giovedì 10 gennaio 2013

Laboratorio Swiss & Global - Lezione N. 17 – Sui tempi lunghi si ritorna alla media


Sta per iniziare un nuovo anno ed è quindi la buona occasione per cercare di esaminare non in termini ultra secolari, ma per periodi più corti la media dei rendimenti delle varie borse mondiali. I rendimenti sui tempi lunghi possono essere un inganno. Come ricorda David Dreman in Contrarian Investment Strategis. The Psycological Egde (Free Press, 2012): “La storia dei mercati ci fornisce continui esempi della credenza illusoria che le deviazioni dalla norma siano la nuova norma. Gli investitori, a metà del 1982, pensavano che le azioni non fossero più un buon investimento e Business Week fece un numero speciale intitolato “La morte delle azioni” (il valore del Dow era allora inferiore a quello del 1965). Da allora al 1987 il valore del Dow era quadruplicato. Alla fine del 1990, l’opinione corrente era che i mercati “orso” fossero cosa del passato perché la Fed aveva imparato a padroneggiare il ciclo economico” (p. 72).
In realtà le medie sui tempi molto lunghi sono indicative proprio del fatto che, prima o poi, si ritorna alla media, secondo il noto principio della “regressione verso la media”, che vale non solo in borsa ma anche nelle prestazioni degli sportivi (Cfr. T.J. Moskowitz, J. Wertheim, Scorecasting, Crown Archetipe, 2011). Se è vero che sui tempi lunghi si ritorna alle medie storiche, è anche vero che per gli investitori e il loro mondo questi tempi sono troppo lunghi. E allora si è tentati, ogni volta, dal pensiero che il mondo è cambiato, e si escogitano teorie e spiegazioni per render conto di questo cambiamento. La regressione verso la media è un meccanismo anti-intuitivo e David Dreman è più duro: “Dato che gli esperti dei mercati non conoscono i principi della regressione più di quanto non li conosca l’uomo comune, ogni volta si inventano teorie spurie per spiegare gli scostamenti dalla media, nel bene e nel male” (p. 73, op cit.).

Torniamo così alla nostra media sui 110 anni. Si badi bene che la graduatoria relativa ai rendimenti delle borse nei vari paesi su un arco di 110 anni non è più che tanto influenzata dal fatto che il metro di misura utilizzato per tutti i paesi è il dollaro, contrariamente a opinioni diffuse e basate sulle esperienze personali (sempre su intervalli non abbastanza lunghi). Se confrontiamo, in Fig. 3, i rendimenti reali nella valuta locale e in dollari, le differenze su un arco di tempo di 111 anni sono minime. La graduatoria continua ad avere a un estremo l’Australia e, all’altro, l’Italia, fanalino di coda.


Ovviamente 111 anni sembrano un’era biblica rispetto alle comuni esigenze, calcoli, speranze, emozioni di un risparmiatore medio. E, in effetti, lo sono, e , per capire un po’ di più, è bene cominciare a segmentare il periodo. Facciamo una cosa semplice. Spacchiamo il secolo scorso in due. Tormentata è stata la prima metà, dal 1990 al 1945: due guerre mondiali, una depressione in mezzo, timore del comunismo ed inizio della guerra fredda. Insomma, per un motivo o per l’altro, il rendimento medio delle azioni Usa è stato del 3,4% in termini reali. Nel mezzo secolo successivo abbiamo avuto altri timori: crisi di Cuba, guerra fredda, terzo conflitto mondiale, diffusione delle atomiche.
Per fortuna, nessuno dei guai temuti è capitato. In compenso abbiamo avuto un incremento incredibile della produttività, grazie alle nuove tecnologie, e una diffusione della democrazia. Il rendimento medio delle azioni è stato del 9% dal 1950 al 1999. Anche le riflessioni dell’entità del premio al rischio sono state influenzate dagli scenari.
Si tenga presente che il rendimento medio su 111 anni è per l’appunto una media che ha presentato forti oscillazioni. I test statistici ci permettono di estrapolare i rendimenti reali che possiamo aspettarci per i prossimi 111 anni. Questi potrebbero oscillare dal 3% al 10% e quindi essere anche più bassi del valore medio che abbiamo visto nei precedenti 111 anni. Potremmo persino pensare, sul piano puramente statistico, che l’entità del premio al rischio del secolo scorso è stata anomala e che il suo valore nel prossimo secolo non sarà così alto (Cfr. Nate Silver, The signal and the noise. Why so many predictions fail – but some don’t. Penguin Press, New York, 2012).

 

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