A PIAZZA AFFARI UNA VENTATA DI OTTIMISMO
Trump in settimana ha tenuto il suo primo
discorso al Congresso degli Stati Uniti dal quale è emerso in modo palese il
desiderio di fare di nuovo grande l’America, un paese forte e grande, pronto a
guidare il mondo. La creazione di
posti di lavoro, la riforma dell’immigrazione, la sicurezza nazionale e lo smantellamento dell’Obamacare restano i pilastri del suo programma; un programma ora enunciato in toni più pacati e consoni alla sua figura di presidente.
posti di lavoro, la riforma dell’immigrazione, la sicurezza nazionale e lo smantellamento dell’Obamacare restano i pilastri del suo programma; un programma ora enunciato in toni più pacati e consoni alla sua figura di presidente.
Sotto il profilo sostanziale non ci sono
evidenti novità ma ciò è bastato per un’ulteriore accelerazione della borsa
statunitense in preda a un deciso entusiasmo che, a ben guardare, non trova al
momento riscontro nella sostanza. Se è vero che le attese per gli utili per il
2017 si attestano su una percentuale di poco superiore al 10% il confronto con
la crescita dei Nasdaq e dello S&P 500 lascia pochi margini di ulteriore
miglioramento; il Nasdaq è infatti già cresciuto di questa percentuale e lo
S&P è prossimo a raggiungerla.
Ancora una volta entrambi gli indici hanno
superato i loro massimi storici, una costante per tutto il mese di febbraio e,
dato che abbiamo ormai imparato che il peso dei mercati Usa sull’indice
mondiale è significativo, anche il MSCI World ha battuto il suo record
precedente.
Tutto questo entusiasmo si è propagato anche sulle
borse europee con l’Italia in gran spolvero (+5,74%), trascinata all’insù dai
titoli bancari. Londra, salita dell’1,80%, ritocca a sua volta il record
storico mentre Parigi e Francoforte (+3,09% e +1,89% rispettivamente) si
allineano in questo ottimismo nel quale si è inserita nell’ultimo trimestre
anche la Svizzera che chiude la settimana con un incremento dell’1,69%. L’indice
Eurostoxx 50 dei primari titoli europei, infine, registra un incremento del 3,01%.
La settimana uscente lascia anche qualche ombra
dietro di sé; i Bric, all’incontrario, chiudono con segno negativo, la Russia a
-1,84% e le borse cinesi di Shangai (-1,08%)
e Hong Kong (-1,72%) mentre quella indiana chiude a -0,21% e la borsa brasiliana
resta praticamente ferma (+0,03%). La spiegazione va ricercata nella prevista maggiore
forza del dollaro, sulle attese di un rialzo dei tassi, che rischia di
provocare la lievitazione dei debiti espressi nella valuta statunitense.
LA
SITUAZIONE DEI PRIMI DUE MESI
Non si può certo dire che l’anno corrente sia
iniziato in sordina. Con la settimana uscente i rialzi sono decisamente
apprezzabili. Il Brasile con la sua crescita a due cifre (+10,71%) tira la
volata ma poco indietro ci sono il Nasdaq, a +9,06%, l’India a +8,28% (prossima
peraltro a ritoccare anch’essa il suo massimo storico), Hong Kong a +7,06% e lo
S&P 500 a +6,44%.
Tra
l’1,86% di Tokyo e la borsa svizzera a +5,48% ci stanno tutti gli altri mercati
del paniere con la sola eccezione della borsa di Mosca che dall’inizio
dell’anno si trova in area negativa (-3,82%) ma se restringiamo la finestra
temporale a un solo mese, la caduta del mercato russo è piuttosto elevata (-7,32%).
La mia opinione è che, dopo un +73% in un anno, gli operatori abbiano preferito
consolidare i guadagni in presenza di una stabilità sostanziale dell’oro nero
che perdura da inizio anno.
LA
SETTIMANA DEI MERCATI OBBLIGAZIONARI
In settimana sono aumentate le attese per un
ritocco dei tassi da parte della Fed americana e l’effetto immediato è stato
quello di portare i rendimenti del decennale Usa al 2,49%, ai massimi da inizio
anno. In Europa il clima più disteso in relazione alle prossime elezioni
francesi e le aumentate probabilità di una vittoria dell’area moderata hanno
raffreddato le tensioni delle scorse settimane che si sono riverberate sui
titoli francesi ed italiani, entrambi in discesa, mentre si evidenzia uno stop nella
corsa al Bund tedesco che raddoppia i rendimenti, dallo 0,18 al 0,36%.
La conseguenza più evidente è il calo dello
spread fra Btp e Bund che passa a 175,60 bp dal precedente 197,60 (22 bp in
meno); i titoli britannici a parità di durata lievitano leggermente portandosi
all’1,18%, rendimenti ben più contenuti dell’1,47% di fine gennaio ma qui il
discorso si complica con le dichiarazioni bellicose della May sugli accordi per
la Brexit. Nei prossimi mesi riteniamo che il braccio di ferro possa entrare in
una fase più critica, con strascichi sia sui rendimenti che sui rapporti di
cambio.
IL
MERCATO VALUTARIO
Cambio di rotta in settimana in campo
valutario, con un’univoca tendenza dell’euro al rafforzamento che rimbalza
sulle quattro principali valute
riportandosi - nei confronti della sterlina e dello yen - sui valori di
un mese fa. Inutile lasciarsi tentare nel fare previsioni, già difficili di per
sé, con un ritocco dei tassi Usa che aleggia nell’aria per il mese di giugno,
se non addirittura immediato. Staremo a vedere.
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