lunedì 19 dicembre 2016

Laboratorio Swiss & Global - Lezione N. 203 – Pauroso e non pericoloso, pericoloso e non pauroso



Da molto tempo nelle mie lezioni insisto su questo punto: pauroso e non pericoloso, pericoloso e non pauroso. Ricordate la lezione precedente: i tassi sono bassissimi e se siamo giunti,
nel corso dell’estate, al punto di svolta, è del tasso fisso che avremmo dovuto avere paura e non delle azioni.
Queste ultime, oscillando (soprattutto se ne controlliamo spesso il prezzo), ci preoccupano perché le discese fanno molto più male delle salite della medesima entità (è questa la più importante scoperta per cui gli economisti diedero il premio Nobel a Kahneman nel 2002, scoperta che oggi ritorna con l’elezione di Trump, cfr. citazione di Marco lo Conte nella lezione precedente).  Noi non sapevamo esattamente quando la correzione sarebbe avvenuta. E tuttavia, una volta superato il punto di svolta, ogni evento sorprendente (Trump) può innescare un’accelerazione della tendenza in atto, come mostrano molto bene le due figure dedicate ai “bond in discesa/tassi i salita” della lezione precedente.
Ancora una volta ciò che era pericoloso non faceva paura, e vice-versa. Se avessimo le paure “giuste”, la maggioranza degli italiani non sarebbe sotto-assicurata e non terrebbe, nel complesso, duemila degli ottomila miliardi di risparmi complessivi in previsione del "non si sa mai". Al "non si sa mai” è dedicata una somma eccessiva di risparmi che oggi non rendono pressoché nulla. Giustamente Walter Riolfi (Sole24Ore, 12-11-16, p. 28) ha commentato così l’immediato dopo-Trump:
"Nel dopo elezioni americane i mercati hanno risposto con l’euforia delle borse e con una drammatica caduta dei titoli di stato … bruciati oltre mille miliardi, più o meno quanti ne hanno guadagnato le borse mondiali … Troppa euforia e troppo pessimismo … ".

Dopo la falsificazione delle aspettative, la smentita delle paure ingiustificate, spesso si iper-reagisce, con un sospiro di sollievo: scampato pericolo!

Secondo la serie storica, la vittoria di Trump si aggiunge alla sequenza temporale in cui il presidente uscente, in questo caso Obama, perde se, e solo se, nei tre mesi precedenti l’elezione, la borsa non è salita. Così abbiamo ben 20 casi su 23 a partire dall’elezione del ‘76. In questa prospettiva il risultato recente (Trump) non è poi così sorprendente! Fonte: Bloomberg modificata.


La figura mostra che subito dopo la vittoria di Trump i mercati hanno previsto un rialzo dei tassi: come avviene spesso una profezia auto-avverantesi! E si torna così alle figure della lezione precedente. Fonte: Bloomberg modificata.


Ecco un altro modo di mostrare che la riconferma di un presidente uscente è correlata con l’andamento della borsa nei tre mesi che precedono l’elezione. Tre mesi sono l’intervallo di giudizio più predittivo. Sono sempre i cicli brevi quelli che corrispondono alla memoria della maggioranza delle persone. E tuttavia sono quelli lunghi che non andrebbero trascurati, soprattutto i punti di svolta. Fonte: S&P GMI, modificata.
Sorprese, futuro, e cicli temporali – All’origine della fuorviante scissione tra paure e pericoli, all’origine della nostra attenzione sul breve termine (cfr. il libro sull’attenzione, "Una cosa alla volta", Mulino Editore, che ho pubblicato meno di un mese fa con Carlo Umiltà), e della tendenza a procrastinare, c’è tutto il peso dell’eredità del nostro passato di cacciatori-raccoglitori. Ne ho parlato a lungo nel novembre del 2015 su l’Espresso, quando il terremoto in Centro Italia e l’elezione sorprendente di Trump non erano neppure stati presi in considerazione.
Se il sacrilego parallelo è permesso (ma per la nostra mente non c’è nulla di sacro, almeno se esaminata dagli psicologi), noi non potevamo prevedere il terremoto del 2016, ma sapevamo bene che in alcune parti d’Italia un terremoto è molto più probabile che non in altre parti. Eppure le nostre paure non prendono in considerazioni cicli temporali pluri-decennali. Non siamo stati costruiti per cogliere e analizzare intervalli temporali così lunghi e, di conseguenza, ci colgono di sorpresa i punti di svolta dei cicli pluri-decennali (per esempio il valore delle case e i rendimenti dei titoli a reddito fisso). Eppure i cicli pluri-decennali, quando finiscono, si rimpostano e mostrano di nuovo una tendenza di lungo termine. In teoria, dovrebbe essere facile accorgersene di questa nuova tendenza, dato che i trend durano a lungo sempre con la stessa direzione. Purtroppo il nostro cervello è fatto più per vivere alla giornata che non sui tempi lunghi, perché si è forgiato in un mondo ostile e pieno di pericoli. 
Ecco, così è finita la sintesi del nostro percorso pre e post-Trump, quello che, per un curioso destino di coincidenza e pre-veggenza, reca proprio i titoli dei capitoli del saggio “L’economia nella mente”:
Tabù (i soldi),
Ignoranza (di due tipi),
Incertezza (superbia e errori di stima sulle nostre previsioni incerte),
Attenzione (ai tempi corti), 
Sorprese (dovute a tutti i fattori precedenti), 
Assicurazione comportamentale (la scissione tra le paure di ciò che è pauroso e non di ciò che è pericoloso,
e la conseguente tendenza alla sotto-assicurazione della maggioranza degli italiani, che vogliono sicurezza ma non sanno come trovarla). 

Conclusione di tutto ciò, dei temi cioè che nel libro appena uscito vengono trattati con molto più dettaglio: ottimi risparmiatori, pessimi investitori.

Nessun commento:

Posta un commento