Sesto
principio: Mifid 2 come win-win
In questa lezione
continuiamo con il decalogo relativo al tema del costo, o meglio dei costi,
della consulenza.
In primo luogo si sa che
verrà tra poco reso ufficiale, e noto gradualmente ai più, che con la MiFID2
diventa obbligatorio/operativo l’emergere del costo della consulenza in termini
espliciti, come avviene per un commercialista, un avvocato o un dentista. Nelle
parcelle di questi professionisti vi sono per solito dei costi “vincolati” per
le pratiche svolte e, poi, viene indicato “a parte” il costo del loro tempo che
si è tradotto nella prestazione offerta.
In sintesi, quattro sono le principali sezioni di cui si compone il patrimonio di una persona che lavora:
1.
investimenti a breve e liquidità
La consulenza è molto di
più del seguire tecnicamente un portafoglio. Essa consiste nel curare un
patrimonio di beni e affetti! Nel far crescere una pianta di cui molti sono i
rami e le foglie!
Nel caso della consulenza
finanziaria e assicurativa spesso, ma non obbligatoriamente, il costo dei
prodotti in cui sono collocati i risparmi “contiene”, meglio presuppone, anche
la remunerazione del consulente finanziario o dell’assicuratore (vi sono
peraltro già oggi alcuni “pionieri” dello scorporo).
Al gennaio del 2017 la
Commissione europea ha annunciato che aziende finanziarie, istituti di credito
e fondi d’investimento, avranno un anno in più per prepararsi alle nuove regole
di mercato concernenti i diversi strumenti finanziari oggi esistenti. La
direttiva, nota con l’acronimo inglese MiFID 2, entrerà in vigore
definitivamente il 3 gennaio 2018.
La scadenza entro la
quale prepararsi all’entrata in vigore della direttiva MiFID 2 è stata spostata
di un anno «per prendere in considerazione le eccezionali difficoltà di
applicazione delle regole a cui devono fare fronte i regolatori, così come i
partecipanti al mercato». L’annuncio “consente a banche e società di avere
maggiore chiarezza sul da farsi”, secondo il quotidiano il Sole-24Ore che ha
dato notizia di questo rinvio. Oggi è assai probabile che questa scadenza sarà
rispettata. Ecco il bilancio degli esperti a fine luglio 2017, da un importante
quotidiano finanziario britannico:
Banks are scrambling as
they enter the last six months before the decades-old practice of sending out
free analyst reports as a courtesy and marketing strategy comes to an end. The
European Union’s MiFID II regulations, enforced from Jan. 3, require money
managers to separate the trading commissions they pay from investment-research
fees. This means banks in turn have to be more transparent, providing specific
charges for their analysts’ time and work in order to comply.
Le banche s’inerpicano
verse nuove realtà perché stanno per entrare negli ultimi sei mesi prima che
termini l’invio dei report sui loro patrimoni come una semplice modalità di
cortesia e di marketing. In futuro si dovranno separare chiaramente le
commissioni di gestione e di consulenza, cioè tutti i costi che non hanno a che
fare con il patrimonio affidato dal cliente. Questo sarà un passo avanti nel
percorso verso la trasparenza.
I consulenti dovranno
gradatamente abituarsi a rendere esplicito il costo della loro consulenza
scorporandolo dal costo dei prodotti di risparmio e assicurativi. Questa è una
grande occasione per quella che qui abbiamo chiamato la “nuova consulenza
globale”, una consulenza dedicata a tutto il “valore” nel suo complesso di un
attore economico, e non solo il valore relativo ai risparmi che quella persona ha
cumulato con il suo lavoro. La nuova consulenza parte con una apparentemente
semplice domanda: “Quanto vale una persona?”.
In sintesi, quattro sono le principali sezioni di cui si compone il patrimonio di una persona che lavora:
2.
investimenti a medio lungo termine
3.
immobiliare
4.
capitale umano
Queste quattro componenti
sono molto diverse per natura, anche se tutte concorrono al complesso del
“valore di una persona umana”. In primis va ribadito che la domanda “quanto
vale una persona”, alludendo a tutto il nostro patrimonio, è indiscreta e
indelicata, e quindi va affrontata con grande tatto. Parte di questa
“indelicatezza” è riconducibile al fatto che il concetto di “capitale umano”
tende ad assimilare, secondo il gergo degli economisti, il capitale umano al
capitale economico.
Settimo principio: il
capitale umano non è il capitale economico
Nella nostra cultura, non
c’è spesso sovrapposizione tra le cose che valgono e le cose che hanno un
prezzo: al contrario, le cose che per noi valgono di più non hanno un prezzo e,
nei loro confronti, proviamo una sorta di pudore e resistenza a quantificarle
in termini monetari.
Il caso classico è quello
che abbiamo usato nel passaggio generazionale: via via che ci muoviamo lungo i
cerchi concentrici degli affetti, il raggio si accorcia e quello che ci
circonda ha sempre più valore. Più aumenta il valore, più cresce la difficoltà
a dargli una misura precisa in termini di prezzi.
In questo senso un
consulente è tanto più bravo quanto più è difficile dare un prezzo al valore
complessivo della sua consulenza (via via che ci si avvicina al centro la
consulenza diventa sempre più incommensurabile in termini di costi, la fetta
dei prezzi della consulenza in rapporto al patrimonio complessivo si dissolve e
svanisce nell’aria!). La fetta della torta non è più una fetta, la torta non ha
più dimensioni fisse quando più ci si avvicina al centro!
Ottavo
principio: una buona consulenza è difficilmente misurabile in termini di costi
diretti
Il capitale umano va nutrito, protetto, seguito, aiutato nel crescere. Fonte: Economist modificata.
Già a livello del patrimonio abbiamo un’articolazione in quattro livelli. Essa sarà resa esplicita e verrà con attenzione e cura gestita. Solo allora emergerà il profilo della nuova consulenza che è l’occasione e la strategia per superare anche il conflitto legato alla “fallacia della torta fissa”. Tale consulenza andrà al di là del patrimonio per passare alla cura del cerchio degli affetti.
.
Il patrimonio si mescola al cerchio degli affetti. Di
qui le ben note difficoltà del passaggio generazionale.
Nono
principio: non si tratta solo di patrimoni e di soldi ma della cura del
capitale umano
Il capitale umano è
multicolore, composto di molti elementi, non solo i soldi (linee blu e nere
concentriche nella figura del cerchio).
In effetti, una
ristrutturazione generale del portafoglio, il superamento della fallacia
dell’assicurazione comportamentale e la gestione previdente e razionale del
passaggio generazionale sono i tre principali capisaldi per mostrare che il
ruolo del consulente non è solo quello di gestire i primi due punti dell’elenco
sopra riportato, ma tutto il valore del cliente. Si tratta di differenziare
tale valore non solo nello spazio (investimenti) ma anche nel tempo (passaggio
generazionale e assicurazione del capitale umano). In questo modo si eviterà la
fallacia della torta fissa applicata alla consulenza passando a un “win-win”
consulente-cliente che vedremo meglio come si possa realizzare.
Il consulente non
fornisce solo informazioni, non ha solo più conoscenze, non prende solo
decisioni, ma ha più saggezza in un modello integrato della consulenza globale.
Fonte: il modello di Sternberg della saggezza.
Decimo principio: la
consulenza come formazione, l’anti-vulnerabilità
In linea più generale il valore
di una buona consulenza è incommensurabile in termini monetari perché può modificare
campi limitrofi, può essere una maestra di vita, può andare al di là della
protezione del patrimonio.
Sappiamo che il
patrimonio non può mai essere invulnerabile. Al contrario ciò che crediamo
invulnerabile come i beni reali – opere d’arte, oro, immobili – sui tempi
lunghi ci proteggono meno di ciò la cui oscillazione è evidente, come i mercati
azionari.
La vecchia storia della
confusione tra pauroso e pericoloso. E tuttavia la storia può diventare nuova
se impariamo a estendere questi principi alla vita: la vulnerabilità non può
venire superata e resa inoffensiva dall’invulnerabilità, ma può essere ridotta,
“ammortizzata” dall’anti-vulnerabilità. L’anti-vulnerabilità è diversa dalla
vulnerabilità perché quest’ultima pretende qualcosa d’irrealizzabile: renderci
inattaccabili. E’ una pretesa che è alimentata e si sposa con
l’over-confidence, la superbia e la ristrettezza di vedute. Sono tre
atteggiamenti che non solo danneggiano il valore dei patrimoni ma feriscono
tutto il valore di una persona che, frenato dai tre atteggiamenti, non può
esprimersi al suo meglio. L’anti-vulnerabilità è la riduzione al minimo delle
potenzialità offensive dei fattori che ci colpiranno.
Non è uno scudo. E’ la
capacità di adattamento, ottenuta riducendo i danni. Nel caso dei patrimoni i
danni su un fronte sono compensati, ammortizzati dai vantaggi su un altro
fronte. La vulnerabilità ha dunque due poli contrari: l’invulnerabilità, che è
un’illusione, una chimera in un mondo ricco d’incertezze radicali, e
l’anti-vulnerabilità che è maestra di vita e non solo protettrice dei
patrimoni.
Il cerchio degli affetti ci scalda e ha un centro
come in un campo per produrre energia solare. Fonte: Le Monde modificata.
Un patrimonio invulnerabile non ha un centro ed è
multicolore, come i campi di tulipani. Fonte: Le Monde modificata.
L’anti-vulnerabilità è la
quintessenza della lezione di Darwin: non chi è più robusto e forte, ma chi è
più adattabile al mutamento e all’incertezza del mondo, sarà colui che più
probabilmente sopravviverà.
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