domenica 1 ottobre 2017

MERCATI FINANZIARI: OSSERVATORIO DEL 30/9/2017


LA CORSA AL RIALZO DELLE AZIONI NON SI ARRESTA

 
Si chiude con un’ottima intonazione il mese di settembre e con esso ci lasciamo alle spalle anche il terzo trimestre. Si tratta, come ci fa notare anche IlSole-24Ore di oggi, del sesto trimestre di fila di guadagni e rappresenta una delle migliori strisce positive dal 1997.

 
Il grafico d’apertura ci illustra inequivocabilmente la positività che permea i mercati azionari. Ben tre sono i mercati  con rendimenti superiori al 20%, con Hong Kong da tempo in cima alla classifica; sei i mercati con performance racchiuse tra il 10 ed il 20% e dunque il 60% del nostro paniere viaggia su crescite a due cifre. Quattro sono gli indici in positivo, tre dei quali oltre il 5% e solo uno resta in area negativa ed è l’indice moscovita, fortemente correlato ai titoli energetici.

 
L’ulteriore impennata dei rendimenti trova le sue giustificazioni nella crescita dell’economia che si sta consolidando su livelli superiori al 2%, nel tasso di inflazione dei mercati occidentali generalmente inferiore al 2%, nel supporto dell’enorme quantità di liquidità immessa dalle banche centrali e, vale la pena di ricordarlo, nella percezione di una situazione politica mondiale che, pur tra alcune importanti incognite e possibili pericoli, viene stimata come stabile. Questa la miscela che alimenta l’attuale crescita; inutile evocare possibili controindicazioni perché le Cassandre non sono ammesse in questo contesto.

 
Vediamo dunque i risultati del mese di settembre.
 

Le borse europee sono significativamente crescite con l’eccezione della Gran Bretagna (a causa della possibilità di un aumento dei tassi). I due indici nordamericani si sono ulteriormente migliorati ed è nuovamente record per entrambi. La Russia ha ulteriormente ridotto il gap che la separa dall’uscita della negatività sulla scia dell’incremento del prezzo degli idrocarburi e gli altri tre mercati che hanno registrato dei cali (Hong Kong, Shangai, Mumbay) non hanno modificato che marginalmente l’ottimo andamento da inizio anno e nonostante ciò l’indice mondiale ha superato i precedenti massimi: nuovo record pertanto anche per l’indice MSCI World.


PRIMI EFFETTI SULL’OBBLIGAZIONARIO

 
Per quanto concerne il mercato obbligazionario, relativamente agli indici da noi seguiti e più precisamente i decennali governativi, settembre ci ha offerto due diverse fasi. Inizialmente i tassi sono uniformemente scesi sia in Europa che in Usa sino alla fine della prima settimana e dopo la riunione della BCE e della FED i rendimenti sono tornati a salire.
 

Non si tratta di movimenti importanti ma sul piatto c’è il consolidamento dell’inflazione (poco sotto il 2% in Usa e intorno all’1,5% in Europa) sulla scorta di una crescita migliore delle aspettative che apre le porte ad un intervento sui tassi americani prima della fine dell’anno, possibilità peraltro già ventilata per il mercato britannico, ragione per cui il rendimento del decennale è già salito. Del resto o prima o poi qualche prezzo da pagare per la Brexit ci dovrà pure essere.

 
Vediamo la situazione dei tassi nel confronto fra quelli di inizio anno e quelli correnti.


Eccezion fatta per quelli statunitensi, che comunque si sono molto avvicinati a quelli iniziali, i decennali europei del nostro paniere evidenziano rendimenti più elevati rispetto a quelli di gennaio. Va peraltro sottolineata l’elevata differenza percentuale del bund tedesco in questi nove mesi, un balzo in avanti di oltre il 120%.

 
Lo spread fra btp e bund per il momento si mantiene stabilmente intorno ai 170 bp (per la precisione 171 bp  alla chiusura di venerdì 29).

 
 

PER IL MOMENTO SI ARESTA LA CORSA DELL’EURO
 

La possibilità di movimenti sui tassi americani ha per il momento tonificato il dollaro che si rafforza contro le altre valute. In particolare il rapporto di cambio fra euro e dollaro nel mese di settembre ha inizialmente giocato a favore della moneta europea (1,20 dollari per euro) per poi scivolare a 1,1812 nel corso dell’ultima settimana. Difficilmente avremo importanti movimenti da qui a fine anno; oltre a motivi di ordine economico dobbiamo sottolineare che peserà l’incertezza di un governo stabile in Germania dato cha Angela Merkel è uscita indebolita dalla tornata elettorale nella quale si è registrato un vistoso calo dei voti del suo partito e un significativo ridimensionamento dei socialdemocratici che di fatto ora passano all’opposizione.

 
Se da un lato le aspettative di un rialzo dei tassi hanno favorito il rafforzamento della valuta britannica sull’euro, va altresì evidenziato che la valuta comunitaria chiude il mese di settembre in rafforzamento sulle due principali valute asiatiche, lo yen giapponese e lo yuan cinese.

 
 


A COSA PRESTARE ORA ATTENZIONE

 
Abbiamo già detto dell’importanza della cintura di sicurezza rappresentata dal quantitative easing delle banche centrali ma sulla continuità della crescita vanno fatte alcune considerazioni. Innanzitutto si dovrà verificare l’effettiva forza politica di Trump che, ricordiamo, è inciampato nel fallimento della demolizione dell’Obamacare. Il presidente ha immediatamente rilanciato sulla riforma tributaria, principale cavallo di battaglia della sua campagna elettorale e ora banco di prova della continuità della crescita americana che, va sottolineato, si è basata anche sulle aspettative di una sua realizzazione in tempi brevi.

E’ legittimo chiedersi però se il beneficio atteso – in termini di maggiore spinta alla crescita – derivante da tale riforma (stimata in 5 Miliardi di dollari di costi) possa quantomeno compensare gli effetti della riduzione delle politiche espansive. Inoltre, la maggiore crescita prevista comporterà anche una lievitazione dell’inflazione? In conseguenza di ciò tassi non potrebbero essere ulteriormente ritoccati all’insù? Se ciò avvenisse, l’effetto frenante dell’incremento dei tassi potrebbe provocare una più che proporzionale diminuzione della crescita su cui i mercati oggi contano?

 
Di certo sappiamo che dal prossimo mese di ottobre inizierà il processo di normalizzazione da parte delle autorità monetarie americane, che la crescita del Pil americano attuale e futura starà intorno al 2% e che l’inflazione attesa raggiungerà il livello atteso (anch’esso del 2% nel 2019). Sappiamo anche che in Europa il quantitative easing proseguirà quantomeno fino alla fine dell’altro e forse ancora per qualche mese ancora – se necessario, come sostiene Draghi - ma avrà una fine. Il Pil atteso per ora è superiore al 2% e l’inflazione non riesce a superare la soglia dell’1,5%.

 
A ben vedere non sono numeri stratosferici e indubbiamente non sarà facile, d’ora in avanti, giustificare un ulteriore incremento del rapporto prezzo/utile espresso dai titoli azionari sulla scorta delle odierne previsioni.

 
Il malato è in via di guarigione ma una ricaduta ci può anche stare. Il gioco del cerino passato di mano in mano prima o dopo – e lo sanno anche i bambini – finirà con lo scottare le mani di qualcuno. Speriamo siano quelle di qualcun altro …

Nessun commento:

Posta un commento