Abbiamo
visto nella lezione precedente che non è facile per una gestione
attiva adattarsi a un nuovo scenario, soprattutto quando siamo di fronte a un
vero e proprio punto di svolta. Sembra quasi che si applichi anche qui la difficoltà a
rivedere le proprie
strategie, a cambiare punto di vista, a falsificare per tempo le proprie idee.
Un limite cognitivo veramente forte, un ostacolo che diventa insormontabile
quando non ci si rivolge a “esperti” e si confida sul cosiddetto “fai da te”.
Sappiamo bene che la mente umana è, se non pigra, per lo meno “inerziale”.
Persino un fondo che agisce
long/short, e che quindi non dovrebbe subire passivamente le direzionalità dei
mercati, può soffrire quando ci sono punti di svolta rapidi e inattesi dai più,
come la ripresa nel 2016 dei mercati emergenti, con le conseguenti profonde
rotazioni in determinati ambiti, per esempio il settore finanziario (per una
discussione analitica rimando al mio Economia nella mente, in particolare
pp. 76-84). E tuttavia, per rispondere alla domanda con cui avevo chiuso la
lezione precedente, una scelta centrata tutta sulla gestione passiva è inadatta
alla maggior parte dei risparmiatori perché è troppo “emozionante”, nel senso
che siamo fatti in modo tale da soffrire troppo in occasioni delle inevitabili
discese di valore dei nostri asset. Di questi tempi tali discese, anche
repentine, sono meno improbabili rispetto al recente passato. Sono meno
improbabili perché i valori guida della borsa statunitense e dei titoli
governativi decennali di quel paese hanno raggiunto valori storicamente molto
alti, come mostra la figura.
I governativi decennali USA e le valutazioni raggiunte dallo S&P500
navigano oggi su livelli elevati rendendo meno improbabile una correzione.
Fonte: Bloomberg modificata.
Per attutire i possibili cambiamenti repentini di un portafoglio tutto centrato su gestioni passive, l’unica strategia efficiente consiste nel mescolare gestioni passive e gestioni attive facendo in modo che le seconde compensino i cambi di direzionalità troppo violenti delle prime.
Come ha osservato bene recentemente
Carlo Benetti: “Le
strategie azionarie attive, flessibili, e per quanto possibile neutrali alla
direzionalità, individueranno quelle aziende con utili al di sopra delle stime,
ad esempio nei settori della grande meccanica, dell’healthcare, della difesa
(per le rinnovate tensioni geopolitiche). A queste posizioni lunghe verranno
opposte posizioni “short” su società con utili stagnanti, ad esempio nelle
utility elettriche europee che, afflitte da capacità in eccesso, sono state
costrette a tagliare gli alti dividendi deludendo così gli investitori”.
In conclusione, tali strategie
attive basate su tecniche di gestione long-short, dette anche
liquid-alternative, non risentono degli alti e bassi dei mercati ma,
parzialmente, e solo in modi attutiti, delle forti rotazioni settoriali, per
esempio quella recente dei mercati emergenti. Non risentono cioè degli alti e
bassi dei mercati come nel caso delle gestioni passive basate su ETF. Le
strategie miste sono quindi adatte a compensare la violenta direzionalità degli
indici che si correggono su tempi troppo lunghi per il risparmiatore medio,
soprattutto quello che è uscito da poco tempo dal “fai da te”.
La figura precedente mostra, per un
periodo relativamente breve, i valori relativamente alti dei governativi USA e
dello S&P500. Se allarghiamo l’orizzonte in un’ottica di diversificazione,
sia nello spazio sia nel tempo – partendo dal 1800, due secoli fa, ed
esaminando 15 paesi sviluppati – il quadro che ci si presenta conferma gli alti
valori concomitanti del reddito fisso, del “real estate” (immobiliare) e dei
mercati azionari. Tale rialzo è iniziato nel 1980 e, storicamente parlando, ha
raggiunto valori molto alti.
Valori aggregati per 15 paesi sviluppati a partire dal 1800 per le tre
principali asset class (il real estate parte nel 1970). Fonte: Deutsche Bank
modificata.
Questa figura è interessante anche per un altro motivo, oltre al livello elevato di valutazione raggiunto dai principali asset. Essa mostra infatti che, intorno gli anni ottanta e novanta del secolo scorso, gli asset immobiliari USA erano decorrelati rispetto all’andamento dei mercati azionari. E invece, da quando è scoppiata la crisi del 2007/2008, ormai riassorbita negli USA, possiamo constatare dalla figura seguente che il settore immobiliare è strettamente correlato allo S&P 500 e che quindi tale settore non può essere utilizzato per compensare e controbilanciare la direzionalità degli altri mercati.
La figura mostra che, dal 2008, abbiamo una stretta correlazione tra
S&P 500 e immobiliare USA.
Fonte: Economist modificata.
Fonte: Economist modificata.
In conclusione, non ci restano che i prodotti long-short per bilanciare la direzionalità lasciata libera dalle strategie passive. Benetti ci ha ricordato come “Lars Jaeger, una delle star del settore “Liquid Alternative”, scrive di “smascheramento della mistica dei rendimenti hedge … quei gestori realizzavano gran parte delle performance esattamente come tutti gli altri, prendendo cioè rischio sistemico. I gestori hedge erano riusciti a cancellare le tracce solo perché le loro fonti di beta erano diverse da quelle dei gestori tradizionali … esse derivavano piuttosto da tecniche non convenzionali come vendite allo scoperto o utilizzo dei derivati”.
In seguito a questa scoperta, Lars
Jaeger e altri studiosi ebbero un’intuizione decisiva: se è impossibile
catturare in un modello l’alpha, per definizione componente idiosincratica, si
può però modellizzare e replicare il beta, per quanto nascosta o sofisticata
sia la sua fonte. Da questa intuizione nascono gli strumenti cosiddetti “liquid
alternative”, strategie hedge replicate in prodotti UCITS a valorizzazione
giornaliera e finalmente accessibili alla vasta platea di tutti i
risparmiatori.
Lo scenario che spinge verso queste
soluzioni di “beta alternativo” è quello dell’apparente, o per lo meno temporaneo,
capolinea al quale sembrano arrivati i portafogli bilanciati tradizionali.
Nella prossima lezione torneremo su
questi punti in relazione alla difficoltà di fare previsioni sugli andamenti
ormai determinati e dominati soprattutto dalle decisioni delle banche
centrali.
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