Ci siamo lasciati,
la scorsa settimana, con l’invito, da parte mia, a non lasciarsi sedurre dai
buoni risultati semestrali del comparto azionario. Il mio invito esplicito fu
quello di verificare
con i propri esperti la rischiosità dei propri asset
finanziari per evitare di incorrere in possibili, quanto indesiderate, brutte
sorprese.
Nulla di realmente
preoccupante è accaduto durante la settimana scorsa ma qualche segnale di
perplessità si è insinuato nell’operatività degli investitori professionali ed
ora ci si sta chiedendo se il trend positivo potrà proseguire oppure se ci
troveremo di fronte ad una battuta d’arresto.
Qualche anomalia
c’è sui mercati. Davvero. Vediamo qualche esempio.
Da questo mese, per
coloro che non lo sapessero ancora, in Germania i correntisti della Raiffeisenbank Gmund, un piccolo istituto di credito, si
vedranno applicare un tasso di interesse negativo, ossia dovranno pagare un
compenso dello 0,40% per i depositi superiori ai 100.000 Euro. Un caso limite,
senza dubbio, ma che si aggiunge ad altri “strani” segnali.
Prendiamo ad esempio il governativo tedesco a
2 anni; oggi “rende” circa -0,67% quando lasciando i soldi depositati presso la
BCE, emittente per definizione migliore anche della Germania, si perderebbe
“solo” lo 0,40%. Di più: se fino a qualche mese fa erano solo i governativi ad
essere oggetto di acquisti in apparenza autolesionistici da parte degli
investitori che accettano rendimenti negativi, da giugno anche il mondo
corporate sta risentendo dell'intervento diretto della BCE. La Henkel (rating
S&P “A”) e la Sanofi (rating S&P: “AA-“) sono aziende che hanno appena
approfittato della situazione per emettere delle obbligazioni a tasso zero.
Attualmente queste rendono rispettivamente -0,05% a 4 anni e -0,08% a 5.
Ma per quale motivo un investitore dovrebbe
pagare per vedersi garantita una perdita? A maggior ragione perché non dare i
propri soldi ad un emittente governativo ma ad un'azienda?
Per un investitore
professionale le ragioni ci stanno, dato che questo strano gioco fa parte delle
strategie di trading ma ciò vale solo per gli investitori professionali che
possono utilizzare strumenti a copertura e variare rapidissimamente gli asset.
Questo giochino rischia invece di mettere seriamente in pericolo il capitale,
duramente accumulato, di un investitore privato.
Siamo ben consci
che questa situazione è a dir poco anormale, intendendo per anormale qualcosa
che non rientra nelle esperienze passate degli investitori privati? Questa
anormalità, andando direttamente alle conclusioni senza dover fare una lunga
disquisizione sulle relazioni che sottostanno ai mercati e agli strumenti
finanziari, ha provocato infatti una situazione estremamente delicata.
L’abbattimento dei
tassi di interesse a questi livelli ha indotto i risparmiatori a cercare
rendimento ad ogni costo, senza valutare
la rischiosità che ci si va ad assumere per il suo ottenimento.
In questi anni la
qualità del portafoglio obbligazionario è andata progressivamente degradando
(aumenta il rischio di insolvenza e pesanti cadute dei valori) e si è inserita
nei portafogli una quota più elevata di asset azionari, per loro stessa natura
molto più volatili, soprattutto nel breve termine. In assenza pertanto di una
consapevole misura del rischio assunto si rischia – come nel caso di colui che
afferra la pentola sul fuoco senza la protezione di un guanto termico – di
prendersi una gran bella scottata di mani (o di portafoglio).
Spesso queste
modifiche strutturali non sono nemmeno note agli investitori in quanto
apportate direttamente dai gestori dei prodotti sottoscritti, e spesso i
risparmiatori sono indotti all’acquisto dalle aspettative di un rendimento
atteso (talora fasullo) dichiarato magari con grande enfasi dallo sportellista
della banca o dal proprio consulente.
I motivi per cui si
è arrivati a tutto ciò sono molto chiari agli addetti ai lavori, forse un po’
meno per gli investitori privati; al fine di impedire alla crisi globale di produrre
i devastanti effetti degli anni ’30 del secolo scorso le autorità monetarie
hanno usato (o abusato?) massicciamente immissioni di liquidità nel sistema
convinti di riuscire nell’intento in tempi relativamente brevi ma ciò non è
accaduto e non c’è sentore che accada a breve. Purtroppo gli effetti distorsivi
sono sotto i nostri occhi e, dato che ogni pasto in economia ha un prezzo,
prima o poi arriverà il conto da pagare.
Siamo di fronte a
cambiamenti epocali e ciò comporterà indubbie conseguenze anche sull’approccio
all’investimento e sulla composizione e l’utilizzo degli strumenti finanziari.
Il semplice acquisto e la conseguente detenzione degli strumenti è ormai gioco
fuori dalla portata del classico investitore “fai da te”. Di conseguenza l’approccio
non potrà che essere personalizzato e consapevole, tanto che fra alcuni mesi
entreranno in vigore nuove norme a tutela degli investitori che non tutti gli
operatori sapranno o vorranno applicare con celerità; il salto di qualità
richiesto dal legislatore necessita di un elevato grado di preparazione degli
addetti ai lavori e un cambio di mentalità a 360 gradi, fattori che necessitano
di molto tempo per essere messi in pratica.
L’importante è
stare attenti a non toccare incautamente la padella e iniziare un utile
processo informativo che porti ciascun risparmiatore ad avere accanto un
partner preparato e scevro da conflitti di interesse. Resto a disposizione per
qualsivoglia approfondimento in merito.
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