sabato 11 aprile 2015

Laboratorio Swiss & Global - Lezione N. 122 - Punti di svolta e pianificazione finanziaria



Riprendiamo i temi trattati nella lezione precedente in relazione alla pianificazione finanziaria e al punto di svolta toccato dai tassi di interesse.
Osservano Alistair Gray e David Oakley sul Financial Times del 21/22 febbraio 2015 (p. 13):
Gli interessi a zero portano sollievo ai governi indebitati e a chi ha un mutuo ... ma infliggono sofferenze ai fondi pensionistici e al mondo della previdenza … l’industria del settore non ha altra scelta che quella di destinare gran parte dei suoi investimenti servendosi di obbligazioni sicure che non rendono quasi nulla.  Troppa presenza sulle borse, che in questo secolo hanno molto oscillato, potrebbe esporre al rischio le promesse fatte agli assicurati, soprattutto quelle che risalgono a un passato diverso … il problema è particolarmente acuto per le compagnie assicuratrici del continente europeo. Molte hanno a suo tempo offerto polizze a rendimento garantito. Oggi le compagnie tedesche si trovano a dover affrontare impegni previdenziali prefissati a rendimenti del 4%.
Attualmente gli assicuratori europei hanno circa metà del portafoglio in azioni e metà in obbligazioni, ma se le cose continuano così dovranno spostarsi verso investimenti più rischiosi che in passato avrebbero evitato. Come si vede il “punto di svolta” dei mercati in relazione ai tassi ha un forte impatto sull’industria previdenziale europea.
La situazione della previdenza integrativa italiana è “speciale” (eufemismo per non dire che è arretrata) perché non ci sono programmi intensivi di consulenza dentro le aziende, le informazioni fornite dai governi sono assenti o fuorvianti, l’unica forma di assistenza è data dai consulenti che raccolgono i risparmi. Essi si devono confrontare con quanto è emerso da un recente sondaggio:
L’avversione al rischio resta una peculiarità degli italiani. Il 68% degli intervistati non è disposto a correre alcun rischio con il proprio denaro, rispetto alla media europea del 59%. Solo il 25% è interessato a ricercare maggiori guadagni rischiando di più …
Malgrado questa aspirazione “profonda” alla sicurezza, il non voler correre rischi non è coerente con altri comportamenti:

Soltanto il 47% degli italiani ha avviato un piano di risparmio pensionistico rispetto a un 56% a livello europeo … Inoltre solo il 24% pensa che la pensione pubblica potrà far fronte ai propri bisogni pensionistici (Lucilla Incorvati, Plus24 del 28/02/2015, p. 18).
Non stupiamoci delle incoerenze: sono tipiche in questo ambito. Si può al contempo non avere fiducia nelle pensioni pubbliche, ma non avviare un piano per la sicurezza futura, a meno di non essere aiutati (dai consulenti che ci devono sensibilizzare su prospettive lunghe e “punti di svolta”). 

Tali incoerenze mostrano ancora una volta quanto sia indispensabile il ruolo del consulente anche per la pianificazione finanziaria. Siamo di fronte a uno scenario che mostra le inerzie del passato (sicurezza ottenuta con i titoli pubblici e le obbligazioni), ma prospetta anche punti di svolta (pensioni pubbliche insufficienti). In Italia siamo messi peggio che in altri paesi perché ormai ci si rende conto che le pensioni saranno basse, ma, al contempo, c’è poca previdenza integrativa, e i risparmi non sono ben bilanciati. In effetti, il primo fattore da prendere in considerazione, in relazione al futuro e alla sicurezza dei cittadini, è la perniciosa concentrazione dei risparmi su poche possibilità (per questo meccanismo, cfr. Legrenzi, 2015, in corso di stampa). Gli italiani, alla fine  del 2014, nel loro complesso, hanno immobili che valgono poco più di quattromila miliardi. La stima è poco accurata e i valori sono stimati in discesa fino al 2017 da Nomisma e dalla Federazione degli agenti immobiliari professionali (Corriere della Sera, 24-02-2015, p. 36). Malgrado la ricchezza cumulata in passato, le prospettive del paese non sono buone (cfr. Economist, 28/02-6/03-2105, pp. 25-6). Il seguente grafico mostra come l’Italia, sulla base di un complesso di indicatori che ruotano intorno alla crescita nazionale e alle possibilità future di risparmio, non sia messa proprio bene:

Ora sappiamo che gli immobili hanno subito il forte calo dell’ultimo lustro, e questo è un punto di svolta rilevante per i risparmi, come si è detto nella lezione precedente. Inoltre assistiamo alla recente svalutazione dell’euro: ovviamente il valore degli immobili degli italiani è in euro perché non si possono spostare altrove, essendo appunto non-mobili. Inoltre gli italiani, sempre nel loro complesso, hanno risparmi “mobili” per più di quattromila miliardi. La stima è precisa e i risparmi sono in leggera crescita. E’ certo che gli immobili valevano di più, anche se è difficile stimare il valore odierno in modo accurato. In questi ultimi anni è calata la domanda, e sono contemporaneamente aumentate sia l’offerta che le tasse: è diventato meno conveniente affittare una casa per procurarsi una rendita. I poco più di quattro miliardi d’immobili sono caratterizzati da una natura ambigua. Non sono puri risparmi. Spesso le case servono per viverci dentro, per tutto il tempo dell’anno, altre per intervalli (case per le vacanze), altre infine vengono affittate per ottenere un rendimento da capitale. In quest’ultimo caso sono paragonabili ai risparmi mobili (azioni, obbligazioni, e così via). Sta di fatto che, nel complesso, la ricchezza complessiva degli italiani, per la prima volta dal dopo-guerra, scende da anni (cfr. grafico). Questo decremento rende cruciale la questione previdenziale, dato che la ricchezza era detenuta anche come riserva per la vecchiaia.
In questa prospettiva, in Italia, “fino a poco tempo fa si chiedeva di destinare il Tfr verso il fondo pensioni, mentre ora – osserva Agar Brugiavini, esperta del settore e docente all’università Ca’ Foscari di Venezia, su La Stampa del 18-01-15 (p. 9) – spingiamo i lavoratori a spenderlo”. Agar Brugiavini stima che “per una paga di 2mila euro netti al mese si potranno ottenere circa 120 euro in più, pari a un aumento del 5-6%, a fronte di una perdita significativa del Tfr maturando, poiché si perde l’accumulo di risorse … per i più giovani la pensione sarà al 50% dell’ultima retribuzione”. Si tratta di un segnale reso ancor più contradditorio dall’aumento dall’11,5% al 20% della tassazione sui fondi “che sta definitivamente chiudendo la partita della previdenza integrativa”. Insomma, secondo Agar Brugiavini stiamo innescando dei “nudge a rovescio”, cioè dei suggerimenti impliciti rivolti contro gli interessi delle persone coinvolte.
Abbiamo un’insufficiente consapevolezza dei problemi della pianificazione finanziaria, derivante da scarsa trasparenza, oltre che da nudge contro-producenti. Nel caso della coppia immobili/mobili, i risparmiatori, pur aspettandosi una rivalutazione sui tempi lunghi, si trovano di fronte a due situazioni molto diverse in termini di trasparenza percepita (dico percepita perché molti sono così lontani dal prospettarsi il problema che non si pongono neppure il problema della trasparenza, cioè del valore effettivo dei loro beni). Rendimenti e rivalutazione sono chiari e trasparenti, in ogni momento, nel caso dei risparmi “mobili”. Sono invece più opachi per gli immobili. E’ plausibile supporre che molte case sono state tenute e mantenute dai proprietari con la prospettiva che fossero un buon investimento, e non per necessità immediate di avere un tetto sulla testa. Le case probabilmente perderanno ancora valore, ma non c’è molto da fare: trattandosi d’immobili non si possono muovere e trasferire altrove, in paesi che stanno diventando più ricchi, e non più poveri come l’Italia (cfr. grafico). Dato che questo risparmio è stato fatto in chiave quasi-previdenziale, il consulente deve accollarsi anche queste responsabilità legate alla previdenza. Negli ultimi tempi, infatti, la “domanda maggiore che i clienti pongono a consulenti e promotori finanziari è legata alla pianificazione finanziaria dopo il pensionamento (47%) e all’accesso di prodotti che possano offrire un reddito stabile” (Plus, 21-02-1025, p. 9). Un compito fondamentale in questi nuovi scenari è “aiutare i risparmiatori ad avere un maggior controllo sulla propria sicurezza finanziaria e offrire portafogli che possano affrontare l’incertezza dei mercati”. Ancora una volta siamo nel campo della gestione dell’incertezza e questo è un compito dei consulenti e dei promotori finanziari più che dei gestori: questi ultimi gestiscono il rischio, ma sono i consulenti che devono farsi carico dell’incertezza. 
Come osserva Marco Lo Conte è il momento dei promotori e dei consulenti in quanto: “una concorrenza tra strumenti di secondo pilastro realizzerebbe quel consolidamento del sistema che i richiami alle funzioni in passato non hanno realizzato”  (Plus24 del 28-02-15, p. 18). 
Avanti consulenti: tutti i punti di svolta sono a voi favorevoli!


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