domenica 18 giugno 2017

MERCATI FINANZIARI: OSSERVATORIO DEL 16/6/2017

USA. IL DADO E’ TRATTO, TASSI IN RIALZO

La settimana scorsa eravamo in attesa delle decisioni della FED sui tassi di interesse; mantenimento o rialzo?  Rialzo è stata la decisione e tassi portati nel range
1%-1,25%; la Yellen ha inoltre confermato i tre rialzi nel 2017 il che significa che dovremmo attendercene un altro da qui a fine anno.

Qualche perplessità tuttavia rimane, dato che l’economia Usa non gira come ci si attendeva e la posizione del suo presidente si è indebolita; le attese di crescita sono subordinate alle sue decisioni in materia fiscale e un suo impeachment lo impedirebbe. Non solo, ma qualche dato economico fa propendere per un quadro economico meno roseo.

In Usa i dati sulle vendite al dettaglio scendono dello 0,3% e sappiamo che i consumi rappresentano un potente volano per la crescita statunitense; il mercato del lavoro sta a sua volta rallentando e si comincia a considerare il livello dei prezzi raggiunto nel settore dei titoli tecnologici. Bolla in arrivo, ci si chiede?

La reazione dei mercati è stata al momento coerente con questo quadro. Fatta eccezione per la borsa svizzera e di un sostanziale mantenimento dell’indice S&P 500, tutti gli indici hanno virato in negativo pur mantenendo ancora un’intonazione positiva. Non si sono fatti drammi ma si comincia a valutare l’ipotesi che ci si possa allontanare dalle attuali quotazioni; nondimeno la tanto auspicata crescita delle borse europee si è momentaneamente arrestata e gli operatori stanno valutando il quadro di riferimento. Se da un lato spostare la domanda dagli indici americani in favore di occasioni di acquisto nel vecchio continente ha certamente senso, va anche valutato che un rallentamento della “locomotiva” America sarebbe un freno anche per la crescita europea.

Va puntato il dito anche sulla china che ha preso la borsa moscovita, calata in settimana di un ulteriore  2,19%, che la relega ancora più in basso nella valorizzazione delle performance da inizio anno. Si tratta dell’unica borsa del nostro paniere in negativo da gennaio (-13,71%) in assoluta coerenza con la discesa dei prezzi delle materie prime energetiche; e pensare che Putin, in settimana, si è vantato di dati economici – a suo dire – assolutamente confortanti.

A parte i risultati ancora contenuti di Shangai e dell’indice Bovespa al palo per ragioni diverse, la prima per il perdurante stallo nella crescita e la seconda per un intreccio di ragioni più politiche che, al momento, economiche, a due settimane dal giro di boa di metà anno la situazione è piuttosto confortante con quattro indici contraddistinti da rialzi a due cifre e altri sei con performance tra il 5 e il 10%. Da qui a fine mese si potrà meglio comprendere se questo trend proseguirà in modo piuttosto lineare o se dovremo assistere a qualche correzione.

Sui mercati valutari è proseguito il leggero indebolimento dell’euro che resta comunque in apprezzamento da inizio anno su tutte le valute del nostro paniere, in modo particolare sul biglietto verde. Da gennaio infatti l’apprezzamento sul dollaro è pari al 6,5% nonostante l’allontanamento dai massimi nelle ultime due settimane.

Una certa forza permane anche contro la valuta cinese, svalutata sull’euro del 4,5% da inizio anno cosa che non favorisce certo la penetrazione commerciale delle merci europee in quell’area tanto importante come mercato di sbocco per le produzioni a maggiore valore aggiunto e dei beni di lusso mentre favorisce ancora di più l’importazione delle produzioni di massa cinesi.

Vediamo dunque il trend da inizio anno del rapporto dollaro-euro:

Nelle ultime due settimane, sulla scorta delle decisioni prese dalle banche centrali e dei timori di alcuni operatori di una possibile correzione dei listini azionari, abbiamo assistito a una pressione in acquisto dei bond che costituiscono il nostro paniere di riferimento.

Il rendimento del btp decennale è scivolato sotto il 2%, rendimento che non vedevamo dalla prima settimana di gennaio e i corrispondenti titoli francesi e britannici hanno raggiunto i minimi dell’anno (i primi a 0,64% e quelli d’oltremanica in area 1%). Stessa sorte è toccata al bond americano che in settimana ha ridotto la propria remunerazione al 2,16% (minimo annuale) nonostante il rialzo della Fed, decisione evidentemente data per scontata dal mercato.

La Germania fa eccezione remunerando gli investitori con un modestissimo 0,28%, ma che resta del 30% più elevato rispetto al suo minimo registrato fra l’inizio di gennaio ed ora (0,18%). Spicca infine la forte riduzione dello spread fra btp e bund tedesco che, dopo i picchi dei mesi scorsi, si è ridotto a poco più di 170 bp nell’ultima seduta.

Per una migliore comprensione del quadro relativo ai rendimenti dei titoli governativi, abbiamo riportato, nel grafico seguente, i rendimenti correnti confrontati con quelli di inizio anno.



Nessun commento:

Posta un commento