sabato 2 luglio 2016

Laboratorio Swiss & Global - Lezione N. 181 – Consulenza finanziaria e consulenza sportiva


Abbiamo accennato nelle lezioni precedenti a come Schumpeter sull’Economist del 7 maggio 2016 suggerisca che il trionfo di Ranieri avrà conseguenze anche nel mondo della consulenza finanziaria che, per decenni, ha guardato ai grandi dello sport per trarre ispirazione.




 Il confronto tra due stagioni della squadra di calcio del Leicester guidata da due allenatori: Pearson e Ranieri. Fonte: Serie A britannica.

In effetti, ci sono molte analogie tra mondo della finanza comportamentale e mondo dello sport.


La figura mostra il rapporto tra l’allenatore sportivo (la volpe allude al soprannome del Leicester: le volpi) e l’esperto di consulenza che, con il microfono in mano, tiene conferenze e fa formazione in aula. Fonte: Ryder modificata.
Un altro caso famoso di allenatore diventato consulente aziendale è quello di Julio Velasco, il più grande (ex) allenatore di volley azzurro. Per Velasco era cruciale la formazione costante dei giocatori, l’analisi dettagliata delle partite giocate, la comprensione del perché le cose erano andate bene o male e, infine, l’accettazione dell’impossibilità di prevedere tutti gli eventi, pur cercando di non perdere mai il controllo delle circostanze, anche se non preventivamente prese in considerazione. Ancora una volta emerge come cruciale la necessità di non scoraggiarsi di fronte agli insuccessi. Quest’ultimo aspetto va ricordato soprattutto nel caso di Ranieri, che ora ha 64 anni e divenne allenatore del Leicester nel luglio del 2015, quando aveva alle spalle trent’anni di esperienza.
Ranieri non aveva mai raggiunto vittorie eccezionali ed era conosciuto come “l’uomo del quasi”, finito secondo nella Premier League da allenatore della squadra Chelsea. Veniva criticato perché era dubbioso e continuava a provare formazioni diverse, al punto che il suo soprannome era “The Tinkerman” (colui che prova, cambia continuamente, mai soddisfatto). Con il Leicester Ranieri aveva analizzato molti dati e prestazioni del passato così da trovare la formula vincente. I trent’anni di mancati successi, per lo meno di successi clamorosi, gli avevano insegnato la modestia e uno stile duttile ed empatico di rapporti con i suoi calciatori (clienti). Era capace ogni volta di mettersi dai punti di vista dei diversi calciatori. Questo era cruciale perché – per quanto i giocatori non fossero divi costosi, almeno rispetto alle grandi squadre – i calciatori venivano da culture lontane e da storie altrettanto diverse.
C’è infine un altro punto di collegamento tra sport e mondo finanziario. Si pensi che la teoria del portafoglio fu messa a punto nelle sue linee generali negli anni cinquanta da Harry Markowitz, dopo che per decenni c’erano stati consulenti e gestori dei risparmi. Perché così tardi? Semplicemente perché tutti i suoi ingredienti sono contro-intuitivi:
- Il concetto di rischio delle singole componenti, diverso dal rischio complessivo di portafoglio, che non è la somma dei rischi delle sue parti.
- L’asimmetria tra perdite e guadagni, per cui, a parità di valore assoluto, le prime non compensano i secondi.
 - La tendenza a concentrarsi su quello che è andato bene in passato, sottovalutando i tempi lunghi e sopravvalutando la nostra limitata esperienza personale.
- La mancata percezione del confine tra il rischioso, ma misurabile, e l’incerto, del tutto imprevedibile.
Tutti questi temi sono già stati analizzati altrove, mostrando come la teoria di Harry Markowitz si basi su fondamenta del tutto contro-intuitive (Paolo Legrenzi, Sei esercizi facili per allenare la mente, Cortina, 2015, in particolare il capitolo sesto).
Il fraintendimento derivante dal pensare che le cose siano semplici e intuitive, una forma insidiosa di superbia spesso inconsapevole, ci convince che possiamo farcela da soli. Tale illusione ha caratterizzato anche il mondo dello sport.
Che cosa sembra la cosa più semplice del mondo? Correre per un miglio: basta avere buone scarpette e allenarsi molto. Non è così, se andate in cerca di un record. Roger Bannister il 6 maggio del 1954 corse un miglio sul percorso dell’Iffley Road a Oxford. Quando arrivò al traguardo il cronometrista annunciò: “Tre minuti e …”. Il boato della folla coperse l’annuncio del tempo esatto, che era stato di 3 minuti e 59,4 secondi. Nessuno aveva mai corso il miglio in meno di 4 minuti! Roger Bannister era uno studente di medicina a Oxford. Non aveva molto tempo per allenarsi perché voleva eccellere nella ricerca (divenne un importante neurologo dell’università e venne nominato Sir). Però non gli era bastata l’idea che correre un miglio si riducesse a cercare di andare più svelto degli altri.
Egli, da buon studioso quale era, suddivise il miglio in molte porzioni e cronometrò il tempo di ciascuna. Tutti sanno che per correre un miglio non ci si deve sfiancare all’inizio per evitare di scoppiare alla fine. Bannister, tuttavia, non si accontentò dell’ovvio. Divise la corsa in segmenti e andò a misurare i vari tempi di ciascuna porzione e la correlazione tra questi. Se aveva corso molto nelle sezioni A, B, C … che cosa succedeva nelle sezioni X, Y, Z… e viceversa? Trasformò il miglio in una torta ideale, andando a vedere la correlazione tra i tempi delle varie fette riuscendo a stabilire la torta migliore, quella più efficiente: la torta della teoria del portafoglio era diventata la torta del miglio!
La corsa divenne indimenticabile anche perché la radio cronaca era stata fatta dal campione dei 100 metri delle Olimpiadi del 1924, Harold Abrahams, reso celeberrimo dal film Orizzonti di gloria (originale: Chariots of Fire, 1981). Bannnister era un grande dilettante e un vero professore: non tenne segreto il suo metodo che venne ben presto adottato da tutti. Il record durò solo 54 giorni, ma tutti ricordano il suo, e non i record successivi, perché, come lui dichiarò modestamente: “4 è una cifra tonda!” (a Oxford c’è il “Cafe sub-4” sull’Iffley Road).
E’ interessante ricordare la coincidenza storica tale per cui la nozione di utilità soggettiva attesa - il pilastro della teoria delle decisioni - venne pubblicata sempre nel 1954 da Leonard Savage, ponendo i principi e i benchmark per i futuri esperimenti volti a studiare come si comportano le persone in condizioni di rischio (che è poi la premessa per il lavoro di Kahneman sulla differenza tra dolore delle perdite e soddisfazione dei guadagni, di cui si è già parlato).
Il fraintendimento derivante dal pensare che le cose siano semplici e intuitive, recentemente, in occasione della campagna presidenziale USA, si è ripresentato in nuova forma. Ricordate quante volte vi ho parlato dell’illusione monetaria, quel meccanismo tale per cui i risparmiatori erano più contenti di un titolo governativo decennale che rendeva il 18% a fonte di un 18% di inflazione rispetto a un titolo odierno, che rende l’1% in assenza di inflazione? Ebbene, l’illusione monetaria fa brutti scherzi anche in altri ambiti!
Nel dibattito presidenziale USA, come dicevo, si sente spesso dire che i salari più bassi, quelli dei lavori dipendenti non qualificati (coloro cioè che non supervisionano i lavori altrui: Nonsupervisory Workers) non sono saliti in questo nuovo secolo a differenza degli ultimi decenni del precedente. Ebbene, questa è un’affermazione falsa se si guardano gli incrementi deflazionati. Siccome però tutti osservano gli incrementi nominali, in parallelo a un’inflazione bassissima, si ha questa impressione, e non, come mostra la figura, quella corrispondente all’incremento reale che, dal 2000 al 2010, è stato il più alto rispetto ai quattro decenni precedenti. In altre parole, effettivamente i lavoratori hanno la percezione di salari che salgono meno che nei decenni precedenti. Questo perché allora c’era forte inflazione e tutti tendono a valutare il proprio benessere facendo riferimento ai prezzi nominali, quelli di cui hanno esperienza tutti i giorni e, quindi, vengono memorizzati come metro di misura.

La figura mostra l’incremento reale dei salari dei dipendenti che non supervisionano i lavori altrui nell’ultimo mezzo secolo. Fonte: Bloomberg modificata.

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