domenica 3 luglio 2016

BORSE MONDIALI – GRAN BRETAGNA, L’AUTONOMIA PAGA?



La Gran Bretagna prende le distanze dall’Europa e le conseguenze ormai le conoscono tutti: il Fondo Monetario Internazionale ne stima il calo del prodotto interno lordo nella misura del -1,5% a breve e in 2/3 anni del 6% mentre le conseguenze sul prodotto lordo mondiale sono
stimane in un -0,5%, apparentemente poco ma con i tempi che corrono si tratta di un rallentamento sensibile. La sterlina, rispetto all’euro, lascia sul terreno il 14% da inizio anno.

Se fossi un astronauta che torna sulla terra e nel corso della mia navigazione spaziale avessi sentito queste notizie mi sarei aspettato di trovare, al mio atterraggio - venerdì sera, una borsa londinese piuttosto infiacchita, stremata dagli attacchi speculativi e gli altri mercati a loro volta messi sotto pressione.

E invece, niente di tutto ciò. Il mercato inglese chiude la settimana con un rialzo del 7,15%, migliore borsa del nostro paniere; il fanalino di coda è la borsa indiana che chiude a +0,53% mentre gli altri mercati marcano rialzi racchiusi tra il +2,28% ed il 4,89%.

Eppure in queste settimane sono emersi problemi piuttosto seri come, ad esempio, quello delle banche italiane che registrano perdite cospicue da inizio anno, vedi Banca Intesa (-41,54%), Ubi (-60,10%), Unicredit (-61,64%), Monte dei Paschi (-69,22%) a cui si aggiungono le tristi vicende di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca. Ma non si ferma qui il problema: Deutsche Bank, una delle maggiori banche europee, per di più tedesca, che nel 2007 valeva oltre 106 Euro ora quota a 12,56.

Una spiegazione la si trova sempre. 


Certamente l'attuale situazione non ha le stesse caratteristiche di quella del 2008 e non ci trova impreparati, se non addirittura sprovveduti come fu allora. Di problemi sul tappeto ce ne stanno parecchi, e molto gravi, come quello della leva finanziaria nel sistema (soprattutto in Cina), l’abnorme livello delle quotazioni dei bond a lungo termine, la trappola dei tassi negativi e della liquidità, la debolissima crescita globale perennemente a rischio ecc, ma - diversamente da allora - le Banche Centrali, sotto l’urgenza di prevenire una nuova crisi sistemica, sembrano aver  trovato coesione e credibilità, dando modo alla Yellen di procrastinare a tempi migliori l’aumento dei tassi con il conseguente alleggerimento della pressione sul debito dei paesi emergenti.

Il temuto risultato elettorale spagnolo si è afflosciato da solo con l’arretramento di Podemos e gli operatori danno per scontato un intervento di quantitative easing da parte della Bank of England.

I mercati, dunque, non hanno fatto altro che prezzare tutto questo, come confermano le chiusure settimanali. Una visione di breve, certamente, ma con l’economia e la finanza in mano a decisori politici tanto basta per ricavarne qualche profitto immediato. Del doman non v’è certezza  …


OPERATIVAMENTE PARLANDO …

Non possiamo però pensare che tutto ciò sia sostenibile a lungo senza una robusta crescita dell’economia reale e l’avvio di un percorso che conduca alla sistemazione degli importanti nodi da sciogliere sui quali, l’abbiamo ben ribadito la scorsa settimana, gravano anche le pressioni politiche sulla sopravvivenza o meno della Comunità Europea, almeno come la conosciamo ora, e la continuità dell’utilizzo dell’euro - ossia di una moneta unica - che resta un progetto compiuto solo in parte. A questo proposito invito alla lettura dell’articolo “Così l’euro può sparire” che potete trovare sull’Espresso in edicola questa settimana, a cura di Luca Piana.

Situazioni di avversione al rischio e trasferimenti di capitali in altri asset più cautelativi devono essere ben tenuti presenti e messi in preventivo, soprattutto nei mesi estivi, tradizionalmente deboli sul lato della domanda in particolar modo di quella degli investitori privati.



Chiudiamo con il grafico delle performance mensili su cui spicca il positivo risultato della borsa britannica; se fate attenzione,  tra i mercati positivi  non ce n’è uno solo riferibile alla Comunità Europea, fatto che si potrebbe racchiudere in una provocatoria battuta: “Non è che magari siano i britannici ad aver ragione?”. Cari signori di Bruxelles, fate che questa resti solo un’amena spiritosaggine ma fate presto, grazie.




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