DALL’INCERTEZZA AL “TRUMPISMO”?
La scorsa settimana
avevamo usato l’espressione “incertezza” per sintetizzare lo scenario che la
vittoria di Trump andava delineando.
A distanza di una
sola settimana si va ad aggiungere il termine “Trumpismo” con cui si intende
inquadrare, non solo la linea politica ed economica con cui si caratterizzerà
il mandato del magnate newyorkese, ma ingloba anche filosofie e stili di vita.
Quello che però
interessa ai mercati è capire come l’ormai uomo-più-potente-del-mondo
condizionerà l’economia del proprio paese e, dato che stiamo parlando della
principale economia mondiale, dell’intero pianeta al fine di indirizzare gli
investimenti nella giusta direzione ma pur sempre all’interno di un range di
rischiosità accettabile.
In questi primi
giorni Trump sta decidendo la squadra dei suoi più stretti collaboratori e sono
già stati individuati tre personaggi chiave; si tratta di Mike Flynn, per la
sicurezza nazionale, Jeff Sessions, per la poltrona di ministro della giustizia
e Mike Pompeo, destinato alla guida della Cia. Il quarto uomo dato per sicuro
candidato a qualche incarico di primaria importanza è l’ex- sindaco di New York,
Rudolph Giuliani.
La personalità e le
idee, ben note, di questi personaggi di spicco ci tolgono qualche incertezza; sono
tutti contrari all’immigrazione, all’Islam (non solo ai Jihadisti), ai patti
Nato, a quelli con l’Iran, agli accordi economici internazionali, sono ostili
all’attuale governatore della Fed, alla signora Yellen, hanno legami di
simpatia (diciamo così) per Putin, Farage, Le Pen, ecc.
E noi che l’avevano
definita semplicemente incertezza. Se le due camere, entrambe a guida
repubblicana, non sapranno limitare e contenere il Trumpismo ci troveremo fra
le mani una serie di conflittualità a vario livello che non lasciano presagire
nulla di buono. Ciò detto, va anche sottolineato che alcune possibili
iniziative che Trump ha annunciato possano assolutamente condivisibili, una su
tutte l’attenuazione della pressione fiscale sui cittadini statunitensi.
LA SETTIMANA DEI MERCATI
Vediamo comunque i
risultati della settimana testé conclusa:
A parte l’Italia -
alle prese con il problema banche e la tornata elettorale del 4 dicembre
prossimo, relegata a maglia nera per l’ennesima settimana (-3,25%) e peggior
mercato azionario da inizio anno - e l’India con una settimana in discesa del
2,49% nessun altro mercato ha registrato cadute importanti. Negatività molto
contenute, racchiuse tra il -0,03% della Germania e il -0,83% di Hong Kong per
gli altri mercati (i rimanenti due indici con segno meno sono Shangai (-0,10%)
e l’Eurostoxx 50 a -0,30%). Tutto il resto del paniere è in apprezzamento
partendo dal mercato elvetico a +0,31% per chiudere con Tokio che cresce del
+3,41%. Va sottolineato che in positivo chiudono anche i due indici
statunitensi e uno di questi, il Nasdaq, tocca il suo massimo storico.
Molta volatilità si
è registrata sui rendimenti dei titoli
pubblici, in particolar modo su quelli italiani, con lo spread fra Btp e Bund
tedesco in salita a 181,30, per un rendimento del decennale italiano pari a
2,10%, livello che non si raggiungeva dal luglio dello scorso anno. Anche il
dollaro si apprezza sull’euro portandosi a 1,0585, livello mai più toccato da
dicembre dello scorso anno.
Almeno sul breve i
mercati sembrano confidenti sul cambio di poltrone alla Casa Bianca e iniziano
a scontare benefici per le attività finanziarie made in Usa; prime avvisaglie
di volatilità o semplicemente qualche cartuccia sparata prima delle decisioni
sui tassi da parte della Fed? Non è ancora dato saperlo, ma in una situazione
di incertezza stare alla finestra può rivelarsi la migliore delle strategie.
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