lunedì 10 ottobre 2016

MERCATI AZIONARI MONDIALI: OSSERVATORIO DEL 7/10/2016

Siamo entrati nell’ultimo trimestre dell’anno e si intravvedono già alcuni temi caldi con i quali ci si dovrà confortare più o meno a breve.

Avevamo più volte sottolineato la scarsa efficacia delle
politiche monetarie perseguite dalle banche centrali al fine di stimolare la crescita; è ormai un dato di fatto che, se da una lato queste ci hanno preservato da una immediata profonda depressione, dall’altro è ormai chiaro che la sola leva monetaria è insufficiente a indurre la crescita dei consumi.

Non ci dilungheremo qui sulle cause di questo fenomeno, già trattate nei mesi scorsi, ma ora il cerino acceso non può che passare nelle mani dei governi affinché attuino le auspicate riforme fiscali, pur nella consapevolezza di quanto siano difficili da perseguire in un clima come quello attuale nel quale si prestano maniacali attenzioni ai propri orticelli piuttosto che ricercare soluzioni condivise, in special modo all’interno della comunità europea.

La settimana uscente ci ha evidenziato una forte incertezza generale con la quasi totalità dei mercati occidentali (Gran Bretagna esclusa) sostanzialmente al palo mentre i mercati asiatici e sudamericani si permettono il lusso di tirar giù le serrande con dei confortanti consuntivi: Brasile in testa con un apprezzamento di periodo del 4,70%, a cui si accodano Giappone e Hong Kong con rialzi intorno al 2,50%.


Allargando lo sguardo all’ultimo mese l’incertezza è più evidente, con le borse europee in apprensione  - al netto della borsa londinese che ormai si muove in modo autonomo – con gli Stati Uniti sugli scudi con Nasdaq e S&P 500 in apprezzamento e Brasile in vetta alla classifica grazie allo sprint dell’ultima settimana, come riportato nel grafico seguente.

Mentre l’attenzione dei più è rivolta al mercato azionario altri segnali di cambiamento stanno avvenendo da qualche tempo e più precisamente nel mercato valutario. Che la sterlina, causa la scelta referendaria, si sia deprezzata è di dominio pubblico, ma che la sua caduta, da inizio anno, sia stata del 22% forse non è ancora stato percepito dai più. Non è un bel segnale dato che si comincia a stimare che i benefici da svalutazione possano essere tendenzialmente inferiori alle possibili maggiori esportazioni al difuori del Regno Unito. Ciò potrebbe significare che nei prossimi mesi l’economia britannica inizierà a pagare uno scotto piuttosto pesante per la scelta dello scorso giugno.

Anche a oriente si muove qualcosa in questo campo, con lo Yuan cinese che negli ultimi 18 mesi ha svalutato la propria moneta di oltre il 10% sull’Euro; si sa che sussistono delle difficoltà sul fronte delle esportazioni ma è ormai palese la volontà del governo cinese di farsi più aggressivi sui nostri mercati internazionali che da parte loro arrancano per mantenere viva una modestissima crescita.

Infine, sempre relativamente ai mercati estremo-orientali, potrebbe essere giunta ad esaurimento la fase di apprezzamento dello Yen giapponese e che si potrebbe aprire una fase di deprezzamento della valuta nipponica. Segnali, per il momento, non ancora realmente decifrabili ma che potrebbero tradursi – se non in una guerra – almeno in una battaglia valutaria, non certo auspicabile in questa delicata fase. Staremo a vedere nei prossimi mesi se dovremo affiancare ai preesistenti problemi anche questi, augurandoci di esserci sbagliati. 

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