2016: UN ANNO VISSUTO INCOMPRENSIBILMENTE
Mancano ormai due settimane
alla fine dell’anno - delle quali una pressoché festiva - e possiamo già fare
delle riflessioni. Quello che si va concludendo è stato un anno complesso e di
difficile interpretazione nel quale
i mercati si sono orientati quasi sempre in
maniera contro-intuitiva e in contrapposizione alle previsioni formulate in
occasione degli eventi politici più delicati.
E’ un dato di fatto che in
questi mesi i mercati finanziari si siano mossi indipendentemente dalle
valutazioni macroeconomiche facendosi beffe delle più sofisticate previsioni.
Un punto fisso resta la crescita dell’economia americana ma restano pur sempre
frenati i consumi a livello globale e non si riesce a intravedere uno straccio
di soluzione al problema della sperequazione della ricchezza, che ne è la causa
principale.
Cercare soluzioni che
consentano di avviare una ripresa continuativa è questione ormai demandata
all’anno venturo. Vediamo allora di fare un punto su ciò che ha caratterizzato
il 2016.
Dal grafico della situazione
attuale si potrebbe desumere che sia stato un anno tutto sommato favorevole,
con pochi mercati in area negativa (Cina, Italia e Svizzera), altri con performance
molto modeste (Giappone e India), alcuni – soprattutto le borse dei paesi
sviluppati – caratterizzati da ritorni più che accettabili (Nordamerica, Gran
Bretagna ed Europa in genere) e pochi altri mercati in gran spolvero (Brasile e
Russia). In realtà a inizio anno la situazione era molto problematica, con
tutti gli indici del nostro paniere pesantemente negativi a metà febbraio (Italia
prima a testa in giù con un pessimo -22%), altri due indici con perdite
debordanti il -20%, otto mercati in negativo fra il -10 e il -20% e solo
quattro indici sotto il -10% ma il migliore, il Bovespa (Brasile) marcava
comunque un deprimente -8,17%.
Da quel momento, grazie al
sostegno delle banche centrali e alla compressione dei tassi, spesso attestati
in area negativa e non solo sulle corte scadenze (vedi il Bund tedesco, ad
esempio), la situazione è andata migliorando con gli operatori incuranti di
tutto ciò che poteva rappresentare un innesco di ulteriore negatività, ossia la
Brexit, le elezioni presidenziali americane, il referendum italiano, ecc.
Da allora si sono visti solo
risultati positivi con una crescita, fra la metà di febbraio e la metà del mese
di dicembre, che vanno dal +13% di Shangai al +64% di Mosca. Unica eccezione la
borsa elvetica che è cresciuta da allora solo del 3,60%.
Purtroppo, come quando si
alza il tappeto per nascondervi sotto la polvere, anche l’economia non può
nascondere all’infinito i problemi insoluti e dunque non lasciamoci trarre in
inganno da una più che apprezzabile crescita di alcuni mesi; ciò non potrà
durare a lungo e la volatilità è destinata a far di nuovo capolino.
I TASSI DI INTERESSE SI
MUOVONO
Qualche piccolo segnale già
lo possiamo vedere.
La scorsa settimana la
Federal Reserve, come avevamo supposto, ha aumentato i tassi di interesse di 25
bp e ciò significa che il tanto atteso periodo di ritorno ad una maggiore
normalità (ma con molta cautela) è iniziato. L’Europa prima o poi arriverà
anch’essa alle stesse decisioni e ciò comporterà maggiori oneri finanziari per
imprese, consumatori e per tutti i paesi dal debito pubblico elevato, come
l’Italia e se ciò rappresenta anche una buona notizia per l’impiego futuro dei
capitali purtroppo rappresenta anche una grossa fonte di preoccupazione per i
capitali già investiti dato che questi andranno progressivamente a perdere
valore.
Un primo timido effetto di
ciò lo vediamo già dall’andamento della scorsa settimana in cui i mercati
statunitensi interrompono la correzione dei massimi storici in atto, i principali
mercati delle economie emergenti segnano dei ribassi (Cina e Hong Kong a -3,40%
e -3,25% rispettivamente, Brasile a -3,49% e India a -0,96%) mentre le piazze
europee si rafforzano sulla scorta delle parole di Draghi che conferma l’aiuto
della BCE per il 2017; i rialzi europei vanno così dall’ 1,45% della Francia
fino al 3,95% del listino milanese nonostante l’indigesto boccone delle banche
da digerire (MPS e Unicredit tanto per citare i casi più evidenti). Chiudono in
positivo anche Russia e Gran Bretagna (rispettivamente a +2,29% e +0,83%).
Il dollaro, sulla scorta del
rialzo tanto atteso della Fed fissa un cross sull’Euro a 1,0452, un livello che
non veniva raggiunto da fine 2002 (14 anni fa …) ; si stabilizzano infine i
livelli del Btp decennale che chiude la settimana su rendimenti pari all’ 1,90%
e lo spread con il Bund tedesco trova il suo equilibrio a 157,40.
QUALE ATTESE PER IL 2017?
La lunga fase storica che ha
portato i tassi ad abbassarsi dai livelli dei primi anni ’80 (rendimento del
decennale Usa a oltre il 15%) a quelli dell’estate 2016 (1,35%) si può ritenere
conclusa. Già ora il livello dei tassi si è alzato al 2,60% e - se le manovre
di politica di economica dichiarate da Trump produrranno l’effetto sperato -
tale livello si eleverebbe ulteriormente riportandosi a livelli più “normali” e
le ripercussioni sugli investimenti non si farebbero attendere.
Ciò comporterebbe una caduta
di valore di tutta la struttura dei titoli a lunga duration, con sensibili
perdite in conto capitale. Parallelamente ne andrebbero a soffrire anche gli
investimenti azionari data la minore convenienza nel rapporto
rischio/rendimento che si sbilancerebbe a favore degli asset obbligazionari. In
altre parole un ritorno alla normalità provocherebbe una “pulizia” di quelle
extra-performance attualmente incorporate nei titoli in portafoglio.
Gli scenari dunque stanno già
mutando e ciò che poteva accadere nel corso del 2016 inevitabilmente accadrà
nel prossimo anno e in quelli a venire. Tutto ciò provocherà quella che il
Prof. Legrenzi definisce come “ansietà economica” e in una simile situazione il ruolo del consulente diviene sempre più rilevante. Solo la fiducia nel
consulente può contrastare un’emozione diffusa come l’ansietà economica. Paura
e ansia creano un circolo vizioso che si auto-alimenta, un circolo tale per cui
il quotidiano diventa fonte di preoccupazione e si perdono di vista i veri
obiettivi ed interessi personali e familiari.
Il tutto alla vigilia dei profondi mutamenti che la nuova versione della
Mifid ci sta per offrire che possono e devono rappresentare un’opportunità per
i risparmiatori e non un disturbo mentale per impigriti addetti ai lavori.
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