Il
passaggio generazionale dei propri averi è comprensibilmente un nodo che si può
caricare di molti significati. Significati che cambiano quando stacchiamo da
noi, dai nostri “spazi di vita”, il progressivo cumulo nel tempo di quei beni
che ora possono essersi considerati come uno stock che si è formato nel corso
della vita del proprietario dei risparmi.
E
tuttavia si tratta di uno stock che ora
dobbiamo prendere in considerazione nel
suo complesso – indipendentemente dai modi e dai tempi della formazione, se
vogliamo trasmetterlo. Spesso lo abbiamo costruito, magari inconsapevolmente,
cercando di sfuggire a un più generale senso di perdita dovuto al passare del
tempo. Ecco uno dei motivi che spiega perché si sono andati a
formare/costruire, magari non volontariamente, portafogli formati da
entità che non hanno prezzi immediatamente visibili, o che, comunque, non
subiscono perdite facilmente percepibili grazie agli effetti dell’illusione
monetaria.
Ed ecco anche un motivo
della profonda scissione tra la crescita economica mondiale e la composizione
media dei patrimoni italici, che è molto locale. Molto locale è stata
generalmente la vita di chi ha cumulato nel tempo quel portafoglio, molto
locali le sue conoscenze e i suoi interessi, molto locale quindi il suo
patrimonio. Esso così non sì è giovato affatto del "partecipare" a
dove c'è stata la crescita a livello globale e così, invece di salire,
nell’ultimo decennio è “mediamente” (nel complesso e in Italia) calato a prezzi
reali. E probabilmente calerà ancora, se non si approfitta del passaggio
generazionale per una "ristrutturazione".
La figura mostra il contributo alla crescita a livello
globale dal 1997 a oggi e come la crisi abbia avuto effetti correlati, ma
coerenti con l’andamento complessivo (la Cina, per esempio cresce meno, ma
cresce anche durante la crisi). Fonte: Economist modificata.
Questa simmetria tra "cultura" del proprietario e formazione del portafoglio e sua composizione è il punto cruciale su cui intervenire nel momento del passaggio generazionale. In questa identificazione con i propri beni, e nel timore delle perdite, di qualsiasi tipo di perdita, si cela il motivo profondo della composizione complessiva dei risparmi degli italiani, un portafoglio così intrecciato con la vita di una generazione oppure, più raramente, di due generazioni. Non di più, nella maggior parte dei casi, almeno in Italia.
Un patrimonio che è mediamente
molto lontano dall’intreccio mondiale, per esempio nelle conseguenze
dell’import e dell’export nei vari paesi: chi produce per i paesi importatori
ha un clima che subisce gli effetti dell’inquinamento per produrre i beni che
poi esporta.
Effetti intrecciati dell’import-export
sull’inquinamento. Fonte: Economist modificata.
Ovviamente, se consideriamo i patrimoni degli italiani dal punto di vista del proprietario, e non del portafoglio, non è la perdita oggettiva che conta, le occasioni mancate, ma la consapevolezza della perdita. Sappiamo che, in media, c’è un 20% liquido o semi-liquido tenuto da parte per il “non si sa mai”, una sorta di protezione fatta in casa. Ora che l’inflazione e i tassi sono bassi questa scelta rende palese tutta la sua sub-ottimalità, la sua illusoria contingenza.
Sappiamo inoltre -
esaminando le serie di Banca d’Italia - che questa situazione è molto
vischiosa, difficile da cambiare per un complesso di motivi che abbiamo più
volte esaminato.
Ebbene, il passaggio generazionale
è un momento adatto, l’occasione buona, un’occasione di palingenesi, una sorta
di rito di passaggio che permette di intervenire in vari modi, cercando di
avvicinarsi gradatamente a un portafoglio meno €-centrico e meno
italo-centrico, nel quale è strutturale una sovrabbondanza di investimenti
parcheggiata in strumenti liquidi o semi-liquidi, per una malintesa
esigenza di protezione, sana alla sua radice, ma purtroppo male realizzata. Per
fortuna degli italiani, ma non per la "fortuna" dei loro patrimoni,
il passaggio generazionale avviene tardi perché lunga è la vita media degli
italiani, date le loro – per fortuna – ottime condizioni di salute.
I paesi più "sani": l’Italia
primeggia. Il passaggio generazionale avviene mediamente molto tardi. Fonte:
Bloomberg modificata.
E tuttavia, malgrado la "durata" del corpo, la "durata delle
capacità decisionali" viene indebolita dall’invecchiamento che tende non
solo a perpetuare le situazioni, ma anche a non creare le condizioni per la
necessaria lucidità per indurci ad affrontare il problema che viene
“rimandato”. Quindi durata della vita del proprietario e durata del patrimonio
vanno scisse. Qui va usato molto tatto, ma è bene che il consulente affronti il
problema.
Ecco, il momento del passaggio generazionale è il contesto, lo scenario adatto per riequilibrare, per argomentare un bilanciamento, sfruttando l’allungarsi della prospettiva temporale del portafoglio che passa a una nuova generazione. Può essere effettuato come un passaggio graduale, una sorta di PAC.
Come fare allora, se tale passaggio è così difficile, su quali leve psicologiche agire?
Come mai
tale passaggio non avviene nei tempi e nella misura in cui dovremmo e potremmo
aspettarci?
Partiremo,
nella prossima lezione, dall’analisi del perché è così difficile creare una
situazione in cui divenga plausibile, se non auspicata e spontaneamente
richiesta, questa forma di riequilibrio connessa al passaggio
generazionale.
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