Partiamo
con questa figura rielaborata dall’Economist, sintesi della ricerca McKinsey di
cui vi ho parlato nella scorsa settimana.
Rendimenti reali (senza inflazione) totali per azioni
e bond, statunitensi e europei, per tre periodi: ultimo secolo, 1965-2014,
1985-2014: gli ultimi trent’anni “gloriosi”. Fonte: Economist modificata.
Questa sintesi riassume la
media secolare dei rendimenti reali complessivi di bond e azioni sulle due
sponde dell’oceano. Emerge con un colpo d’occhio che veniamo da trent’anni
eccezionali, gloriosi, prosperi in termini di rendimenti.
Come ho già argomentato
nella lezione precedente, almeno sui tempi lunghi, agisce la più grande legge
della storia economica “la regressione verso la media” (e non vale solo per la
storia economica). E quindi ci attende probabilmente un ventennio che tenderà a
riportarci a valori corrispondenti a quella che è la media secolare 1915-2014,
una delle tre medie indicate in figura.
Ci sono alcuni fenomeni che
ci inducono a credere che siamo a un punto di svolta verso questo ritorno a
quella che è la più ridotta media secolare. Una media, si badi bene, che è meno
generosa dei tanti favorevoli anni conosciuti dalla mia generazione, al punto
da determinare la media del glorioso trentennio, dal 1985 al 2014, proprio il
periodo in cui ho risparmiato e, con me, molti altri italiani, chi più chi meno
(i professori meno). Se esaminate la figura, vedete che, nel corso di questo
trentennio di cui ha goduto la mia generazione di italiani e di europei, anche
i bond hanno fatto molto bene. Anzi, in proporzione, hanno fatto meglio delle
azioni. In effetti le obbligazioni europee hanno regalato rendimenti veramente
eccezionali, più di tre volte quella che è la media secolare delle
obbligazioni. E, in conseguenza del fatto che gli italiani avevano in
portafoglio per lo più titoli governativi italiani, e talvolta europei, i loro
risparmi hanno beneficiato di questa stagione favorevole per i bond. Sappiamo
bene che non hanno approfittato del maggiore rialzo delle azioni perché anche
oggi – in seguito al secondo mercato “toro” della storia – hanno meno del 4%
del portafoglio in azioni.
La figura mostra che questo è per lo S&P500 il
secondo mercato “toro” della storia, nel senso che il mercato è cresciuto
ininterrottamente senza mai scendere di più del 20% dal 9 marzo 2009 al 28
aprile 2016. Fonte: Bloomberg modificata.
Ma in fondo è andata bene
anche agli italiani, non solo agli statunitensi, perché hanno scelto l’asset
class che è stata quella che più ha superato la media storica. Di qui il loro
sconcerto e spaesamento odierno di fronte ai nuovi scenari. Come ormai tutti
sanno, i tassi dei bond sono da tempo, e resteranno per lungo tempo, a valori bassissimi
rispetto alla media storica, e quindi anche i rendimenti futuri saranno
incredibilmente lontani da quelli esaminati nella tabella iniziale. E questo
anche se vi spingete su scadenze lunghissime. Si pensi, per fare solo un esempio, che un
cittadino giapponese, che in media ha privilegiato da tempo le obbligazioni
come gli italiani, si trova oggi ad avere su un governativo che scade tra 40
anni un rendimento del 0.4%!
Il
quarantennale governativo giapponese rende oggi lo 0.4%, e cioè un quarto di
quel che rendeva soltanto a giugno dello scorso anno. Fonte: Bloomberg
modificata.
Lo sconcerto e lo
spaesamento dei risparmiatori non presuppone grandi conoscenze e informazioni.
Anche una persona che va a fare la spesa si accorge che i prezzi in Europa non
imbarcano più inflazione e che siamo alle soglie della deflazione. Di questo se
ne accorgono anche le persone che non hanno risparmi ma che semplicemente fanno
la spesa per vivere.
I prezzi al consumo europei sono privi di inflazione. Fonte:
Economist modificata.
Non si tratta soltanto di
parametri complessivi e finanziari. Anche l’incremento dei redditi da lavoro è
basso e, oggi, il rendimento dei risparmi degli italiani è diventato basso.
Trattandosi di cambiamenti epocali, anche i riflessi nella società sono
epocali. Per esempio, si fanno meno bambini che in passato, e questo ci induce
a credere che la crescita economica sarà bassa a lungo perché questa tende a
essere correlata con la fertilità delle famiglie.
Il tasso di rimpiazzo è basso nel senso che i genitori
fanno sempre meno figli. In Italia è sotto zero. Fonte: Economist modificata.
Spesso nei dibattiti
televisivi e nei media si sente dire, e si legge, che i nostri bassi tassi di
natalità saranno incrementati da quelli più alti dei nuovi immigrati. Ma questo
non sembra vero, almeno leggendo i dati tedeschi dove abbiamo un’immigrazione
che si è insediata ed è stata assimilata culturalmente da molti più anni che in
altri paesi europei. Emerge infatti che quando gli immigrati si “adattano” alla
nuova cultura, ne imitano anche i tassi di fertilità, diventando, almeno da
questo punto di vita, dei cittadini tedeschi indistinguibili dagli altri.
Il tasso di natalità degli immigranti in Germania sui
tempi lunghi si equipara a quello dei tedeschi nativi. Fonte:
Economist modificata
Un’ultima dimostrazione che
siamo di fronte a nuovi scenari è data dai tassi di risparmio nei paesi con
redditi alti, come Gran Bretagna e Stati Uniti. I tassi di risparmio stanno
scendendo sotto le medie storiche. Anche da questo punto di vista non siamo più
nel glorioso trentennio.
Tasso risparmio calante anche nei paesi dove c’è
relativa crescita economica. Fonte: Economist modificata.
Si allarga così il divario
tra quello che le persone risparmiano e quello che vorrebbero risparmiare, sia
in Italia che negli USA.
La maggioranza dei lavoratori americani dice che il
tasso ideale di risparmio è del 20/29% del reddito. Meno del 10% dice che va
bene quello che in effetti è il tasso di risparmio effettivo. Fonte: Bloomberg
modificata.
Nelle prossime lezioni
vedremo che cosa implica tutto ciò per le attività del consulente finanziario.
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