sabato 5 novembre 2016

MERCATI AZIONARI MONDIALI: OSSERVATORIO DEL 4/11/2016


DUE QUESTIONI SU CUI  RIFLETTERE

Mi è capitato più volte, dal rientro dalle vacanze ad ora, di aver discusso – con clienti e colleghi – della situazione dei mercati trovandomi sovente nello scomodo ruolo di “frenatore”, ossia di colui che invita il proprio interlocutore ad assumere un atteggiamento prudenziale
nei confronti dei mercati finanziari per tutta una serie di ragioni che ho espresso nei vari report settimanali pubblicati sul blog e che i lettori ben conoscono.

Siamo ormai a una manciata di ore dalle elezioni americane e l’attenzione di tutti è rivolta principalmente a questo evento e all’incertezza che lo caratterizza. Chi vincerà, Hillary o Donald? Nessuno può ancora dirlo, siamo al 50% delle probabilità, esattamente come a maggio quando toccò ai sudditi della corona britannica andare alle urne per decidere se restare o no nella comunità europea.

Da quell’evento abbiamo tratto una bella lezione: mai scommettere sulla scorta delle nostre convinzioni quando le probabilità di successo sono equivalenti a quelle del lancio di una monetina. Il rischio di farsi male è molto elevato. Ma gli appuntamenti elettorali non si esauriranno martedì prossimo. A dicembre saranno gli elettori italiani a doversi pronunciare sulla modifica della nostra Costituzione e anche qui – ad oggi – siamo in presenza di un esito quanto mai incerto e in gioco c‘è anche la tenuta del sistema bancario italiano.

Leggo oggi su “Il Sole 24 Ore” che la maggioranza dei miei colleghi teme la volatilità ma invita la loro clientela a mantenere inalterati i portafogli di investimento (indagine che ha coinvolto ben 19mila operatori finanziari, dunque ben rappresentativa e statisticamente affidabile).

La lezione di maggio è servita, dunque, ma nutro delle perplessità su due argomenti. La prima mi porta a riflettere sulla questione se i portafogli della clientela sono stati in questi mesi riallocati (oppure no) sulla scorta delle modificazioni intervenute o previste in ambito politico e macroeconomico e la seconda riflessione verte sul fatto che i due eventi elettorali, su cui sono puntati i riflettori, non rappresentino che una parte dei rischi incombenti che dovremo affrontare.

COSA E’ SUCCESSO SUI MERCATI?

Prima di entrare nel merito di queste personali considerazioni vediamo rapidamente se i suggerimenti di questi ultimi due mesi, di essere cauti nell’approccio all’investimento, erano sensati oppure no.


La settimana appena trascorsa è stata effettivamente turbolenta, come vediamo dal quadro grafico di seguito riportato:
E’ piuttosto evidente che l’avversione al rischio ha imperato in questa settimana. Tranne la borsa cinese che chiude con un modesto rialzo dello 0,68% in tutti gli altri mercati la pressione dei venditori si è fatta ampiamente sentire; l’85% del nostro paniere ha registrato cali di valore racchiusi in una forchetta che va dal -2,12% della borsa moscovita alla forte sbandata di Piazza Affari che chiude a -5,80%.

Questi dati non sono però scaturiti dalla fibrillazione estemporanea di chi si accorge improvvisamente della rimonta di Trump o del fatto che i due contendenti alla poltrona di comando della più forte potenza economica del pianeta, fra violente polemiche, colpi bassi e menzogne di ogni tipo, stanno minando alla radice una fra le più apprezzate democrazie del mondo ma addirittura stanno compromettendo la stessa compattezza dei loro rispettivi partiti.

Vediamo i risultati delle ultime quattro settimane:

E’ evidente che il disagio già serpeggiava fra gli operatori e l’impennata di incertezza della scorsa settimana ha solo accelerato le spinte degli investitori alla ricerca di minore rischiosità.

QUALE RISPOSTA ALLE DUE QUESTIONI?

Torniamo dunque alla prima riflessione; se i portafogli sono stati mantenuti tali e quali in tutti questi mesi significa che l’atteggiamento dei risparmiatori italiani si è trasformato mediante l’acquisizione di una rinnovata maturità tale da consentire loro di poter pesare con responsabilità e consapevolezza il raggiungimento di obiettivi di investimento quale fattore prevalente rispetto ai timori e ai malesseri provocati dalle oscillazioni, più o meno marcate, di breve periodo. Se così fosse, ciò rappresenterebbe un grande salto di qualità nel rapporto fra clienti e consulenti che ha storicamente rappresentato un notevole ostacolo per la corretta allocazione delle risorse finanziarie.

Se così non fosse, allora potrebbe essere in atto una sottovalutazione dei potenziali fattori di crisi all’orizzonte, ossia quei fattori di cui parlavo in premessa e di cui si intravvedono i primi segnali.

Il primo fattore di potenziale crisi è quello del rialzo dei tassi. Tutti gli operatori danno ormai per certo un modesto ritocco da parte della Fed entro la fine dell’anno lasciando le porte aperte a qualsiasi congettura sulle mosse per l’anno seguente dato che le future mosse saranno subordinate da una parte alla situazione dell’economia reale statunitense e dall’altra alle manovre che Il futuro presidente Usa attuerà sul fronte fiscale.

I tassi sono la chiave di tutto perché incidono sia sull’andamento dei mercati azionari che su quelli obbligazionari. L’incertezza di questo periodo, infatti, si è fatta sentire anche sui rendimenti dei titoli, praticamente in rialzo ovunque, e ciò comporta notevoli pericoli dato che su questo fronte siamo in presenza di una bolla che potremmo definire epocale.

Un effetto l’abbiamo già visto sui Btp italiani, colpiti da ondate di vendite in questi giorni con lo spread (da quanto non se ne sentiva parlare !!!) sul Bund tedesco volato a 162 bp a fine settimana. Se prendiamo a riferimento la metà di agosto, periodo in cui il Btp registrava il suo rendimento minimo del 2016, ci accorgiamo che lo spread da allora è cresciuto di oltre il 40% e che rispetto al differenziale con la Spagna abbiamo perso valore, passando da un gap di 20 bp a favore del Btp ad uno negativo di 49 bp.

Sono termini tecnici che traduco dicendo semplicemente che il rischio Italia è tornato ad emergere. A dicembre sapremo quale darà il prezzo da pagare se dall’estero ci attribuiranno l’etichetta di un paese immobile piuttosto che quella di una nazione che vuole tornare a camminare.

E veniamo all’ultimo punto. Stretti fra i bassissimi (se non addirittura negativi) tassi da una parte e la fame dei risparmiatori di rendimenti “a prescindere” dall’altra, i gestori hanno immesso rischio a dosi crescenti nei portafogli per tentare di salvare capra e cavoli (il mantenimento delle masse sotto gestione e il rendimento per i loro clienti). In un simile contesto iniziano a squillare, per ora timidamente, i primi campanelli d’allarme soprattutto sul fronte della liquidità del mercato obbligazionario. Se dovesse iniziare una fase di recupero degli investimenti, i gestori si troverebbero costretti, esattamente come nel 2008 con la vicenda Lehman Brothers, a tenere forzatamente in portafoglio asset illiquidi e a disfarsi di quelli più facilmente vendibili. Ne conseguirebbe, considerata la struttura del mercato e i volumi molto più elevati rispetto alla precedente crisi, un notevole crollo dei prezzi dei titoli e del valore delle quote dei fondi.

Il lato “comico” (si fa per dire) della questione è che i risparmiatori maggiormente danneggiati sarebbero proprio quelli più prudenti. Paradossale, ma vero.

Per chiudere, tralasciando ulteriori disquisizioni su altri punti critici già noti ai lettori, è lecito pertanto chiedersi se i risparmiatori italiani siano veramente così tanto maturi da restare sereni anche nel bel mezzo di una nuova tempesta finanziaria oppure se siamo in presenza di una sottovalutazione della criticità della situazione.

Ben diversa è infatti la posizione di coloro che hanno saputo ridurre l’appetito per il rischio in anticipo rispetto alle turbolenze rispetto a coloro che ne potrebbero subire passivamente gli effetti, siano essi di natura economica che emotiva. Ecco le ragioni della mia perplessità; siamo di fronte a risparmiatori ormai maturi e consapevoli o a risparmiatori semplicemente passivi rispetto a una situazione delicata e potenzialmente rischiosa?

Qualcuno si chiederà a questo punto che cosa io abbia suggerito ai miei clienti in questi mesi; la risposta è molto semplice e facilmente intuibile: prudenza, buon senso e coerenza con i propri obiettivi. Per tempo, naturalmente.

Come si applica questa ricetta? Per prima cosa si devono saper valutare e quantificare i rischi; dopodiché si evita accuratamente di assumersi quelli che non presentano un rapporto rischio/rendimento favorevole. Tutto ciò va inserito nel contesto familiare di ogni singolo cliente e rapportato alle loro specifiche esigenze, ai loro obiettivi e orizzonti temporali, ai loro diversi gradi di emotività ed avere a disposizione tanta tecnologia per l’elaborazione di tutto ciò.

Semplice o solo apparentemente tale?

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