Il
passaggio generazionale dei propri averi è comprensibilmente un nodo che si può
caricare di molti significati. Significati che cambiano quando stacchiamo da
noi, dalla nostra vita, il progressivo cumulo nel tempo di quei beni che ora
possono essersi considerati come uno stock che si è formato nel tempo.
Uno stock che ora dobbiamo
prendere in considerazione nel suo complesso,
nella sua interezza se vogliamo
trasmetterlo. Spesso lo abbiamo costruito, magari inconsapevolmente, cercando
di sfuggire a un più generale senso di perdita dovuto al passare del tempo.
Ecco uno dei motivi che spiega perché si cercano di costruire portafogli formati
da entità che non hanno prezzi immediatamente visibili, o che, comunque, non
subiscono perdite percepibili nella loro corretta entità grazie all’illusione
monetaria. In questa identificazione con i propri beni, e nel timore delle
perdite, di qualsiasi tipo di perdite, si cela il motivo profondo della genesi
e della composizione del portafoglio complessivo degli italiani, un portafoglio
così intrecciato con la vita di una o, raramente, due generazioni. Non di più,
nella maggior parte dei casi, almeno in Italia.
Ovviamente, dal punto di
vista del proprietario, e non del portafoglio, non è la perdita che conta, ma
la consapevolezza della perdita. Sappiamo che, in media, c'è un 20% liquido o
semi-liquido tenuto da parte per il "non si sa mai", una sorta di
protezione fatta in casa. Ora che l’inflazione e i tassi sono bassi, anche se
si stanno lentamente rialzando, questa scelta rende palese tutta la sua
sub-ottimalità, la sua illusoria contingenza.
Sappiamo inoltre –
esaminando le serie dei dati di Banca d’Italia - che questa situazione è
molto vischiosa. Perdura ed è difficile da cambiare per una serie di motivi che
abbiamo più volte esaminato. Ebbene, il passaggio generazionale è un momento
adatto, l'occasione buona, un’occasione di palingenesi, una sorta di rito di
passaggio che permette di intervenire in vari modi, cercando di avvicinarsi
gradatamente a un portafoglio meno €-centrico e meno italo-centrico, con una
sovrabbondanza di investimenti parcheggiata in strumenti liquidi o
semi-liquidi, per una malintesa esigenza di protezione, sana alla sua radice,
ma purtroppo male realizzata.
Ecco, il momento del
passaggio generazionale è l’occasione per riequilibrare, per argomentare un
bilanciamento, sfruttando l’allungarsi della prospettiva temporale del portafoglio
che passa a una nuova generazione. Può essere un passaggio graduale, una sorta
di PAC.
Come fare allora, se tale
passaggio è così difficile, su quali leve psicologiche agire?
Come mai tale passaggio non
avviene nei tempi e nella misura in cui dovremmo e potremmo aspettarci?
Partiamo dall'analisi del perché è così difficile creare una situazione in cui
divenga plausibile, se non auspicata e spontaneamente richiesta, questa forma
di riequilibrio connessa al passaggio generazionale.
Passerò in rassegna, nella
prossima lezione, una serie di ragioni che non si escludono a vicenda. Al
contrario, si tratta di motivi e ostacoli che possono sommarsi e intrecciarsi
gli uni con gli altri creando un cemento difficile da spezzare. Conoscendoli
sarà più facile capire e quindi raggiungere l'obiettivo del passaggio
generazionale.
Una leva di valore
complessivo, cioè valida per tutti, è ovvia. Essa vale per tutti i paesi
industriali, persino gli USA che sono sempre stati gli alfieri del fatto che
per ogni generazione "domani è un altro giorno", che cioè bisogna
sapersela cavare da soli.
Debito federale statunitense come percentuale del
prodotto interno lordo. La proiezione mostra il forte incremento recente e la
previsione di aumento futura pur in assenza di guerre. Fonte: Bloomberg
modificata.
Ebbene, tralasciando l'Italia di cui tutti conoscono la penosa situazione, si può notare che anche negli USA questa generazione passerà alla prossima, nel complesso, un grande debito difficile da riassorbire con questi ritmi di crescita. E non si pensi che gli stipendi delle persone meno giovani siano aumentati da quando il debito è esploso. Confrontiamo le due figure.
La figura mostra
l’incremento scarso degli stipendi dei lavoratori statunitensi dalla fine degli
anni Settanta. Fonte: Bloomberg modificata.
Lo stipendio
medio dei lavoratori statunitensi dai 55 ai 64 anni non è molto salito negli
ultimi trent’anni. Ci sono zone de-industrializzate dove, anzi, è leggermente
sceso. In Italia la situazione è analoga. Questo è uno sprone a porsi per tempo
il problema del passaggio generazionale. Non possiamo contare né sullo Stato,
sempre più indebitato e quindi a corto di pensioni e servizi, e neppure su una
crescita vertiginosa degli stipendi. E’ tempo di smettere con il “fai da te” e
rivolgersi a un consulente sia per la nostra protezione, cioè per quella del
nostro capitale umano e la conseguente capacità di generare reddito, sia per
occuparci della nostra famiglia e pianificare per tempo il passaggio
generazionale.
Nelle prossime lezioni prenderemo in
considerazione dieci principi che possono aiutare i consulenti a riflettere
sulle problematiche del passaggio generazionale e a trovare le leve per
spingere opportunamente i clienti a prendere in considerazione la questione.
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