le nostre speranze e
le nostre delusioni su tutte queste eventualità, anche se oggi sono in parte
sconosciute. Uno dei vantaggi del passaggio generazionale consiste nel
considerarlo come una sorta di differenziazione delle "speranze" in
diversi "futuri".
In funzione del profilo e della
situazione del cliente, si può adottare un mix di tali approcci e di tali
argomentazioni, calibrandone il peso e i tempi.
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