Leggiamo su un importante
quotidiano italiano, il mercoledì 9 agosto 2017, un esauriente resoconto che
commenta i dati Assogestioni e parla dei trend del risparmio gestito.
Il punto che molti commentatori
ricordano è l’ampio margine di espansione potenziale del settore in Italia. Su
un totale di 5.200 miliardi di risparmio privato abbiamo soltanto 2.005
miliardi di risparmio gestito: “quindi quasi 3.200 miliardi sono potenzialmente
disponibili, specialmente in un periodo in cui, a causa di tassi bassi, altre
forme di investimenti, a partire dai titoli di Stato, non danno più rendimenti
appetibili (Corriere, 9-8, p. 27)”. Inoltre, da inizio anno, le sottoscrizioni
complessive ammontano, a fine Agosto, a quasi 60 miliardi e sono stabilmente in
crescita, indicando l’abbandono progressivo della strategia “fai-da-te”.
La figura, già commentata da Carlo Benetti su questo sito (26 giugno), mostra la crescita dei quant hedge fund rispetto ai settori tradizionali: asset management e hedge fund. Fonte: Alpha e Beta del 26 giugno.
L’altro punto su cui insistono i
commentatori è l’entrata in questo mercato di grandi fondi americani con costi
di gestione bassi o molto bassi.
Come abbiamo ricordato
nell’incontro GAM del 12 luglio a Milano, oggi assistiamo a due tendenze
entrambe inaugurate dalla “carica dei fondi americani” (questo è il titolo del
pezzo del Corriere!).
La prima
tendenza è quella della gestione automatica realizzata tramite software che
incorporano modelli preparati dall’uomo, elaborati a partire da enormi banche
dati che analizzano le correlazioni presenti sui mercati e le sfruttano (i
cosiddetti “quantum hedge fund”).
La seconda tendenza,
cruciale, è caratterizzata dal passaggio ai fondi passivi. Tale trasmigrazione
è guidata dalla convinzione che i costi medi attuali non compensino le
prestazioni medie di molte gestioni attive. Si tratta di una convinzione che presuppone
un’incomprensione radicale di quello che è il vero vantaggio della consulenza
in Italia, come vedremo meglio più avanti.
Questa tendenza è stata
forte, recentemente soprattutto negli USA, ma è in rallentamento perché resta
un bacino di persone che gradiscono una consulenza personalizzata, sartoriale.
Buone notizie per tutti coloro che attivamente selezionano
i titoli ritenuti più vantaggiosi. Il passaggio dai fondi a gestione attiva a
quelli a gestione passiva sta rallentando dopo una partenza travolgente negli
ultimi anni. Questo rallentamento fa presagire che le due modalità troveranno
un equilibrio stabile in risposta a esigenze diverse. Fonte: Bloomberg
modificata.
Il rallentamento dei
fondi basati sugli indici avverrà probabilmente anche perché il confronto sui
costi, tema su cui ritorneremo più volte, ha inizialmente penalizzato i fondi a
gestione attiva. Questi ultimi, in effetti, oltre a dei costi fissi, hanno
delle commissioni, spesso consistenti, legate alle prestazioni. Dato che dal
marzo 2009 abbiamo alle spalle, e stiamo ancora percorrendo, la più lunga fase
di crescita dei mercati azionari, i fondi a gestione attiva finiscono per
essere penalizzati in termini di costi rispetto ai passivi, che si limitano per
definizione, e si sono limitati a seguire la marea montante. Ma questa è
un’illusione temporanea.
Quando i mercati
storneranno, e un giorno lo faranno di certo, allora, in fase di discesa, molti
fondi attivi ben gestiti riusciranno ad ammortizzare il calo. Risulteranno così
più graditi ai clienti finali di quanto non lo saranno i fondi che si muovono
piatti sugli indici, in salita e in discesa, anche perché la discesa fa più
male di quanto non faccia bene l’equivalente salita. E questo è un grave limite
per chi si affida agli “indici”, a meno che non abbia una prospettiva con un
orizzonte temporale che supera il decennio, se non due, condizione questa molto
rara soprattutto tra i risparmiatori italiani.
I fondi che si muovono con gli indici risultano
molto economici in fase di salita, come mostrato nella figura, ma non
ammortizzano le discese, e quindi possono fare molto male. Molto male, se non
per chi opera con orizzonti temporali così lunghi da essere considerati
dis-umani per i più. Fonte: Economist modificata.
Più in generale,
l’espansione dei fondi ancorati agli indici, molto poco costosi, ha sofferto in
fase iniziale del fatto che le banche hanno cercato di frenarne la diffusione.
Se infatti non riesci a offrire, nella maggior parte dei casi, una buona
consulenza, che vale molto, ma hai solo a disposizione gli strumenti di una
politica commerciale, che per il cliente vale poco o nulla, allora è sui
margini incorporati nei prodotti che puoi contare di campare.
Ma è
un’illusione e un miraggio rispetto ai reali vantaggi della consulenza. Un
miraggio che poi delude: non a caso, l’Italia è stato il paese con la maggiore
diffusione di obbligazioni bancarie, come bene, anzi male, ci è stato
raccontato dalle cronache recenti. Quando un fenomeno in espansione viene
inizialmente per vari motivi frenato, alla fin fine la sua crescita appare
rapida proprio perché si è superato un freno iniziale.
La figura mostra la diffusione dell’uso della
droga in Europa, più che decuplicata in meno di dieci anni. Ma il ritmo di
incremento sta rallentando e sta raggiungendo un punto di equilibrio. La
liberalizzazione totale sposterebbe questo punto di equilibrio, ma non per
questo tutte le persone si drogherebbero come si vede nei paesi dove il consumo
è stato, di fatto o di diritto, reso libero. Fonte: Economist modificata.
L’equilibrio si raggiunge
in modi diversi per la forza delle diverse culture su temi diversi. E’ noto,
per esempio, che le donne statunitensi, in media, hanno un profilo di rischio
più prudente dei maschi.
In attività di scambi simulati sui mercati
finanziari, e anche in scenari reali, le donne non sono per natura più prudenti
degli uomini. Dipende dalle tradizioni culturali presenti nei vari paesi in
dati momenti storici. Fonte: Economist modificata.
Ma esperimenti
controllati mostrano che in paesi con una tradizione matriarcale e cultuale
diversa, le cose non stanno così. Sono le circostanze e gli scenari culturali
che contano: per natura le femmine non sono più prudenti dei maschi, anche in
altre specie animali. Dipende da scenari e circostanze. Questo è un punto
rilevante da tenere presente quando si approfondisce il tema del costo della
consulenza.
Ogni fenomeno ha i suoi punti di equilibrio e i suoi punti di non ritorno: un consulente è utile per farci riflettere su questa
tematica, soprattutto in fase di rialzo prolungato dei mercati, quale è quella
attuale. L’espansione dei fondi basati sugli indici sta già frenando negli USA,
e si fermerà quando tutte le nicchie occupabili da questa innovazione di servizio
saranno state sfruttate.
Di qui la facile previsione che
in Italia la consulenza non verrà ostacolata dal rendere espliciti i costi
inseguito alla Mifid2 perché gli italiani avranno più che mai bisogno di una
buona consulenza a tutto campo. Il raggiungere una fase di equilibrio
caratterizza tutti i fenomeni che, all’inizio, per un qualsiasi motivo, sono
stati frenati nella loro espansione. Il caso limite è quello della diffusione
dell’uso delle droghe. Se voi la frenate, avrete una lunga fase di espansione
che convivrà con le proibizioni. Ma nei paesi dove in consumo di droghe, per
scelte di diritto o per ragioni di fatto, è stata legalizzata, si raggiunge ben
presto un punto di equilibrio. Così avverrà anche per il punto di equilibrio
tra gestioni attive e passive.
Son fondate le conclusioni di
questi ragionamenti? Secondo noi sì, in
particolare nel caso dell’Italia dove c’è bisogno di un profondo riassetto dei
portafogli e di una grande attenzione al passaggio generazionale e alle sue
conseguenze. Questi temi, come vedremo, sono collegati al costo della
consulenza.
Il
riequilibrio del settore fa sì che molte “fabbriche” di prodotti stiano
chiudendo molti fondi attivi, o pseudo-attivi, fondi cioè che veramente non
erano tali o non erano percepiti come tali dal mercato, per concentrarsi sulla
qualità più che sulla quantità.
I piccoli fondi hedge sono quelli che più sono
stati chiusi a partire dal 2009. Fonte: Bloomberg modificata.
La Mifid2, la
trasparenza, e tutti i cambiamenti in corso, implicano che sia ridimensionato
il ruolo del consulente e che non si debbano più utilizzare i fondi a gestione
attiva? Secondo noi, no, assolutamente no. Vedremo perché.
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