domenica 19 giugno 2016

Laboratorio Swiss & Global - Lezione N. 179 – Chi è il cliente di un consulente? Quale futuro un consulente deve prendere in considerazione?


Forse ci ricorderemo del maggio 2016. Forse qui è terminata una storia di mezzo secolo e si è aperto un nuovo futuro. Forse qui c’è stato un punto di svolta sui tassi. E tuttavia questo ci apre a un nuovo quesito:
quanto è profondo il futuro di un cliente, il suo orizzonte temporale? E’ quello che lui suppone, quello che lui dichiara?

Per rispondere a questa domanda ci vuole una lunga premessa storica, che spero non annoi il lettore, ma che è necessaria per capire il punto di vista della Fed, cioè di chi deve decretare il punto di svolta. La Fed è composta tutta da economisti, cioè da persone che conoscono bene questa storia.

L’indice globale dei bond rimbalzerà definitivamente da un minimo raggiunto a metà maggio 2016? Fonte: Bloomberg modificata.
Con la nascita delle scienze umane, circa due secoli dopo che Galileo pone le basi per l’esperimento come metodo di controllo delle teorie sul funzionamento della natura, si affronta il problema di andare al di là del senso comune per avere un modello del comportamento dell’uomo nell’ambito delle scelte economiche. La psicologia come scienza non era ancora nata e quindi gli economisti, con Adam Smith, pongono le basi per una loro psicologia, ristretta all’ambito del comportamento economico. E’ una teoria importante perché ancora oggi le persone che studiano economia, nel mondo, sono molte di più di quelle che studiano psicologia. Il problema di Adam Smith è quello di spiegare le decisioni umane di fronte agli scenari in cui le risorse sono scarse, come per esempio il cibo, e non sovrabbondanti come l’aria, che lo era, almeno a quei tempi.
Il primo modello del comportamento umano, che sarà poi posto alla base dell’economia come scienza, viene proposto da Adam Smith con la sua classica opera del 1776. Questo modello prevede di spiegare il comportamento umano prendendo come sistema di riferimento le scelte economiche individuali, secondo il principio dell’individualismo. A questo principio si accompagna un secondo principio, quello della massimizzazione. In sintesi gli scambi di beni nella società si spiegano assumendo che gli individui singoli facciano ciascuno i propri interessi cercando di trarre un massimo beneficio dagli scambi. Si spiegano così gli scenari economici primitivi, quando gli uomini scambiano i beni che hanno in eccesso, per esempio il sale, con i beni che a loro mancano, per esempio delle pellicce. Questi scambi individuali diventano più complessi quando si introduce la moneta come unità di scambio ed anche come unità di valore dei beni, oltre che strumento di risparmio per gli eventuali consumi futuri. Adam Smith cerca anche di spiegare come mai, a partire da scambi motivati dall’interesse egoistico dei singoli, si giunga a una società armonica. Questo succede perché, all’insaputa dei singoli individui, la domanda e l’offerta dei beni si equilibrano a un dato prezzo che esprime quanto quel bene sia utile agli individui in quel dato momento. I prezzi in conclusione segnalano le utilità soggettive e quindi la gerarchia di preferenze per i diversi beni in una comunità.

Nel complesso la teoria di Adam Smith è semplice e solida e viene assunta ancor oggi come base teorica di partenza per spiegare il comportamento economico degli individui e, quindi, delle società. Gli psicologi, nell’ultimo secolo, hanno cercato di controllare tramite esperimenti la solidità di questa teoria mostrando che non sempre gli individui prendono in considerazione soltanto i loro interessi egoistici. Gli economisti, d’altro canto, hanno costruito dei modelli matematici a partire dal principio di scambi basati sulla domanda e sull’offerta, proponendo le teorie che oggi si chiamano “neo-classiche”, perché appunto sono una riformulazione in termini formali e matematici dei principi di Adam Smith. Gli economisti neoclassici ritengono che la loro impresa scientifica consista nello scoprire dei modelli economici universali che descrivono il funzionamento dell’economia, così come la fisica newtoniana è fatta di leggi che descrivono i comportamenti degli oggetti.
Dal punto di vista della psicologia, la matematizzazione dei due principi di Adam Smith, successiva alla sua formulazione nel 1776, non è rilevante nella misura in cui questa non mette in discussione la psicologia che veniva data per scontata e posta a fondamento della teoria.
La differenza cruciale tra il lavoro degli economisti e quello degli psicologi è che i primi non hanno sottoposto a verifica sperimentale il loro modello di comportamento umano basato su individualismo e massimizzazione. E’ proprio questa verifica sperimentale che ha dato origine a quelle ricerche di psicologia e di psicologia economica che oggi costituiscono un terreno a cavallo tra psicologia e economia. Se andiamo a vedere quello che effettivamente succede a livello micro, e cioè nei comportamenti e nei pensieri degli individui, questo magnifico castello di deduzioni che costituisce l’economia contemporanea non è di grande utilità pratica. In origine, ai tempi di Adam Smith, l’economia aveva avuto la pretesa d’essere anche uno strumento per la comprensione del comportamento individuale. Poi, nel secolo scorso, gli economisti hanno cercato di imitare i fisici e hanno abbandonato le pretese “realistiche”, preferendo un capolavoro di deduzioni edificato sviluppando i principi sopra indicati.
Per tenere in piedi questo elegante modello, l’economista Robert Lucas Jr. ha “esteso la razionalità individuale che muove il mercato nell’equilibrio economico generale fino alle sue estreme conseguenze: i singoli non si limiterebbero a perseguire il loro tornaconto alla giornata ma pianificherebbero per il futuro i consumi, gli investimenti, il lavoro e il tempo libero” (Nardozzi, Il mondo alla rovescia, Mulino, 2015, p. 155). Questa estensione “eroica” del modello non ha assolutamente la pretesa di descrivere i meccanismi psicologici individuali, ma di offrire un quadro interpretativo che permetta di esaminare i comportamenti come se dietro ogni scelta ci fosse un calcolo. Di qui l’origine del profondo fraintendimento consistente nel credere che l’economia sia anche una psicologia del comportamento economico dei singoli.


Dove un consulente deve cercare di fare atterrare il suo cliente? Chi è veramente il suo cliente? Solo lui, o anche figli e nipoti? Fonte: Satoshi modificata.
Se torniamo al problema del debito, e proviamo a chiedere alle persone se preferiscono la crescita oggi a scapito delle future generazioni, la grande maggioranza degli intervistati vi risponde di no, dando implicitamente ragione alle politiche adottate dalla Germania (pur non sapendo forse spiegare quanto detto finora). Il consulente quindi si trova di fronte a un dilemma: massimizzare il benessere del suo cliente attuale, o quello del suo cliente insieme al benessere futuro dei suoi figli e nipoti? Questo non è un dilemma teorico, o almeno soltanto teorico, perché è molto diverso un portafoglio che prende in considerazione il benessere attuale del cliente oppure il futuro lontano del cliente, un futuro che comprende figli e nipoti (ricordate com’era fatto il fondo sovrano norvegese di cui ho parlato in passato, un portafoglio pensato per i nipoti?).


Quando, e quanto a lungo, i diversi paesi hanno conosciuto i più lunghi periodi di crescita economica. Fonte: Economist modificata.
Una semplice tabella mostra il vantaggio di avere un consulente se il vostro orizzonte temporale è lungo e coinvolgerà i vostri figli. Voi, come genitori, non avete il controllo di dove nasceranno i vostri figli, né della crescita economica del paese dove cresceranno. Possono nascere in un paese che conosce da tempo uno sviluppo economico fiorente, oppure in un paese come l’Italia che si è lasciato la crescita alle spalle, ormai in un passato sempre più lontano (cfr. figura). Ebbene, un buon consulente può svincolare il destino dei risparmi destinati ai figli dal paese dove sono nati, dove nasceranno, e dove si troveranno a vivere. Da questo punto di vista, un portafoglio “globale” offre un vantaggio incommensurabile.

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