domenica 12 aprile 2015

Laboratorio Swiss & Global - Lezione N. 123 - Il breviario anti-panico. Seconda parte



Prima domanda: si può misurare la paura? Ci sono due modi fondamentali per misurare la paura in relazione all’andamento dei risparmi e alle nostre aspettative al riguardo.
Il primo modo consiste nel ricondurre la paura ad alcuni indicatori “oggettivi”, supponendo che la paura sia un meccanismo quasi-razionale che è collegato al pericolo. Questa è la tecnica usata per quantificare il diffuso CNN Money “Fear&Greed index” (che viene riportato ogni sabato da Plus24 del Sole24Ore: cfr., ad esempio, p. 29 di Plus24 del 7-03-2015). 

La procedura è semplice. Si misurano i seguenti indicatori “oggettivi”:
  • slancio delle azioni: rapporto tra il valore di S&P500 e la sua media mobile a 125 giorni;
  • forza dei prezzi azionari: numero di azioni al NYSE ai massimi e ai minimi delle ultime 52 settimane;
  • respiro delle azioni: rapporto tra i volumi delle azioni in rialzo e di quelle in ribasso;
  • volatilità del mercato: indice VIX sulle opzioni dello S&P 500;
  • rapporto tra i rendimenti delle azioni e delle obbligazioni.


Senza entrare nel merito tecnico di questi e di altri indicatori, il limite di base di tale misura “oggettiva” è che essa non tiene conto della “misura psicologica” della paura degli investitori. Questa paura non risulta da una fotografia del mercato in un dato momento, bensì dalla memoria degli investitori e dalle loro aspettative future. C’è un modo semplice di ottenere una misura psicologica di quella paura che deriva dal miscuglio della paura appresa con la paura da immaginazione, miscuglio esaminato nella lezione precedente. Basta domandare agli investitori di dare una stima di quello che farà il mercato azionario da loro più conosciuto di lì a un anno.

Avete quindi un indicatore che risulta dalla differenza tra gli ottimisti, che pensano che tra un anno il mercato salirà di valore, e i pessimisti, che pensano che calerà. Se sottraete la percentuale degli ottimisti da quella dei pessimisti, ottenete un valore che vi indica la paura sentita dalla media degli investitori di quel paese in quel dato momento.

Per solito le cose funzionano così: quando c’è stata una discesa dei valori azionari, i risparmiatori si ricordano di quanto i loro titoli hanno perso, e temono che continuino a perdere (paura da immaginazione). Questa paura, che riflette quello che è avvenuto in passato, e non le aspettative sul futuro, è tanto più elevata quanto più il numero dei pessimisti supera quello degli ottimisti.
Come si vede dalla tabella qui sotto riportata, il momento recente in cui il divario è stato maggiore si è registrato all’inizio del 2009. C’era molta paura sui mercati, i risparmiatori avevano allontanato la fonte della paura vendendo titoli. Di conseguenza, il rapporto prezzo/utili era posizionato molto al di sotto della media storica. Era proprio il momento di comprare se foste stati guidati dal futuro e non dal passato.
Questa paura diffusa e prolungata, che può sfociare nel panico, e in vendite precipitose, è il fattore psicologico che ha creato le condizioni per la robusta crescita che si è poi verificata in questi anni. Quello era il momento di comprare, non di vendere.
Beati coloro che sono stati confortati da un consulente.

La tabella sopra riportata indica la differenza tra ottimisti e pessimisti in un dato momento. Per esempio mostra, nella prima riga, la percentuale di ottimisti (34%) e di pessimisti (39%) nel novembre del 1997 e indica, nella riga subito sotto, quanto era salita la borsa americana un anno dopo, nel novembre del 1998 (19%). Se si passa poi all’ultima riga della tabella, si vede che nel marzo del 2009 il divario tra ottimisti e pessimisti era fortissimo (55% meno 18%). Di conseguenza il rimbalzo nell’anno successivo è stato il più forte della tabella (50%), forte al punto da continuare fino ai primi di marzo 2015, ben sei anni dopo.

Se vogliamo dunque capire come funziona la paura, dobbiamo incrociare i dati oggettivi, e cioè il valore del “Fear Index”, con i dati soggettivi: i primi sono una fotografia del presente, i secondi ci offrono una stima degli effetti della paura, innescata dal passato, sugli scenari futuri. Ma la paura, anche qui come in molti altri scenari (per esempio i viaggi in aereo rispetto a quelli in macchina) non corrisponde al pericolo: il marzo 2009, il momento in cui più si aveva paura, corrispondeva al momento di minor pericolo.
Anche oggi, ai primi di marzo, mentre c’è ottimismo sui mercati per la lunga discesa dei tassi e la forza delle borse, lo stato d’animo degli investitori, paese per paese, non corrisponde ai dati economici del primo trimestre 2015. Questi offrono soprese positive e sorprese negative rispetto alle previsioni degli economisti.
Queste sorprese non corrispondono agli stati d’animo degli investitori, ottimisti negli Stati Uniti e pessimisti in Europa:

Ancora una volta misure oggettive e stati d’animo non coincidono. Insomma, abbiamo bisogno di un esperto che monitori i nostri stati d’animo e le nostre emozioni e ci aiuti a controllarli.

E qui c’è l’ultimo passo del nostro breviario, quando si ha paura si deve avere vicina una persona che ci protegga, facendo svanire o attenuare la paura. Ecco un pezzo del brano citato nella lezione precedente:

Voleva chiamare Lottie e continuare a chiamarla mentre scendeva di corsa le scale fin fuori di casa. Ma quella COSA era proprio dietro di lei, sulla porta, in cima alle scale, in fondo alle scale, nascosta nel corridoio, pronta a saltar fuori dalla porta sul retro. Ma c’era anche Lottie …
Lottie riesce a far svanire la paura della bambina: basta la presenza. Nel caso dei risparmi il consulente è molto più utile: non solo attenua la paura, ma ne evita le conseguenze. Il consulente riesce a far sì che un risparmiatore non prenda decisioni in preda al panico. Nella prossima lezione esamineremo le principali strategie anti-panico utilizzabili dai consulenti.


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