domenica 8 ottobre 2017

Laboratorio GAM - Lezione N. 236 - Il costo della consulenza: i primi cinque principi

 
 

In occasione del dibattito elettorale per l’elezione alla Presidenza degli Stati Uniti, alcuni analisti hanno rimproverato a Sanders, che correva per diventare candidato dei democratici contro la concorrente Clinton, di argomentare una tesi che era una variante della fallacia della torta fissa.


Crescita del reddito pro capite statunitense dal 1950 fino al 2015, data di apertura dell’ultima campagna per la presidenza degli USA. Fonte: Conference Board.

Come funziona in questo caso la fallacia della torta fissa? In linea generale, si tratta dell’assunto tale per cui, se i ricchi diventano più ricchi, i poveri devono diventare più poveri perché il “reddito nazionale lordo” viene rappresentato come una torta da dividersi, una torta dalle dimensioni “fisse”, prestabilite, ragion per cui se uno si prende una fetta più grande l’altro l’avrà necessariamente più piccola. Questa è la versione più nota e popolare della fallacia della torta fissa.

In realtà, così stanno le cose se esaminate le stesse in un dato momento puntuale, ma le cose nel tempo possono cambiare. Se la torta è in continua crescita, come in effetti è stato nel caso del reddito pro capite statunitense dal 1950 fino al 2015, allora i ricchi possono diventare più ricchi ma anche i poveri possono diventare meno poveri perché la torta nel suo complesso cresce di dimensioni. A questo punto il dibattito si sposta tra l’incremento di ricchezza dei ricchi rispetto all’incremento dei poveri. Si tratta non più di valori assoluti, bensì di rapporti, tra l’altro di rapporti tra valori medi che cambiano nel tempo. E’ questo che conta dal punto di vista psicologico perché le persone si rappresentano il differenziale in termini di perdita. In altre parole possono sapere che la torta non è fissa, ma ragionare come se lo fosse nel senso che vedono solo le perdite relative.


Principio primo: come si manifesta la fallacia?
 
Sono le perdite relative che si notano non i guadagni assoluti!



 
Ragion per cui, almeno in media, le persone più povere, poniamo il 20% degli statunitensi, possono anche essere diventate un po’ meno povere e, tuttavia, sentirsi più povere in forza dell’incremento del differenziale. Tutto ciò ci rende vulnerabili alla fallacia della torta fissa perché il nostro modo abituale di giudicare tende a premiare questa rappresentazione “fissa”, anche se essa non corrisponde alla “vera” realtà che è in movimento e cambia nel tempo. Quindi c’è spazio anche per le risorse dedicate alla consulenza se quest’ultima si rivela più vantaggiosa del “fai da te” attraverso i cicli nel tempo.













L’andamento ciclico dell’economia: un consulente ci fa attraversare i momenti buoni senza entusiasmo e quelli cattivi senza troppi dolori. Ora siamo nel bel mezzo di un ciclo di espansione. Fonte: NBER modificata.


Secondo principio: principio di ancoraggio.

Per giudicare, ci si ancora a un dato momento nel tempo, e poi si giudicano le posizioni relative in quel momento.

La fallacia della torta fissa è una delle tante distorsioni cognitive, illusioni del pensiero, che dipendono da come descriviamo le cose. Ci ancoriamo al costo in un dato momento, congelando la torta? Oppure vediamo le cose tenendo conto dei punti di svolta che un buon consulente ci segnala?












Da quando Fed, EC e BOJ hanno cominciato a immettere liquidità sui mercati, da nove anni a questa parte, c’è stata una correlazione stretta con la crescita dei mercati azionari mondiali. Importanza di una visione dinamica e del sapere riconoscere i punti di svolta e di non-ritorno. Fonte: Bloomberg modificata.

 

Terzo principio: noi non valutiamo le cose ma le descrizioni delle cose.
 


Se, per esempio, diciamo che il 2% degli italiani possiede il 20% dei beni, questa descrizione fa molto colpo. Se invece diciamo che il 98% degli italiani possiede l’80% dei beni, la descrizione è la stessa ma espressa in termini complementari. E tuttavia solo il primo tipo di descrizione mette in luce ed evidenzia la disuguaglianza perché 2% è un decimo di 20%.
 
 


Si parte dalla torta, o dalla piccola fetta nel parlare delle quote di ricchezza?
Ma la torta non è fissa! La consulenza buona la fa crescere!
 

Quarto principio:

I rapporti tra cliente e consulente non si negoziano a partire da una torta fissa. Non è un processo conflittuale ma di condivisione!
 

Un’altra variante della fallacia della “torta fissa” la troviamo nei processi di negoziazione. Ecco un esempio in una storia che troviamo più volte raccontata nei libri di Rino Rumiati. Essa allude a un esempio inventato la prima volta da Follet (1940), la studiosa che ha introdotto il concetto win-win proprio in relazione agli effetti distorsivi di tale fallacia. Follet mostra come uno dei modi per eliminare il tira-e-molla della negoziazione lineare è quello di passare da una negoziazione che si basa su un solo argomento negoziale a una negoziazione con più argomenti negoziali, passaggio essenziale per il win-win nelle negoziazioni di gruppo.



La torta della consulenza non ha un solo strato ma più d’uno: diversificazione patrimoniale, assicurazione comportamentale, passaggio generazionale, e così via.

La fallacia della torta fissa in realtà è la fallacia delle torte fisse.


Quinto principio: il rapporto con il cliente non è negoziale e ha molti argomenti di condivisione


La storia inventata come esempio da Follet (1940) è la seguente:

“Due sorelle dovevano utilizzare delle arance. La prima per fare una torta, la seconda per fare una spremuta, ma avevano a disposizione solamente due arance. Attuando una negoziazione su un solo argomento negoziale le due sorelle divisero le due arance, una per la prima, l’altra per la seconda.

La prima tolse dall’arancia la polpa e grattò la buccia dell’arancia per cucinare la torta, la seconda preparò la spremuta buttando via la buccia. Se avessero comunicato meglio i loro interessi, e avessero attuato una negoziazione con più argomenti negoziali, avrebbero ottenuto un vantaggio reciproco del 100%”.




La negoziazione in partenza veniva rappresentata così:

Ragazza A: “Voglio le arance!”

Ragazza B: “Voglio le arance!”
 
 
Entrambe traducibili in: “il mio interesse negoziale è arance”

Se avessero specificato meglio a quale scopo sarebbero servite le arance (ad una per la polpa, all’altra per la buccia), avrebbero potuto attuare un passaggio da una negoziazione basata sugli interessi reciproci.
Ragazza A: “Mi serve la buccia delle arance per cucinare una torta”


Ragazza B: “Mi serve la polpa delle arance per preparare una spremuta”




 In sintesi: “il mio interesse negoziale è ‘arance’ ed è connesso a questa motivazione”: la divergenza di interessi diventa una risorsa. Con un intervento di comunicazione efficace, otteniamo un guadagno ulteriore del 100% delle risorse in gioco. E’ proprio la differenza degli interessi in gioco a essere utilizzata come molla per il cambiamento. Spesso la divergenza di interessi viene vista come qualcosa da nascondere perché associata al conflitto. In realtà non è sempre così. Nel caso precedente la dichiarata uguaglianza di interessi (“voglio le arance”) ha prodotto il conflitto, mentre il porre una divergenza di interessi, ha prodotto le condizioni per la risoluzione del conflitto. Nel momento in cui le due ragazze si sono rese conto di ricercare qualcosa di diverso ma complementare: è allora che si è risolto il conflitto”.

Un conflitto analogo potrebbe sembrare nascere in occasione della Midif 2 tra il consulente e il cliente in rapporto ai costi di gestione del patrimonio affidato. Si potrebbe cioè pensare che tanto più basso è il costo della consulenza per seguire un portafoglio, tanto più giovamento ne trarrà il portafoglio stesso, e quindi il cliente. Ecco un’altra forma in cui si presenta la fallacia della torta fissa. Sembra intuitivo, ma le cose non stanno così.
 
Cercherò di mostrare che, in analogia con gli esempi precedenti, il rendere espliciti i costi è un vantaggio, è cioè un’occasione per riposizionare meglio il ruolo e la funzione della consulenza: di nuovo un caso “win-win” sia per il consulente che per il cliente.


































































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