sabato 4 giugno 2016

Laboratorio Swiss & Global - Lezione N. 177 – Trasparenza, regole e ambiguità informativa.


Carlo Benetti, nella sua bellissima lezione del 16 maggio, ci ha parlato di Diafanos, la parola greca che significa trasparente, parola composta dalla preposizione “dia”, attraverso (in latino “trans”), e dal verbo “phaino” (“pareo” in latino), con il duplice significato di far vedere e di esser visti, mostrare e mostrarsi.
La trasparenza è un fenomeno
interessante. Ricordo benissimo quando da bambino scopersi il fenomeno. Mio padre era venuto a prendermi all’aeroporto di Milano (dove ero arrivato da Pisa). Avevo viaggiato affidato alle cure di una hostess (allora mi sembravano delle dee). Gli corsi incontro con la trepidazione di un bimbo che ritrova un genitore dopo la prima volta che era stato affidato a una persona sconosciuta. La mia attenzione era concentrata su mio padre che si avvicinava. Andai a sbattere contro una vetrata tersa, perfettamente pulita e, quindi, perfettamente trasparente (oggi a Linate questo sarebbe improbabile). Morale: della perfetta trasparenza non ci si accorge, sembra aria. Quindi, per mostrare la trasparenza, questa non deve essere perfetta.
In campo finanziario ci si accorge della “parziale” trasparenza perché si accompagna a un “sovraccarico informativo”. In effetti, l’esigenza sempre più avvertita di trasparenza porta a “vetri sporchi”, fuor di metafora: alla formazione di regole e norme sempre più numerose, sempre più dettagliate. “Un eccesso di informazioni equivale quasi sempre a una carenza di informazioni” ha detto il presidente della Consob Giuseppe Vegas nella relazione annuale presentata a metà maggio, come ci ha ricordato Carlo Benetti. Qui non vale il celebre motto “less is more”, ma il suo opposto “more is less”. Un numero soverchiante di regole e dettagliatissimi prospetti non hanno impedito i frequenti tradimenti del risparmio. “La trasparenza, da sola, non è sufficiente a tutelare l’investitore” - ha continuato Vegas. “La trasparenza non si autogiustifica, ha bisogno di regole di correttezza, di relazioni basate sulla fiducia”. Il presidente della Consob ha fatto riferimento anche a costi e commissioni “non effettivamente correlati al rendimento del fondo o che possono costituire un incentivo all’assunzione di rischi eccessivi”. La situazione è dunque ambigua.

La stessa ambiguità la troviamo in un quadro di Gaetano Kanizsa, il professore che mi volle più di quarant’anni fa a dirigere l’Istituto di Psicologia di Trieste, la città italiana con il lontano passato più glorioso per la psicologia (dove Weiss, quasi un secolo fa, insegnava i rudimenti della nascente psicoanalisi ai medici di famiglia e dove Svevo l’aveva praticata). Kanizsa era amico di Garau, di cui Benetti ha presentato un bel quadro. Il quadro presentato da Benetti è rappresentato a p. 187 del Catalogo Arte e Scienza della Biennale di Venezia del 1986 insieme a questo di Kanizsa:

Il quadro è ambiguo. Che cosa vedete?
Ora questo quadro giace nel mio studio a Venezia, omaggio di Kanizsa alla fine della Biennale. E’ un quadro interessante perché solo il gioco dei grigi e dei cerchi interrotti lungo il contorno di un fantomatico rettangolo, che in realtà non esiste, crea una sovrapposizione di piani e due sfondi di chiarezza e grana diversa, pur trattandosi di un’illusione. Lo stesso effetto Garau lo ottiene con gradazioni di colore.

In questo quadro di Garau, sempre presente in quel catalogo, la trasparenza si ottiene con la sovrapposizione di colori miscelati in modo tale che uno si veda attraverso l’altro.
In entrambi i quadri qui presentati, la trasparenza è ottenuta in modi diversi, ma c’è una cosa che non varia: perché la trasparenza si veda bisogna che non sia perfetta, come avevo scoperto a mie spese da piccolo. Dietro le apparenze diverse della trasparenza c’è un’invariante, cioè qualcosa che si ripete nei diversi casi: per accorgersi della trasparenza, bisogna vedere che qualcosa si vede attraverso un’altra cosa. La trasparenza perfetta non ci da alcuna informazione sul “diafanos”. Ora le invarianze si traducono in regole e questa è la regola della trasparenza. Quando conosciamo le regole, tutto diventa chiaro.


I tassi effettivi dal 1990 a oggi, confrontati con la regola di Yellen e di Taylor. Fonte: Economist modificata.
Consideriamo i tassi. Quale è la regola? Possiamo confrontare come sono posizionati lungo il tempo, dal 1990, con le previsioni ottenute applicando due regole: quella usata Yellen e quella di Taylor (La Taylor rule = TR), una regola di politica monetaria sviluppata da John Taylor (1993). Secondo la TR la banca centrale dovrebbe modulare il tasso di interesse a breve - ad esempio, nel caso della Federal Reserve americana, il tasso sui Federal Fund - in risposta agli scostamenti tra il tasso di inflazione ed il tasso di inflazione obiettivo e tra output corrente e quello potenziale.
In altre parole non è la trasparenza in sé che ci permette di capire il mondo, ma le regole che usiamo per produrre la trasparenza, sia nella percezione della trasparenza in campo visivo, sia nell’andamento dei tassi prevedibile in base alle due regole. Una volta colta l’invariante, e desunta una regola, si possono fare previsioni: per esempio i tassi attuali sono in ritardo rispetto al tasso che dovrebbe esserci secondo le due regole. Quindi è prevedibile che il tasso effettivo si allinei progressivamente con quello teorico previsto dalle due regole, come è successo in passato. 

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