sabato 29 ottobre 2016

MERCATI AZIONARI MONDIALI: OSSERVATORIO DEL 28/10/2016



L’articolo di fondo di oggi, sabato 29 Ottobre, de “Il Sole 24 Ore” (Perché l’America non è ancora locomotiva) a firma di Fabrizio Gallimberti pone l’accento sul fatto che l’economia americana non è ancora trainante per una diffusa crescita economica globale e individua la causa nella
maldistribuzione dei frutti della crescita. Sono le sue esatte parole.

Non possiamo che condividerle, dato che più volte abbiamo preso la medesima posizione di Gallimberti, con la differenza che ovviamente contraddistingue la riconosciuta autorevolezza del giornale su cui è stato  pubblicato l’articolo rispetto al nostro blog; questa ipotesi circola da tempo, non è certamente un’affermazione originale, e come tutte le ipotesi non scaturisce dal leggero tocco di una bacchetta magica ma si forma con gradualità attraverso l’osservazione dei fatti e l’analisi del maggior numero di dati disponibili.

L’editorialista non si limita alla dichiarazione di cui a margine ma approfondisce il concetto affermando che: 1) la domanda interna statunitense è cresciuta meno del Pil e dunque non può fungere da locomotiva, 2) che in un mondo multipolare, per esserci una valida crescita, è necessario che essa sia supportata anche dalle altre grandi economie del pianeta, Cina ed Unione Europea.

L’articolo si chiude con la speranza che, alla luce di alcuni segnali, la crescita possa finalmente arrivare grazie al supporto delle restanti due aree produttive fondamentali.

In effetti qualcosa si sta muovendo. Il tasso di disoccupazione americano è vicino ai minimi storici, pur con tutte le riserve del caso e l’inflazione di fondo si è un po’ più avvicinata al 2%, la soglia fatidica programmata dalla Fed; nel vecchio continente in Germania si intravede un aumento (modesto) dei prezzi, i tassi d’interesse si sono mossi all’insù in queste settimane e gli indici di fiducia sono lievemente migliorati.

Nulla di particolarmente esaltante ma è legittimo sperare in una ripresa, ancorché modesta. Per l’economia reale si tratterebbe di salutari boccate d’ossigeno ma non è detto che debba esserlo necessariamente anche per i mercati finanziari.

Ripresa economica significa maggiore domanda a incrociare l’offerta, pertanto prezzi in aumento, inflazione maggiore e tassi crescenti. La finanza ha più che abbondantemente anticipato tutto ciò grazie alle facilitazioni monetarie degli ultimi anni ma proprio per questo potrebbe prendersi una bella pausa, se non addirittura - in chiave prospettica - “pulire” qualche eccesso di troppo.


L’andamento di quest’ultimo mese sembra andare proprio in questa direzione.

Come si può ben vedere, nel mese di ottobre i due principali mercati statunitensi registrano un calo delle quotazioni, così come l’importante piazza di Hong Kong e lo stesso indice mondiale. Tutto ciò si è verificato in un clima di assoluta convinzione di non-interventismo sui tassi da parte della Fed e di un forte convincimento sull'esito delle elezioni politiche mentre Draghi ha confermato le facilitazioni monetarie per molti mesi ancora. Purtroppo nelle ultime ore l’indagine federale sta rimescolando le carte e se c’è una cosa che gli investitori detestano è proprio l’incertezza.

Novembre e dicembre potrebbero dunque riservare qualche spiacevole sorpresa confermando le perplessità da noi espresse più volte. Il nostro outlook è confermato: prudenza e controllo della rischiosità dei portafogli. Sarebbe un vero peccato lasciare per strada l’importante recupero avvenuto da metà febbraio ad ora.


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