domenica 29 ottobre 2017

MERCATI FINANZIARI: OSSERVATORIO DEL 27/10/2017

 
 
 
MERCATI AZIONARI ANCORA SUGLI SCUDI
                           
In october buy on deeps, compra sui ribassi; così vorrebbe il senso comune riguardo ai mercati azionari ma per procedere ad acquisti sui ribassi ci dovrebbero essere i ribassi, invece con il mese praticamente alle spalle abbiamo assistito ad una corsa dei mercati azionari inarrestabile, senza alcuna correzione, altro che ribassi.
 
Ad un niente dal +30% è ormai arrivato l’indice Hang Seng e poco sotto premono le borse brasiliana, indiana e l’indice dei tecnologici USA, il Nasdaq, sugli annunci di utili record e di un Pil USA in risalita al +3%, alla faccia dei detti tradizionali e della consapevolezza che le facilitazioni monetarie sono destinate a terminare entro la fine dell’anno venturo.
 
Ma in buona salute ci sono tutte le borse europee del nostro paniere (fatta eccezione per Londra), le borse asiatiche di Shangai e Tokyo e l’indice USA S&P 500. A coronamento di questo straordinario trend, come la classica ciliegina sulla torta, si colloca l’indice mondiale Msci, a +13,60% il che significa che puntando a inizio anno su un fondo (o un Etf) azionario mondiale si sono ottenuti risultati di assoluto valore.
 
Isolata, sotto il livello di inizio anno, è rimasta unicamente la borsa moscovita nonostante l’ascesa del prezzo del greggio che si impenna verso i 60 dollari al barile che di solito determina un fattore positivo per gli indici azionari di quel paese. Tutto ciò in valuta locale, ovviamente, poiché quest’anno abbiamo a che fare con un euro in spolvero che riduce il reale guadagno per gli investitori domestici, ossia noi italiani e i risparmiatori di altri 18 paesi europei.
 
Per la cronaca, anche nel corso della passata settimana sono stati abbattuti dei record, cinque per la precisione, avendo toccato i massimi di sempre gli indici di Germania, India e i due americani del nostro paniere, unitamente all’indice mondiale Msci citato in precedenza.
 
Se focalizzassimo il nostro osservatorio su frame temporali più brevi ci accorgeremmo però che nella seconda parte del mese un terzo del nostro paniere si trova sotto il livello delle precedenti osservazioni e, allungandolo ancora, che le borse più effervescenti sono state quelle europee e quella nipponica. Le prime hanno beneficiato della presa di posizione del Governatore della Bce - Mario Draghi - che ha annunciato la prosecuzione del QE sino al settembre p.v., seppur ridotta a 30m Miliardi di acquisti al mese, e la conferma del premier Shinzo Abe che ora potrà guidare agevolmente il proprio paese forte di una solida coalizione di maggioranza, con oltre i 2/3 dei rappresentanti.
 
Ecco l’andamento dei principali indici nell’ultima quindicina del mese:
 

 
 
 
Sottolineiamo infine che la borsa di Tokyo ha messo a segno una crescita di oltre il 13% negli ultimi due mesi e segnaliamo il forte rinvigorimento della borsa di Francoforte, cresciuta nello stesso periodo dell’8,63%, a conferma del buon andamento dell’economia europea della quale è indiscutibilmente il paese guida.
 
 

EFFETTO BCE SULL’OBBLIGAZIONARIO
 
 
Abbiamo detto che la BCE ha annunciato la riduzione degli acquisti di asset a 30 miliardi di euro al mese ma, se ciò rappresenta il bicchiere mezzo vuoto, quello mezzo pieno è costituito dal fatto che ciò accadrà solo dal prossimo gennaio e terminerà a settembre 2018, con la ventilata possibilità che ci possa essere un ulteriore slittamento.
 
Ciò rappresenta un fattore di stabilità per il mercato dei bond dell’area euro ed infatti i rendimenti sono scesi di conseguenza. I principali titoli decennali che teniamo sotto osservazione di quest’area, ossia quelli tedeschi, francesi e italiani corrispondono ora agli investitori i rispettivi rendimenti: 0,39, 0,80 e 1,95%. Con questi tassi c’è decisamente poca trippa per gatti; seppure in risalita da quelli di inizio anno ma con la prospettiva di beneficiare ancora per altri dodici mesi di una forte volontà accomodante della banca centrale è difficile, salvo cause esterne non attualmente prevedibili, che possano risalire a breve e dunque si resta sulle posizioni per garantirsi qualche ulteriore centesimo di rendimento.
 
Diverse le prospettive per i decennali britannici e nordamericani, risaliti dai minimi dell’anno toccati nei primi giorni di settembre (dall1% all’1,36% quelli inglesi e dal 2,06 al 2,43% quelli USA) in considerazione dei diversi atteggiamenti che ci si attende dalle banche centrali dei due paesi anglosassoni nel prossimo futuro.
L’EURO PERDE SMALTO
 
Rispetto alle due settimane a cavallo di fine agosto/primi di settembre in cui l’euro volò ai massimi dell’anno su dollaro Usa, sterlina inglese e yuan cinese, i cambi di venerdì ci illustrano una temporanea(?) debolezza della valuta comunitaria; il cambio sul dollaro Usa è infatti sceso di 4 figure a 1,16 dollari per 1 euro e la divisa europea è scesa sulla sterlina e sullo yuan rispettivamente del 4,7% e 2,60%.
 
Sullo yen il discorso è diverso solo perché è lo stesso yen a restare debole. Toccati i minimi annuali la fine della settimana conclusasi il 20 ottobre con un rapporto di cambio a 133,76 yen per euro, alla fine della settimana appena trascorsa il cambio tra euro e yen è stato fissato a 131,95; poca cosa se questo modesto gap viene raffrontato con la forte distanza di valore rispetto ai massimi dell’anno del cambio euro/yen, pari ad una perdita relativa di quasi il 14%.
 
 
RIFLESSIONE
 
Ottobre avrebbe dovuto essere un mese di riflessione e di eventuali correzioni dei mercati. Così non è stato e gli investitori giustamente se la godono. Le buone notizie si sono allineate l’una dopo l’altra ma i nodi critici da sciogliere sono ancora molti. Speriamo bene che con la stessa velocità non si allineino l’una dopo l’altra notizie di segno opposto poiché verrebbe a delinearsi un quadro piuttosto ingarbugliato per l’anno prossimo.
 
Forse è il caso di considerare l’utilità di ridurre alcune esposizioni e creare liquidità di cui poter disporre in momenti meno brillanti. Non potrebbe essere che le stagioni – che già non sono più le stesse sotto il profilo meteorologico – abbiano subito altrettanti mutamenti anche nella tradizione borsistica? Se ciò fosse vero le correzioni di ottobre avverrebbero comunque, ma solo un po’ più avanti …



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