Forse
ci ricorderemo del maggio 2016. Forse qui è terminata una storia di mezzo
secolo e si è aperto un nuovo futuro. Forse qui c’è stato un punto di svolta
sui tassi. E tuttavia questo ci apre a un nuovo quesito:
quanto è profondo il
futuro di un cliente, il suo orizzonte temporale? E’ quello che lui suppone,
quello che lui dichiara?
Per rispondere a questa
domanda ci vuole una lunga premessa storica, che spero non annoi il lettore, ma
che è necessaria per capire il punto di vista della Fed, cioè di chi deve
decretare il punto di svolta. La Fed è composta tutta da economisti, cioè da
persone che conoscono bene questa storia.
L’indice globale dei bond rimbalzerà definitivamente
da un minimo raggiunto a metà maggio 2016? Fonte: Bloomberg modificata.
Con la nascita delle
scienze umane, circa due secoli dopo che Galileo pone le basi per l’esperimento
come metodo di controllo delle teorie sul funzionamento della natura, si
affronta il problema di andare al di là del senso comune per avere un modello
del comportamento dell’uomo nell’ambito delle scelte economiche. La psicologia
come scienza non era ancora nata e quindi gli economisti, con Adam Smith,
pongono le basi per una loro psicologia, ristretta all’ambito del comportamento
economico. E’ una teoria importante perché ancora oggi le persone che studiano
economia, nel mondo, sono molte di più di quelle che studiano psicologia. Il
problema di Adam Smith è quello di spiegare le decisioni umane di fronte agli
scenari in cui le risorse sono scarse, come per esempio il cibo, e non
sovrabbondanti come l’aria, che lo era, almeno a quei tempi.
Il primo modello del
comportamento umano, che sarà poi posto alla base dell’economia come scienza,
viene proposto da Adam Smith con la sua classica opera del 1776. Questo modello
prevede di spiegare il comportamento umano prendendo come sistema di
riferimento le scelte economiche individuali, secondo il principio
dell’individualismo. A questo principio si accompagna un secondo principio,
quello della massimizzazione. In sintesi gli scambi di beni nella società si
spiegano assumendo che gli individui singoli facciano ciascuno i propri interessi
cercando di trarre un massimo beneficio dagli scambi. Si spiegano così gli
scenari economici primitivi, quando gli uomini scambiano i beni che hanno in
eccesso, per esempio il sale, con i beni che a loro mancano, per esempio delle
pellicce. Questi scambi individuali diventano più complessi quando si introduce
la moneta come unità di scambio ed anche come unità di valore dei beni, oltre
che strumento di risparmio per gli eventuali consumi futuri. Adam Smith cerca
anche di spiegare come mai, a partire da scambi motivati dall’interesse
egoistico dei singoli, si giunga a una società armonica. Questo succede perché,
all’insaputa dei singoli individui, la domanda e l’offerta dei beni si
equilibrano a un dato prezzo che esprime quanto quel bene sia utile agli individui
in quel dato momento. I prezzi in conclusione segnalano le utilità soggettive e
quindi la gerarchia di preferenze per i diversi beni in una comunità.
Nel complesso la teoria di
Adam Smith è semplice e solida e viene assunta ancor oggi come base teorica di
partenza per spiegare il comportamento economico degli individui e, quindi,
delle società. Gli psicologi, nell’ultimo secolo, hanno cercato di controllare
tramite esperimenti la solidità di questa teoria mostrando che non sempre gli
individui prendono in considerazione soltanto i loro interessi egoistici. Gli
economisti, d’altro canto, hanno costruito dei modelli matematici a partire dal
principio di scambi basati sulla domanda e sull’offerta, proponendo le teorie
che oggi si chiamano “neo-classiche”, perché appunto sono una riformulazione in
termini formali e matematici dei principi di Adam Smith. Gli economisti
neoclassici ritengono che la loro impresa scientifica consista nello scoprire
dei modelli economici universali che descrivono il funzionamento dell’economia,
così come la fisica newtoniana è fatta di leggi che descrivono i comportamenti
degli oggetti.
Dal punto di vista della
psicologia, la matematizzazione dei due principi di Adam Smith, successiva alla
sua formulazione nel 1776, non è rilevante nella misura in cui questa non mette
in discussione la psicologia che veniva data per scontata e posta a fondamento
della teoria.
La differenza cruciale tra
il lavoro degli economisti e quello degli psicologi è che i primi non hanno
sottoposto a verifica sperimentale il loro modello di comportamento umano
basato su individualismo e massimizzazione. E’ proprio questa verifica
sperimentale che ha dato origine a quelle ricerche di psicologia e di
psicologia economica che oggi costituiscono un terreno a cavallo tra psicologia
e economia. Se andiamo a vedere quello che effettivamente succede a livello
micro, e cioè nei comportamenti e nei pensieri degli individui, questo
magnifico castello di deduzioni che costituisce l’economia contemporanea non è
di grande utilità pratica. In origine, ai tempi di Adam Smith, l’economia aveva
avuto la pretesa d’essere anche uno strumento per la comprensione del
comportamento individuale. Poi, nel secolo scorso, gli economisti hanno cercato
di imitare i fisici e hanno abbandonato le pretese “realistiche”, preferendo un
capolavoro di deduzioni edificato sviluppando i principi sopra indicati.
Per tenere in piedi questo
elegante modello, l’economista Robert Lucas Jr. ha “esteso la razionalità
individuale che muove il mercato nell’equilibrio economico generale fino alle
sue estreme conseguenze: i singoli non si limiterebbero a perseguire il loro
tornaconto alla giornata ma pianificherebbero per il futuro i consumi, gli
investimenti, il lavoro e il tempo libero” (Nardozzi, Il mondo alla rovescia, Mulino, 2015, p. 155). Questa estensione
“eroica” del modello non ha assolutamente la pretesa di descrivere i meccanismi
psicologici individuali, ma di offrire un quadro interpretativo che permetta di
esaminare i comportamenti come se dietro ogni scelta ci fosse un calcolo. Di
qui l’origine del profondo fraintendimento consistente nel credere che
l’economia sia anche una psicologia del comportamento economico dei singoli.
Dove un consulente deve cercare di fare atterrare il
suo cliente? Chi è veramente il suo cliente? Solo lui, o anche figli e nipoti?
Fonte: Satoshi modificata.
Se torniamo al problema del
debito, e proviamo a chiedere alle persone se preferiscono la crescita oggi a
scapito delle future generazioni, la grande maggioranza degli intervistati vi
risponde di no, dando implicitamente ragione alle politiche adottate dalla
Germania (pur non sapendo forse spiegare quanto detto finora). Il consulente
quindi si trova di fronte a un dilemma: massimizzare il benessere del suo cliente
attuale, o quello del suo cliente insieme al benessere futuro dei suoi figli e
nipoti? Questo non è un dilemma teorico, o almeno soltanto teorico, perché è
molto diverso un portafoglio che prende in considerazione il benessere attuale
del cliente oppure il futuro lontano del cliente, un futuro che comprende figli
e nipoti (ricordate com’era fatto il fondo sovrano norvegese di cui ho parlato
in passato, un portafoglio pensato per i nipoti?).
Quando, e quanto a lungo, i diversi paesi hanno
conosciuto i più lunghi periodi di crescita economica. Fonte: Economist
modificata.
Una semplice tabella mostra
il vantaggio di avere un consulente se il vostro orizzonte temporale è lungo e
coinvolgerà i vostri figli. Voi, come genitori, non avete il controllo di dove
nasceranno i vostri figli, né della crescita economica del paese dove
cresceranno. Possono nascere in un paese che conosce da tempo uno sviluppo
economico fiorente, oppure in un paese come l’Italia che si è lasciato la
crescita alle spalle, ormai in un passato sempre più lontano (cfr. figura).
Ebbene, un buon consulente può svincolare il destino dei risparmi destinati ai
figli dal paese dove sono nati, dove nasceranno, e dove si troveranno a vivere.
Da questo punto di vista, un portafoglio “globale” offre un vantaggio
incommensurabile.
Nessun commento:
Posta un commento