Si è concluso un trimestre piuttosto difficile per i
mercati, soprattutto per quelli azionari, caduti ininterrottamente da inizio
anno fino alla metà di febbraio a cui ha fatto seguito una fase di ripresa
durata fino alla terza settimana di marzo.
Nelle due settimane successive, appena concluse, c’è
stato uno stop al recupero e i mercati hanno relativamente ripiegato. Fatta
eccezione per
Brasile, Russia e USA (indice S&P 500), che hanno più che
recuperato i valori iniziali, tutti gli altri mercati restano al palo, con il
nostro indice FTSE-Mib maglia nera tra quelli sotto osservazione.
La situazione resta piuttosto incerta anche se:
- gli ultimi dati macroeconomici pubblicati negli Stati Uniti non risultano così negativi;
- gli indici anticipatori evidenziano una minore probabilità di recessione globale rispetto a inizio anno;
- in Cina i dati sembrano migliori di quanto ci si potesse attendere il che significa che il governo cinese sta reagendo alle turbolenze dei mesi scorsi (fermi restando i dubbi sulla cosnistenza della crescita);
- il prezzo del greggio è lievitato di quanto basta per tirare un (momentaneo) respiro di sollievo.
Per
quanto concerne l’Europa, l’introduzione del “bail-in” ha inaugurato una stagione non facile per il mondo
bancario, alle prese di fatto con richieste sempre più stringenti sui requisiti
di solidità patrimoniale. Gli impatti di questa rivoluzione sono amplificati
dal protrarsi della condizione di tassi eccezionalmente bassi, con la relativa
riduzione dei margini di intermediazione e, dopo anni di allarmi sinora sempre
rientrati, ora i rischi occupazionali nel settore sono concreti.
Con legami sempre più distanti dall’economia reale
la fragilità del mercato finanziario è ancor più evidente e le opportunità di
diversificazione reale e non apparente sono sempre più rare.
Di conseguenza, stante una redditività attesa dei
bond di qualità sostanzialmente nulla o negativa, non resta che tenere alta la
guardia e mantenere un forte controllo della rischiosità degli asset. Se il
peggio sembra essere alle nostre spalle l’elevato numero delle variabili
potenzialmente negative non va assolutamente sottovalutato in un’ottica di
conservazione del patrimonio.
Le banche centrali si sono giustamente attivate nel
tentativo di creare le condizioni per migliorare lo sviluppo ma la mancanza (ad
oggi) di sostanziose riforme lascia aperta la porta a rischi sistemici
purtroppo ancora incombenti. Nel prossimo articolo toccheremo questo
argomento.
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