Il più
grande ostacolo al rendersi conto della necessità di pianificare il passaggio
generazionale e, più in generale, all’educazione finanziaria, è il fatto che le
persone si illudono di sapere già come stanno le cose e di essere preparate.
Molti fenomeni recenti sono
indicativi di tale stato di cose, per esempio la decisione per Brexit che avrà
probabilmente, profonda influenza sull'assetto dei mercati finanziari
britannici, e forse non solo.
Un’esigua minoranza di
britannici in un istante è stata decisiva. Ha votato per Brexit, l'uscita dalla
comunità europea. Ora ci vorranno anni di lavoro per sistemare le cose. La
pasta umana, frutto dell’evoluzione della specie, ci rende adatti a decidere su
questioni complesse, di cui il passaggio generazionale è un esempio? La
risposta di Steven Sloman e Philip Fernbach, gli autori del libro
sull’Illusione della conoscenza, è negativa.
I due
professori statunitensi sembrano prenderla alla larga. Le persone sanno come
funziona lo sciacquone del bagno, la bicicletta o la cerniera-lampo? Sui due
piedi dicono di saperlo. Se però, in seguito, provano a descrivere quel che
credono di sapere, le certezze svaniscono.
Spesso
siamo consapevoli che altri conoscono le risposte esatte e ci inganniamo sul
confine tra le nostre conoscenze e quelle altrui. Il confine è reso sempre più
poroso dall’abitudine a interagire in rete con i nostri confidenti. Non saremmo
mai riusciti a sopravvivere in ambienti ostili se non avessimo collaborato con
i compagni delle nostre tribù. L’interazione necessaria per la caccia ha
probabilmente dato origine ai linguaggi. Questo eccesso di fiducia in noi
stessi e nei colleghi, se moderato, presenta ancor oggi aspetti positivi quando
dobbiamo lanciarci in un’impresa comune. Tuttavia è negativo quando abbiamo a
che fare con questioni complesse ed emotivamente coinvolgenti come il passaggio
generazionale perché il ridimensionamento delle certezze infondate, a seguito
di riflessione, purtroppo, non avviene sempre. Se andiamo a vedere che cosa
pensa chi ha votato per Brexit, o a favore di Trump, o in occasione di
consultazioni in rete, ci accorgiamo che, con il passare del tempo, le opinioni
si consolidano. Si tratta di casi troppo complessi per rendersi conto dei
limiti insiti in opinioni semplificatrici.
Immaginiamo di introdurre –
come suggerisce Cass Sunstein nel suo libro appena uscito (vedi sotto) - un
"bottone della casualità". Se lo schiacci, capovolgi tutti i punti di
vista che trovi nel tuo notiziario personale su Facebook. Ebbene, i più non
baderebbero a tesi opposte alle loro e ai fatti che le documentano. Sarebbero
vittime del più forte meccanismo psicologico a noi noto: la tendenza a prestare
attenzione solo a ciò che ci dà ragione. Dai tempi degli studi pionieristici di
Peter Wason, risalenti agli anni Sessanta del secolo scorso, conosciamo la
forza di tale meccanismo tale per cui gli italiani non hanno abbandonato la
formula “immobili + titoli di stato” anche quando la domanda era calata per gli
immobili e i rendimenti dei titoli di stato erano bassissimi essendo
drasticamente scesi i tassi. E così non è stata sfruttata la salita più forte
dei mercati, soprattutto quelli americani, dell’ultimo secolo di storia dei
mercati azionari. Tale forza ha dato una preminenza ai mercati USA
sproporzionata rispetto al peso dell’economia USA, creando una differenza che
non troviamo nel resto del mondo. Una volta tale differenza riguardava il
Giappone, poi in questo secolo c’è stato il punto di svolta. Morale:
l’andamento delle borse non rispetta il peso delle rispettive economie, ma le
aspettative sul futuro.
La figura mostra la crescente differenza tra il peso
dell’economia statunitense nel contesto mondiale e il peso della borsa
americana, che è superiore al 50% nell’indice delle borse mondiali. I dati sono
confrontati con quelli dell’economia e della borsa del Giappone. Fonte: Economist
modificata.
La superbia e la pigrizia si manifestano anche nella tendenza a procrastinare e a rendersi conto in ritardo dei cambiamenti. Ne consegue che il cambiamento degli stati d’animo dovuto a fattori emotivi è sempre più accentuato e repentino rispetto ai cambiamenti dei fattori oggettivi. Questo meccanismo in psicologia si chiama “dissonanza cognitiva” ed è, in questo caso, la tendenza di riaggiustare in ritardo gli stati d’animo rispetto ai cambiamenti nel mondo.
La figura mostra la forte oscillazione dell’indice di
sorpresa relativo alle previsioni basate su dati soggettivi rispetto alle
variazioni più contenute dei dati oggettivi. Fonte: Economist modificata.
Ecco il paradosso
raccontato in dettaglio nel libro (vedi sotto) di Sloman e Fernbach: il
ridimensionamento delle certezze in seguito a riflessione ci rende consapevoli
della nostra ignoranza sul funzionamento di oggetti quotidiani, ma non su quel
che sta dietro a fenomeni complessi come il passaggio generazionale o le
conseguenze della scelta sì/no in un referendum.
Poco dopo l’annessione
della Crimea da parte della Russia, si chiese a un campione di statunitensi se
il loro paese doveva intervenire militarmente a difesa dell’Ucraina. I più
ignoravano che cosa e dove fosse la Crimea, persino tutta l’Ucraina. Eppure
erano proprio loro i più favorevoli a un intervento militare. Lo stesso avviene
con l’educazione finanziaria: le persone più impreparate sono quelle che meno
sentono di averne bisogno.
Siamo fatti così:
l’evoluzione della specie ci ha progettato come esseri che si appoggiano alle
opinioni altrui credendole proprie. Se fossimo evoluti in un ambiente che
premiava l'individuo più bravo a giocare ai dadi, saremmo provetti nel calcolo
delle probabilità, se premiava il ragionamento, saremmo simili a Spock, il
personaggio freddo e razionale di Star Trek. E invece siamo stati forgiati per
l’azione collettiva, e il confine tra le nostre e le altrui conoscenze è
labile. Questo è un grande impedimento all’accettazione dell’educazione finanziaria
perché crediamo già di sapere quel che non sappiamo e non riflettiamo sulla
necessità di pianificare il passaggio generazionale.
La storia recente
dell’umanità può essere vista come una vittoria progressiva sulle incertezze
del mondo esterno, il freddo, la fame, gli ostacoli alla sopravvivenza della
nostra specie. Quando finalmente siamo riusciti a controllare le incertezze
della natura, non ci siamo fermati e abbiamo cominciato a fabbricare nuove
incertezze. Queste sono le incertezze rispetto alle quali siamo meno preparati
e, purtroppo, riguardano proprio la gestione dei risparmi e il passaggio
generazionale: problemi troppo complessi perché i più possano ammettere la loro
impreparazione. Il paradosso di Sloman e Fernbach colpisce ancora!
Il libro di Sloman e
Fernbach si apre con il racconto di Shrimp. Era questo il nome in codice di
un’esplosione nucleare del 1954. Centinaia di scienziati avevano fatto e
rifatto i calcoli: Shrimp avrebbe dovuto essere cento volte più forte della
bomba di Hiroshima. Risultò invece mille volte più potente, e fece vittime
innocenti (come peraltro erano state quelle di Hiroshima). Queste nuove
illusioni di conoscenza rendono instabili e pericolosi i nostri ambienti di
vita. Sembra quasi che si abbia sempre bisogno di una certa dose d'incertezza:
se non c’è più nella natura circostante, siamo noi ad aggiungerla creando un
nuovo mondo.
Il 1954 è l’anno in cui
l’artista Jackson Pollock termina il suo ultimo magnifico quadro, White Light,
una luce bianca e accecante come quella dell’esplosione nell’atollo del
Pacifico.
Pollock, facendo
sgocciolare i colori e muovendosi intorno al quadro, inventa una nuova tecnica
pittorica che contempla un margine d’incertezza che lui governa, un gesto dopo
l’altro. Mi sembra che Pollock rappresenti il simbolico spartiacque tra le
vecchie incertezze, quelle costruite e governate dalle divinità, e le nuove
incertezze, quelle inventate dall’uomo. E forse non sembra solo a me, se oggi
un quadro di Pollock può valere più di cento milioni di dollari.
Purtroppo le nuove
incertezze sono quelle più difficili da governare, quelle di cui spesso non si
vuole rendersi conto: troppe complesse perché possano attrarre la nostra
attenzione, perché ci inneschino dei dubbi, premessa per l’accettazione della
consulenza.
La tendenza a procrastinare
il passaggio generazionale va inquadrata all’interno di questo quadro teorico
che solo recentemente è divenuto oggetto di studio.
Steven
Sloman, Philip Fernbach, The Knowledge
Illusion: Why We Never Think Alone, Macmillan, 2017, 296 pagine, £ 18,99.
Cass
Sunstein, #Republic. Divided Democracy
in the Age of Social Media, Princeton UP, 2017, 328 pagine, $ 29,95.
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