In occasione del dibattito elettorale per l’elezione alla
Presidenza degli Stati Uniti, alcuni analisti hanno rimproverato a Sanders, che
correva per diventare candidato dei democratici contro la concorrente Clinton,
di argomentare una tesi che era una variante della fallacia della torta fissa.
Crescita del reddito pro capite statunitense dal 1950 fino al 2015, data di apertura dell’ultima campagna per la presidenza degli USA. Fonte: Conference Board.
Crescita del reddito pro capite statunitense dal 1950 fino al 2015, data di apertura dell’ultima campagna per la presidenza degli USA. Fonte: Conference Board.
Come funziona in questo caso la
fallacia della torta fissa? In linea generale, si tratta dell’assunto tale per
cui, se i ricchi diventano più ricchi, i poveri devono diventare più poveri
perché il “reddito nazionale lordo” viene rappresentato come una torta da
dividersi, una torta dalle dimensioni “fisse”, prestabilite, ragion per cui se
uno si prende una fetta più grande l’altro l’avrà necessariamente più piccola.
Questa è la versione più nota e popolare della fallacia della torta fissa.
In realtà, così stanno le cose se
esaminate le stesse in un dato momento puntuale, ma le cose nel tempo possono
cambiare. Se la torta è in continua crescita, come in effetti è stato nel caso
del reddito pro capite statunitense dal 1950 fino al 2015, allora i ricchi
possono diventare più ricchi ma anche i poveri possono diventare meno poveri
perché la torta nel suo complesso cresce di dimensioni. A questo punto il
dibattito si sposta tra l’incremento di ricchezza dei ricchi rispetto
all’incremento dei poveri. Si tratta non più di valori assoluti, bensì di
rapporti, tra l’altro di rapporti tra valori medi che cambiano nel tempo. E’
questo che conta dal punto di vista psicologico perché le persone si
rappresentano il differenziale in termini di perdita. In altre parole possono
sapere che la torta non è fissa, ma ragionare come se lo fosse nel senso che
vedono solo le perdite relative.
Principio primo: come si manifesta la fallacia?
Sono le perdite relative che si notano non i guadagni assoluti!
Ragion
per cui, almeno in media, le persone più povere, poniamo il 20% degli
statunitensi, possono anche essere diventate un po’ meno povere e, tuttavia,
sentirsi più povere in forza dell’incremento del differenziale. Tutto ciò ci
rende vulnerabili alla fallacia della torta fissa perché il nostro modo
abituale di giudicare tende a premiare questa rappresentazione “fissa”, anche
se essa non corrisponde alla “vera” realtà che è in movimento e cambia nel
tempo. Quindi c’è spazio anche per le risorse dedicate alla consulenza se
quest’ultima si rivela più vantaggiosa del “fai da te” attraverso i cicli nel
tempo.
Principio primo: come si manifesta la fallacia?
Sono le perdite relative che si notano non i guadagni assoluti!
L’andamento ciclico dell’economia:
un consulente ci fa attraversare i momenti buoni senza entusiasmo e quelli
cattivi senza troppi dolori. Ora siamo nel bel mezzo di un ciclo di espansione.
Fonte: NBER modificata.
Secondo principio:
principio di ancoraggio.
Per giudicare, ci si
ancora a un dato momento nel tempo, e poi si giudicano le posizioni relative in
quel momento.
La
fallacia della torta fissa è una delle tante distorsioni cognitive, illusioni
del pensiero, che dipendono da come descriviamo le cose. Ci ancoriamo al costo
in un dato momento, congelando la torta? Oppure vediamo le cose tenendo conto
dei punti di svolta che un buon consulente ci segnala?
Terzo principio: noi non valutiamo le cose ma le descrizioni delle cose.
Se, per esempio, diciamo che il 2% degli italiani possiede il 20% dei beni, questa descrizione fa molto colpo. Se invece diciamo che il 98% degli italiani possiede l’80% dei beni, la descrizione è la stessa ma espressa in termini complementari. E tuttavia solo il primo tipo di descrizione mette in luce ed evidenzia la disuguaglianza perché 2% è un decimo di 20%.
Si parte dalla torta, o dalla piccola fetta nel parlare delle quote di ricchezza?
Quinto principio: il rapporto con il cliente non è negoziale e ha molti argomenti di condivisione
La storia inventata come esempio da Follet (1940) è la seguente:
Da quando Fed, EC e BOJ hanno
cominciato a immettere liquidità sui mercati, da nove anni a questa parte, c’è
stata una correlazione stretta con la crescita dei mercati azionari mondiali.
Importanza di una visione dinamica e del sapere riconoscere i punti di svolta e
di non-ritorno. Fonte: Bloomberg modificata.
Terzo principio: noi non valutiamo le cose ma le descrizioni delle cose.
Se, per esempio, diciamo che il 2% degli italiani possiede il 20% dei beni, questa descrizione fa molto colpo. Se invece diciamo che il 98% degli italiani possiede l’80% dei beni, la descrizione è la stessa ma espressa in termini complementari. E tuttavia solo il primo tipo di descrizione mette in luce ed evidenzia la disuguaglianza perché 2% è un decimo di 20%.
Si parte dalla torta, o dalla piccola fetta nel parlare delle quote di ricchezza?
Ma la torta non è fissa! La
consulenza buona la fa crescere!
Quarto principio:
I rapporti tra cliente
e consulente non si negoziano a partire da una torta fissa. Non è un processo
conflittuale ma di condivisione!
Un’altra
variante della fallacia della “torta fissa” la troviamo nei processi di
negoziazione. Ecco un esempio in una storia che troviamo più volte raccontata
nei libri di Rino Rumiati. Essa allude a un esempio inventato la prima volta da
Follet (1940), la studiosa che ha introdotto il concetto win-win proprio in
relazione agli effetti distorsivi di tale fallacia. Follet mostra come uno dei
modi per eliminare il tira-e-molla della negoziazione lineare è quello di passare
da una negoziazione che si basa su un solo argomento negoziale a una
negoziazione con più argomenti negoziali, passaggio essenziale per il win-win
nelle negoziazioni di gruppo.
La torta della consulenza non ha un
solo strato ma più d’uno: diversificazione patrimoniale, assicurazione
comportamentale, passaggio generazionale, e così via.
La fallacia della torta fissa in
realtà è la fallacia delle torte fisse.
Quinto principio: il rapporto con il cliente non è negoziale e ha molti argomenti di condivisione
La storia inventata come esempio da Follet (1940) è la seguente:
“Due sorelle dovevano utilizzare
delle arance. La prima per fare una torta, la seconda per fare una spremuta, ma
avevano a disposizione solamente due arance. Attuando una negoziazione su un
solo argomento negoziale le due sorelle divisero le due arance, una per la
prima, l’altra per la seconda.
La prima tolse dall’arancia la polpa e grattò la buccia dell’arancia per cucinare la torta, la seconda preparò la spremuta buttando via la buccia. Se avessero comunicato meglio i loro interessi, e avessero attuato una negoziazione con più argomenti negoziali, avrebbero ottenuto un vantaggio reciproco del 100%”.
La negoziazione in partenza veniva rappresentata così:
Entrambe traducibili in: “il mio interesse negoziale è arance”
La prima tolse dall’arancia la polpa e grattò la buccia dell’arancia per cucinare la torta, la seconda preparò la spremuta buttando via la buccia. Se avessero comunicato meglio i loro interessi, e avessero attuato una negoziazione con più argomenti negoziali, avrebbero ottenuto un vantaggio reciproco del 100%”.
La negoziazione in partenza veniva rappresentata così:
Ragazza A: “Voglio le arance!”
Ragazza B: “Voglio le arance!”
Entrambe traducibili in: “il mio interesse negoziale è arance”
Se avessero specificato meglio a
quale scopo sarebbero servite le arance (ad una per la polpa, all’altra per la
buccia), avrebbero potuto attuare un passaggio da una negoziazione basata sugli
interessi reciproci.
Ragazza A: “Mi serve la buccia delle arance per cucinare una torta”
Ragazza B: “Mi serve la polpa delle arance per preparare una spremuta”
In sintesi: “il mio interesse
negoziale è ‘arance’ ed è connesso a questa motivazione”: la divergenza di
interessi diventa una risorsa. Con un intervento di comunicazione efficace,
otteniamo un guadagno ulteriore del 100% delle risorse in gioco. E’ proprio la
differenza degli interessi in gioco a essere utilizzata come molla per il
cambiamento. Spesso la divergenza di interessi viene vista come qualcosa da
nascondere perché associata al conflitto. In realtà non è sempre così. Nel caso
precedente la dichiarata uguaglianza di interessi (“voglio le arance”) ha prodotto
il conflitto, mentre il porre una divergenza di interessi, ha prodotto le
condizioni per la risoluzione del conflitto. Nel momento in cui le due ragazze
si sono rese conto di ricercare qualcosa di diverso ma complementare: è allora
che si è risolto il conflitto”.
Un conflitto analogo potrebbe sembrare nascere in occasione della Midif 2 tra il consulente e il cliente in rapporto ai costi di gestione del patrimonio affidato. Si potrebbe cioè pensare che tanto più basso è il costo della consulenza per seguire un portafoglio, tanto più giovamento ne trarrà il portafoglio stesso, e quindi il cliente. Ecco un’altra forma in cui si presenta la fallacia della torta fissa. Sembra intuitivo, ma le cose non stanno così.
Cercherò di mostrare che, in analogia con gli esempi precedenti, il rendere espliciti i costi è un vantaggio, è cioè un’occasione per riposizionare meglio il ruolo e la funzione della consulenza: di nuovo un caso “win-win” sia per il consulente che per il cliente.
Ragazza A: “Mi serve la buccia delle arance per cucinare una torta”
Ragazza B: “Mi serve la polpa delle arance per preparare una spremuta”
Un conflitto analogo potrebbe sembrare nascere in occasione della Midif 2 tra il consulente e il cliente in rapporto ai costi di gestione del patrimonio affidato. Si potrebbe cioè pensare che tanto più basso è il costo della consulenza per seguire un portafoglio, tanto più giovamento ne trarrà il portafoglio stesso, e quindi il cliente. Ecco un’altra forma in cui si presenta la fallacia della torta fissa. Sembra intuitivo, ma le cose non stanno così.
Cercherò di mostrare che, in analogia con gli esempi precedenti, il rendere espliciti i costi è un vantaggio, è cioè un’occasione per riposizionare meglio il ruolo e la funzione della consulenza: di nuovo un caso “win-win” sia per il consulente che per il cliente.
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