sabato 31 dicembre 2016

MERCATI AZIONARI MONDIALI: OSSERVATORIO DEL 30/12/2016



UN ANNO DAL DOPPIO VOLTO

Come quasi sempre accade, l’ultima settimana dell’anno presenta pochi spunti interessanti, bassi volumi e operatori con il pensiero rivolto più alla poltrona del salotto di casa che allo schermo delle quotazioni. Quest’anno
non ci sono stati particolari strappi alla regola, con quotazioni sostanzialmente appiattite sulle chiusure della settimana precedente, fatta eccezione per le piazze dei BRIC e la limatura degli indici USA sul filo di lana.


Un anno molto particolare, il 2006, iniziato con un’elevata volatilità e con tutti i mercati risucchiati verso il basso, un movimento che ha allarmato non poco tutti gli operatori del pianeta; tale movimento, rapido e continuo, si è arrestato solamente a metà febbraio con le quotazioni fissate come evidenziato dalla figura seguente:


C’era ben donde di essere preoccupati, con la non remota possibilità di vedere la Gran Bretagna issare le ancore dal porto comunitario per isolarsi all’ombra della “union jack”, con una tornata elettorale statunitense all’epoca piuttosto incomprensibile e le ombre che già aleggiavano sul referendum italiano. Tutti temi, questi, che destavano non poca preoccupazione ma su cui si sono schiantate le previsioni di tutti gli esperti (da allora pseudo tali) che non ne hanno azzeccata una.

Mano a mano che ci si auspicava un certo esito su queste scelte, ovviamente quello considerato più favorevole per la stabilità, arrivava la puntuale smentita alla quale faceva seguito, fra lo stupore generale, l’accondiscendenza dei mercati tanto che a fine anno l’orribile situazione di metà febbraio è andata notevolmente migliorando tanto da consegnarci - a  consuntivo - solamente tre mercati in area negativa (Italia, Cina e Svizzera), due mercati decisamente in gran spolvero (Brasile e Russia) e la maggior parte degli altri caratterizzati da performance apprezzabili; fanno eccezione Hong Kong, Giappone e India che hanno chiuso l’anno in positivo ma con percentuali positive ma modeste.

Chi l’avrebbe mai detto?


Tanto per capire come (e quanto) le previsioni abbiano fuorviato le attese degli investitori ho voluto focalizzare l’attenzione sulle elezioni americane. Da quando Donald Trump ha preso il volo all’interno dello schieramento repubblicano la stampa politica ed economica mondiale non ha fatto altro che auspicare la vittoria della sua avversaria, Hillary Clinton, la cui affermazione avrebbe potuto tranquillizzare i mercati preoccupati per un’eventuale trionfo del tycoon newyorkese, ritenuto impreparato ma soprattutto imprevedibile, caratteristica poco apprezzata da chi investe nei mercati finanziari.

La reazione dei mercati? La possiamo verificare osservando il grafico seguente:


Come si può cambiare opinione nel volgere di poche ore e cambiare totalmente rotta! Dall’elezione di Trump quasi tutti i mercati hanno preso il volo; non solo, ma quelli rimasti al palo Cina, Hong Kong e India hanno indubbiamente subito le prese di posizione del prossimo presidente Usa che intende (a parole al  momento) riportare in patria molte attività produttive attualmente insediate proprio in quei paesi e, all’incontrario, il paese verso il quale Trump ha sempre manifestato una certa “benevolenza” – la Russia di “Zar Putin” – è risultata  la piazza più performante. I mercati evidentemente da allora hanno considerato solamente la parte piena del bicchiere e ne hanno assaporato aroma e gusto.




E ORA COSA CI ATTENDE?

Sono ormai trascorsi otto anni dall’inizio della crisi, una crisi affrontata con vigore ma non ancora superata. Lo spettro di una recessione dalle dimensioni gigantesche e il timore di dover assistere al crollo dell’intero sistema finanziario mondiale hanno indotto in questi anni le principali banche centrali a supportare la finanza mondiale con immense iniezioni di liquidità che hanno distorto il sistema di libero mercato.

A poco a poco si sono sterilizzate le tradizionali turbolenze, la crescita dei mercati è diventata piuttosto lineare, senza sbalzi, mentre l’economia reale andava crescendo con percentuali minimali, le aziende hanno avviato ovunque piani di ristrutturazione avendo come primario obiettivo il ridimensionamento del fattore lavoro il cui costo è andato generalmente abbassandosi. Sulle classi lavoratrici si sono abbattute disoccupazione, sottoccupazione, inasprimento della pressione fiscale e sono andati riducendosi i consumi che a loro volta producono crisi da sovrapproduzione. Una spirale perversa a cui si accompagna un forte, ulteriore, indebitamento pubblico.

Ciò non può durare all’infinito e le prime timide manovre di riallineamento all’insù dei tassi di interesse sono destinate a ripercuotersi sulla struttura dei prezzi delle attività  finanziarie, sia obbligazionarie che azionarie. Sul mercato azionario va anche sottolineato che - grazie alla “droga finanziaria” (mi si passi questo termine) - l’attuale ciclo di espansione USA  dura ormai da 88 mesi, ampiamente sopra la media (61 mesi). Sino ad ora abbiamo assistito solo a tre precedenti più duraturi in tutta la storia dell’indice azionario statunitense.

Come abbiamo detto in precedenza, i mercati hanno sin qui visto solo la parte piena del bicchiere Trump ma anche di Brexit, dell’eccesso di debito pubblico, dell’ammontare dei derivati in circolazione, della qualità del credito, dell’eccessiva sperequazione della ricchezza, ecc. ma sappiamo per esperienza che sarà un motivo apparentemente insignificante o sottovalutato quello che improvvisamente farà notare che la parte rimanente del bicchiere è vuota, assolutamente ed inesorabilmente vuota.

In quest’ultimo mese il mercato si è aggrappato alla speranza che Donald Trump faccia il miracolo, ossia che faccia decollare il Pil degli Usa, crei posti di lavoro e incrementi i redditi, che tenga sotto controllo il debito e che riverberi un rinnovato benessere per tutto il pianeta. Auguriamocelo, male non fa certamente, ma restiamo con i piedi per terra. Problemi profondi non hanno soluzioni facili e prima o poi le distorsioni dovranno essere corrette.

Il 2016 doveva essere l’anno delle turbolenze e delle incertezze ma così non è stato. Auguriamoci stanotte tutta la prosperità che ci richiama la tradizione ma cominciamo anche a tenere dritte le antenne. E’ puro buonsenso e non guasta mai …


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