In questi giorni si sta svolgendo il Salone del Risparmio e, nel corso di
una conversazione con Carlo Benetti, ho presentato il mio ultimo libro dedicato
ai consulenti (e ai modi di funzionare della testa dei loro clienti!). Desidero
quindi sospendere per una volta il ciclo delle lezioni sulla pianificazione
finanziaria: tema peraltro di grande attualità che riprenderò più avanti. Mi
dedicherò a una sorta di breviario anti-panico.
Perché parlare di panico e di paura
proprio in un momento in cui i mercati sono prossimi ai massimi, lo spread si è
abbassato, e il “sentiment” degli investitori è più vicino all’euforia che non
al panico? In realtà è proprio questo il momento per parlarne, e vedremo
perché.
Partiamo da quello che è il panico.
Il panico non è altro che una paura prolungata che ci spinge ad agire per
allontanare da noi la fonte della paura (nella fattispecie vendere i titoli
che, nel recente passato, ci hanno fatto soffrire scendendo). Ma come funziona
la paura?
Katherine Mansfield (1888-1923) ci offre
dei bellissimi esempi nei racconti raccolti in “Felicità e altri racconti” (userò qui l’ottima traduzione di Marina
Mascagni nell’edizione Marsilio, 2004).
Abbiamo dei casi di paura pura, senza cause specifiche:
Abbiamo dei casi di paura pura, senza cause specifiche:
v
Paura “pura”: Di soprassalto – molto spaventata – si sveglia. Cos’è
successo? È successo qualcosa di molto spaventoso. No – non è successo niente.
È solo il vento che scuote la casa … (in “Soffia il vento”, op. cit. p. 137). Questa paura pura è il
contraltare della felicità pura, l’altra faccia della medaglia:
v
Felicità
“pura”: Nonostante i suoi trent’anni Bertha Young
aveva ancora momenti come quello in cui le veniva voglia di correre invece di
camminare, di salire e scendere dal marciapiede a passo di danza, di giocare col
cerchio, di lanciare per aria qualcosa e poi riprenderla, o di restare ferma a
ridere di nulla – proprio di nulla. Cosa ci puoi fare se hai trent’anni e,
svoltando l’angolo della strada, vieni sopraffatto, all’improvviso, da un senso
di felicità – di assoluta felicità – come se d’un tratto avessi inghiottito un
pezzo luminoso di quel tardo sole pomeridiano e ti ardesse nel cuore … (Katherine Mansfield, Felicità, op. cit. p.
121).
Questi due tipi di felicità e di
paura qui non sono pertinenti (per quanto interessanti, dato che mostrano che
ci sono forti emozioni di cui ignoriamo l’origine). La paura degli investitori
è quella che segue uno “spavento”. Ancora una volta Katherine Mansfield ci
giunge in soccorso, offrendoci un esempio pregnante della dinamica dello
spavento. È un episodio della vita di una bambina che, da quel momento in
avanti, avrà sempre paura delle formiche rosse.
E si ricordò di quando
Beryl da piccina aveva raccolto dell’uva bianca dalla vite della veranda dietro
alla loro casa in Tasmania ed era stata pizzicata alla gamba da un’enorme
formica rossa. Vide Beryl in un vestitino scozzese coi nastri rossi fermati
sulle spalle strillare così forte da far accorrere metà della strada (Preludio, op. cit. p, 56).
Questo è un esempio di quella che
gli psicologi chiamano “paura appresa”. Beryl non aveva sino
a quel momento paura delle formiche rosse ma, da allora, scanserà i formicai e
allontanerà da sé le formiche temendo che possano pizzicarla.
Una variante della paura appresa è
la “paura
condizionata”: quando si impara che uno stimolo, di per sé non
spiacevole, è spesso seguito da qualcosa di spiacevole. È questo un punto
importante perché la tecnica per far diminuire le varie forme di paura appresa
è il “decondizionamento”. Tornerò più avanti su questa tecnica.
Infine abbiamo le “paure
da immaginazione”. Siamo in un mondo incerto, per meglio dire dal
futuro non certo. Temiamo che da questi scenari futuri, non definiti, possa
provenirci “qualcosa” che ci potrebbe fare del male. Ma questa paura svanisce
quando arriva un angelo custode/consulente.
Ancora una volta in Katherine
Mansfield troviamo una descrizione pregnante di questo stato d’animo:
Mentre stava lì, il
giorno si dileguò e si fece buio. E con il buio si alzò lentamente il vento,
sbuffando e ululando. Le finestre della casa vuota vibrarono, uno
scricchiolio venne dalle pareti e dai pavimenti, un pezzo di ferro divelto sul
tetto sbatteva allo sbando. All’improvviso Kezia rimase ferma, immobile, con
gli occhi sbarrati e le ginocchia strette. Aveva paura. Voleva chiamare Lottie
e continuare a chiamarla mentre scendeva di corsa le scale fin fuori di casa.
Ma quella COSA era proprio dietro di lei, sulla porta, in cima alle scale, in
fondo alle scale, nascosta nel corridoio, pronta a saltar fuori dalla porta sul
retro. Ma c’era anche Lottie alla porta sul retro. “Kezia!” chiamò tutta
contenta. (p. 43,
Preludio, in “Felicità e altri racconti”
di Katherine Mansfield, Edizione Marsilio, 2004, edizione inglese in rete).
Quando abbiamo paura per il futuro
dei nostri risparmi proviamo un sentimento che intreccia la “paura appresa”, in
seguito a spaventi di qualsiasi natura (per esempio forti cali dei nostri
investimenti), con la “paura da immaginazione”, quando pensiamo, temendola
nell’incertezza del presente, a una prospettiva futura negativa (ovvio esempio:
abbiamo una generica paura di un calo di valore dei nostri risparmi). Cruciale,
in questo secondo caso, è la presenza di un “angelo custode”. Non è rilevante
che questa paura sia obiettivamente fondata oppure no: i pericoli hanno dei
fondamenti oggettivi, riconducibili alle frequenze con cui si sono verificati
eventi analoghi in passato, le paure sono stati d’animo e non hanno
necessariamente a che fare con i pericoli reali. Se si affronta il tema della
paura pensando che le persone abbiano paura dei pericoli, si entra in un vicolo
cieco e non si capisce nulla della questione.
Le paure hanno una loro logica, per
quanto questa sia scissa dalla nozione di pericolo. Per esempio, potremmo
pensare, nel caso dei risparmi, che la gioia derivante da un auspicato loro
incremento di valore sia equivalente alla paura suscitata da un loro decremento
della stessa entità. Purtroppo le cose non stanno così: la paura prevale su
piacere, a parità di variazione percentuale dei nostri averi. Esamineremo
questo punto nella prossima lezione mostrando come l’intreccio tra la paura
“immaginata” e quella “da spavento” ci possa portare fuori strada o, meglio, ci
faccia sbagliare i tempi delle nostre decisioni. Solo l’aiuto di un
consulente può salvarci da questi errori che inevitabilmente e fatalmente
compiamo. Non solo: tendiamo a ripeterli, senza riuscire a imparare. Lo vedremo
meglio nella prossima lezione.
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