Secondo
esercizio del nostro breviario volto a far diminuire o svanire le paure: provate a confrontare quello che si pensava
erroneamente che fosse sicuro (cfr. I Soldi in Testa – Lezione n. 125), con
quello che è stato effettivamente sicuro, come un investimento in un qualsiasi
prodotto multi asset, quindi ben diversificato (discuto a lungo questo caso nel
capitolo 6 del mio saggio “Sei esercizi facili per allenare la mente”, appena
uscito, Raffaello Cortina Editore).
Esaminando un qualsiasi
prodotto multi asset, è facile mostrare che l’investimento immobiliare,
prevalente nel portafoglio degli italiani, era “pericoloso” e, alla fine del
decennio, è risultato dannoso. E tuttavia questo pericolo, per lungo tempo, non
è stato percepito. Come mai? Per un motivo molto semplice. Delle case, via via
che scendevano di valore, non si conoscevano i prezzi. Al contrario, un
qualsiasi prodotto multi asset, per quanto costante nella crescita, presenta
delle piccole oscillazioni. E queste variazioni sono percepibili ogni giorno.
Quando poi ci si è accorti del divario tra pericolo e paura – di cui si è già
parlato - in molti casi era ormai troppo tardi per porvi rimedio. Viceversa i
recenti forti afflussi di denaro sul “mobiliare”, e soprattutto sui fondi multi
asset, stanno oggi avvenendo quando questi sono ormai molto cresciuti di
valore. Questo esercizio, se fatto a un cliente, dovrebbe essere molto
convincente in relazione al difetto di tempismo nel provare paure (e euforie),
e alla necessità di avere un consulente che non sia così in balia delle
emozioni, soprattutto della paura.
Purtroppo la paura non
viene fugata dai dati e dai ragionamenti, perché è prima di tutto un’emozione.
E le emozioni come la paura ci impediscono di ragionare, ci bloccano
temporaneamente il cervello. Le convinzioni raggiunte tramite i confronti
razionali ci frenano nell’ammettere che abbiamo comunque paura. E tuttavia per
arrivare al ragionamento dobbiamo superare la parte del nostro cervello che è
stata, per così dire, inaridita dalla paura. La parte del cervello “secca” è
quella dominata dalla paura, quella “verde”, fiorita, è la parte che ragiona
sui pericoli e sa fare valutazioni a lungo termine.
Fonte: disegno di
Christopher Silas su NYT del 16 marzo 2015, articolo di Benedict Carey
Il buon
consulente deve saper riconoscere nel cliente anche quelle paure che lo stesso
cliente è restio a confessare. Per dare l’idea di questo meccanismo ricorrerò
ancora una volta a un passo di Katherine Mansield:
Beryl scavalcò la bassa finestra, attraversò la veranda e si mise a correre sul prato verso il cancello. L’uomo era davanti a lei. “Bene” dichiarò la voce in un sussurro. “Non è spaventata, vero? Non è spaventata?” aggiunse stuzzicandola. Sì che lo era; adesso che si trovava lì era terrorizzata e tutto le sembrava diverso. La luna la fissava scintillante, le ombre erano come sbarre di ferro. La prese per mano. “Nient’affatto” disse con un filo di voce. “Perché dovrei esserlo?”. (“Tutti i racconti”, Milano, Adelphi 1979, nell’edizione Oscar Mondadori con 4 racconti inediti, 2013, p. 234).
In questo passo la protagonista del racconto improvvisamente non si fida e ha paura, ma non vuole inizialmente ammetterlo perché è insieme attratta e impaurita (come spesso capita ai clienti: vorrebbero e non vorrebbero investire nelle borse …). Ma poi la paura prevale (come capita ai clienti quando “sentono” il pericolo, proprio come nel caso di Beryl). Il problema del consulente è far sì che nel suo cliente non prevalga il riflesso antico, e sia in grado di vincere, o almeno controllare, la paura ed avere fiducia nell’esperto che lo aiuterà a superare la parte “inaridita” del suo cervello.
Altra cosa infine è l’ansia
anticipatoria, generata dal temere che certamente una cosa succederà in futuro.
E tuttavia non sappiamo esattamente quando l’evento temuto avverrà. Tipico caso
è quello della salita dei tassi. Questi ultimi sono così bassi che si è diffusa
la paura che tra poco saliranno. E quando saliranno, anche di poco, per le
obbligazioni saranno dolori. La paura, giorno dopo giorno, a furia di parlarne,
è divenuta tale che gli operatori hanno anticipato la salita, per premunirsi, e
spesso hanno sbagliato perché il rialzo dei tassi ha tardato a venire rispetto
alle loro previsioni e decisioni. Questo “ritardo” emerge dal confronto di
quello che è successo effettivamente con quelli che via via erano tassi
impliciti nei contratti future. Le linee di colore rossiccio nella figura
mettono a confronto le aspettative con quello che è successo dal 2010 ad oggi:
la situazione considerata “eccezionale”, e quindi temporanea, è durata molto
più del previsto.
La figura mostra molto bene
come la paura che un evento accadesse ne abbia fatto anticipare le conseguenze.
Abbiamo visto come la paura veniva tradizionalmente combattuta
dall’italiano medio tenendo i soldi liquidi o comprando i titoli di stato e le
obbligazioni vendute dalle banche. In tutti questi casi si era sicuri che, a
una data futura certa, ci sarebbe stato restituito il nostro capitale insieme
ai rendimenti maturati nel frattempo. Ma oggi questa convinzione, data per
scontata per decenni, ha cominciato a vacillare per il fatto che i rendimenti
sono quasi scomparsi.
Montaigne, su cui
ritorneremo più avanti, da vecchio aveva osservato: “Tutta
la vita mi sono preoccupato di pericoli che non si sono mai verificati”.
Il consulente deve cercare di far sì che il suo cliente – a differenza
dell’italiano medio del nostro passato – presti attenzione alle cose veramente
pericolose e non a quelle paurose. Questo in sostanza è quello che purtroppo è
avvenuto quando l’italiano medio è stato lasciato solo. Quello che invece cerco
di fare con questa serie di lezioni sulla paura è analizzarne le cause, senza
limitarsi a dire che “non bisogna aver paura della paura”. Solo quando abbiamo
capito in dettaglio che “in fondo è tutto più semplice di quel che temiamo”, e
che purtroppo non siamo fatti in modo da temere i veri pericoli, allora avremo
veramente (e finalmente) l’animo in pace.
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