Scrivo
questa lezione pochi giorni dopo l’elezione di Trump a presidente degli USA.
Alcuni avvenimenti che si
sono svolti nelle ore precedenti l’elezione e nei giorni dopo che si sono
venuti a conoscere i risultati relativi alle votazioni americane sono una
lezione, concentrata nel tempo, delle stesse forze e dei medesimi meccanismi
mentali che guidano la psicologia degli investimenti e portano sistematicamente
le persone
fuori strada. Quello che gli psicologi hanno studiato nei laboratori
si è ripetuto, con maggiore forza, nella vita perché il nostro cervello
funziona allo stesso modo dentro e fuori i laboratori. Ripercorriamo brevemente
la successione degli avvenimenti che, dal punto di vista di uno psicologo, è
stata innanzitutto una sequenza di emozioni.
Come giustamente ha
commentato Marco lo Conte su Plus (p. 20), sul supplemento del Sole24Ore del
sabato 12 novembre:
"La spiegazione trae la sua origine
nel 1979 quando due psicologi israeliani, Daniel Kahneman e Amos Tversky,
misero a punto la cosiddetta Teoria del Prospetto … che prevede il ben noto
fenomeno dell’avversione alle perdite, causato dalla bassa soddisfazione
emotiva prodotta dai guadagni e dal maggiore dolore prodotto dalle perdite …
Tra i metalmeccanici ha pesato molto più l’incertezza occupazionale dei
benefici dell’Obamacare e dell’affermazione dei diritti civili …".
Superbia, ignoranza e
sorprese – Nel corso della vicenda Trump, prima c’è stata l’ignoranza mescolata
con un eccessivo senso di sicurezza sui nostri strumenti previsionali e sulle
nostre capacità di capire il futuro del mondo. Un cocktail micidiale,
soprattutto nel caso di previsioni relative a "casi singoli", e non
basate su frequenze passate di eventi analoghi.
Parliamo, allora, in primo
luogo della superbia, cioè dell’eccesso di fiducia nelle nostre conoscenze e
nelle nostre previsioni sul futuro fatte a partire da queste
conoscenze. In sintesi: non è che noi non si sappia che alcune nostre
conoscenze sono incerte. Ma è sul grado della nostra incertezza relativo a
queste conoscenze che spesso ci sbagliamo:
"Che
cosa farai domani?"
"Il
solito, ma forse la sera si va a cena fuori".
“Quanto
pensi che sia probabile che tu esca?”
“Beh,
direi che ci sono due probabilità su tre.”
“Quanto
sei sicuro di questa stima?”
“Sono
pressoché certo”.
“Eh no,
caro mio: dovresti essere incerto anche sulla stima della tua incertezza!”.
Ecco, non è che il più delle volte ci sbagliamo con le stime: ci sbagliamo sulla nostra sicurezza nei confronti di quelle stime. E quindi non prendiamo in considerazione la possibilità di avere torto, non esaminiamo scenari alternativi, siamo focalizzati sulle nostre credenze e sulle nostre aspettative. Stime incerte e, inoltre, incertezza sul grado di plausibilità di queste stime: sembra una differenza basata su un gioco di parole. Invece è proprio qui che si originano le nostre sorprese (questa differenza è alla base di quella nuova disciplina che chiamo “assicurazione comportamentale”, cfr. il recente “Economia nella mente”, capitolo 5).
In questo semplice scarto
tra stime incerte ed eccesso di sicurezza nei confronti delle nostre stime
incerte va rintracciata la radice della nostra superbia e della successiva
sorpresa. Questo punto ci illumina anche sulla natura dell’ignoranza che
abbiamo nei confronti delle questioni economiche e finanziarie.
Abbiamo due forme ben
diverse di ignoranza. Una è l’ignoranza semplice: non sappiamo qualcosa che
forse dovremmo o potremmo sapere. Magari l’abbiamo imparata a suo tempo, ma ora
l’abbiamo dimenticata. Questa è quella che chiamo l’ignoranza standard, quella
che per solito consideriamo ignoranza e che oggi, spesso, possiamo risolvere
con Google:
“Carneade, che era costui?
– si domanda Don Abbondio nei Promessi Sposi”. Questa è l’ignoranza sui fatti
del mondo. Https://it.wikipedia.org/wiki/Carneade
Poi c’è l’ignoranza su come
funziona la nostra mente e, soprattutto, su come funzionano le nostre emozioni:
superbia, sorpresa, paura, dolore e fiducia (cfr. Cap. 1 di Economia nella
mente).
Per solito è questa
ignoranza sul nostro funzionamento “interno”, e non quella sul mondo esterno,
che è all’origine dei guai più seri. Qui non basta Google, come nel caso di
Carneade. E tuttavia, sempre con un giro di parole, è proprio questa
ignoranza sulla nostra ignoranza dei fatti mentali che ci procura le più
cocenti delusioni e le più ingiustificate paure. E la paura porta alla sfiducia,
ci confonde e ci conduce al non sapere in chi avere fiducia (qui va distinta la
fiducia come “confidence in noi stessi" e la fiducia come "trust
negli altri", fiducia cioè nei confronti delle altre persone).
Fiducia e paura – Gli
investitori spesso hanno troppa fiducia in se stessi (confidence) e troppo poca
negli esperti (trust). Questa superbia mescolata a fiducia mal riposta fa sì
che – come ha mostrato la recente ricerca Consob – molti investitori tendano a
fidarsi degli amici, dei passa-parola, di conoscenti. A loro si affidano nelle
decisioni relative agli investimenti e - per di più - contano sulla loro,
necessariamente limitata, esperienza personale.
I punti di svolta li
colgono impreparati. E così cercano conforto in chi da loro fiducia e in che è
simpatico. Ma i nostri risparmi non hanno bisogno di simpatia, bensì di
expertise. Hanno cioè bisogno di consapevolezza della nostra ignoranza su ciò
di cui siamo ignoranti. E così la nostra mente è paralizzata da quella
scissione tra paure e pericoli di cui tante volte ho parlato (il capitolo 3 di
“Economia nella mente” si intitola appunto: “incertezza e paura”). Noi dovremmo
avere paura delle cose pericolose e non delle cose paurose: è una differenza
cruciale su cui siamo tornati più volte. Un esempio tipico è il reddito fisso.
Si guardi come è andato il mercato dei bond, da sempre preferito dagli italiani
a scapito dei mercati azionari. Pochi si sono accorti che questa estate siamo
giunti a un punto di svolta. Probabilmente si tornerà verso la media trentennale.
Abbiamo attraversato un punto di svolta: è finita un'epoca.
La figura mostra come il valore delle obbligazioni nel
mondo sia sceso di più di due trilioni dall’estate: più di un milione soltanto
nella settimana dopo l’elezione di Trump a Presidente degli USA. Fonte:
Bloomberg modificata.
La figura è complementare alla precedente che il
valore delle obbligazioni nel mondo sia sceso di più di due trilioni
dall’estate. I rendimenti del decennale governativo USA sono iper-comprati come
agli inizi degli anni ‘90 del secolo scorso. Probabilmente si tornerà verso la
media trentennale. Siamo a un punto di svolta: è finita un’epoca. Fonte:
Bloomberg modificata.
Nessun commento:
Posta un commento