Molti
commentatori e analisti – per esempio Paolo Zucca, sulla prima pagina di Plus
24 del Sole24Ore di sabato 21 novembre 2015 – hanno osservato come l’attacco
terroristico a Parigi, “uno degli eventi più drammatici dell’Europa
occidentale, sia scivolato via nelle Borse senza scossoni”. Come mai la paura
non si è trasmessa ai mercati? Di che cosa hanno invece paura i mercati? I
mercati hanno spesso paure diverse da quelle dell’uomo comune. Hanno paura che
la Cina non cresca più ai ritmi del passato e che la crescita mondiale nel 2016
sia inferiore alle previsioni. Ecco una figura che mostra la crescita globale
dal 2000.
La figura mostra che la crescita nel 2015, inferiore
alle previsioni, è stata attribuibile prevalentemente alla Cina, mentre altrove
si è ridotta ed è inferiore al 3,5%, che è la media dal 1984 al 2014. Fonte:
IMF.
E, anche in Cina,
purtroppo, i tassi di crescita non sono più quelli d’un tempo. E questa è
un’altra “nuova” paura.
La figura mostra che i tassi di crescita cinese
sono in calo. La linea rosa, avvicinandosi a quella marrone scura, mostra che i
tassi effettivi si stanno avvicinando a quelli previsti. Fonte: IMF.
I mercati hanno inoltre
paura che il ciclo di rialzo dei tassi avvenga in modo rapido e non progressivo
perché lo S&P 500 in passato ha risentito degli incrementi veloci dei tassi
e non di quelli lenti. I mercati insomma hanno paura di ciò che oggi
costituisce effettivamente un pericolo, e proprio perché si tratta di un evento
temuto dai mercati stessi.
La figura mostra che dal 1946 a oggi, abbiamo avuto
cicli lenti e cicli rapidi di incrementi dei tassi. Lo S&P 500 ha risentito
solo di quelli veloci come indica il confronto tra la linea blu e quella
arancione che mostra l’andamento dello S&P 500 a partire dal momento del
rialzo (il tempo è indicato in giorni, per multipli di 12 fino a 252). Fonte:
Bloomberg modificata.
I mercati hanno paura di
una situazione storicamente anomala in cui i tassi sono negativi, come nel caso
del titolo tedesco a 5 anni il cui andamento è indicato in figura.
La figura mostra il livello dei tassi del titolo
tedesco a 5 anni il cui andamento è indicato in figura insieme al tasso di
deposito ECB. Fonte: Bloomberg.
Come mai i mercati non
hanno invece paura degli attentati terroristici, che incutono timori ai più?
Come mai tutti s’interrogano con ansia su che cosa accadrà in occasione del
Giubileo a Roma? Il quesito preliminare da porsi è: come funziona la paura,
anzi le paure?
La prima cosa da dire è
che, in linea generale, la paura fa parte dei nostri stati d’animo perché nel
lungo passato della nostra specie è stata un’emozione adattiva. Ci ha fatto
sopravvivere e ci ha permesso d’esplorare mondi sconosciuti. I nostri antenati
erano spesso costretti a decidere in fretta. Meglio provare paure, anche
infondate, ma evitare pericoli, forse mortali. Shakespeare, nel Sogno d’una
notte di mezza estate, fa dire a Teseo: “
… e di notte un pensiero di spavento può far sì che un cespuglio sembri un
orso!”. La paura del cespuglio, che viene scambiato per un orso, è
inutile? In quel caso specifico sì, ma è meglio essere prudenti: un orso
sarebbe stato mortale. Anche sui mercati talvolta è saggio essere inutilmente
prudenti. In fondo la diversificazione nella sua essenza è proprio questo:
essere inutilmente prudenti. Soltanto a posteriori si può capire dove è stato
inutile mettere una fetta della torta della diversificazione!
Immaginiamo ora di tornare
indietro di 23mila anni. I nostri progenitori si mettono in cammino, partendo
dalla Siberia e raggiungono il Cile circa 10mila anni dopo. I recenti progressi
della genetica e dell’archeologia ci mostrano in dettaglio come questa discesa
da nord a sud sia avvenuta in condizioni difficili, in ambienti pericolosi
(Science, 20/11/2015). In questi scenari, la paura era un ingrediente
necessario nel ventaglio delle emozioni utili alla sopravvivenza, via via che
ci s’inoltrava in terre sconosciute. La paura serviva a isolare i pericoli,
memorizzarli, comunicarli agli altri, e così prevenirli. Spesso l’ambiente di
vita era talmente pericoloso da richiedere l’aiuto di “santoni” di un qualche
tipo. Vero, ci raccontavano frottole. Ma erano frottole in cui loro stessi
credevano, e tutti insieme ci facevamo un po’ di coraggio. “Mantieni la calma e va avanti” diceva
il tenace Winston Churchill ai britannici durante la seconda guerra mondiale.
La paura è un’emozione che si può contrastare solo con emozioni di segno
contrario: la calma e il coraggio. E l’esempio degli altri è di grande aiuto.
Le emozioni sono contagiose, nel bene e nel male. Un buon consulente può essere
d’aiuto, anche se deve guardarsi bene dal raccontare frottole.
Oggi i nostri ambienti di
vita sono diventati molto meno pericolosi. Le probabilità di finire la vita per
morte violenta si sono ridotte in modo drastico. Persino le trincee del Carso
di un secolo fa erano più sicure rispetto alla vita degli antenati migranti dalla
Siberia al Cile. Però gli ambienti di vita contemporanei, rispetto a quelli di
allora, sono più complessi e difficili da decifrare, soprattutto quelli
economico-finanziari. Le paure tendono a perdere la loro funzione originaria
anche perché la complessità favorisce un nuovo tipo di santone che sfrutta le
paure al solo scopo di far credere d’avere le ricette giuste. Per un tragico
paradosso la paura, da emozione benefica
che ci proteggeva, finisce spesso per generare pericoli invece di farceli
evitare. Il caso del “fai da te” nel risparmio è un esempio “limite” dove si
esercitano gli effetti malefici delle paure “fuori posto”, quelle scollegate
dai veri pericoli.
Possiamo provare “paure
pure”, cioè stati d’ansia in assenza di cause. Il racconto Soffia il vento di
Alice Munro comincia così: “Di soprassalto
– molto spaventata – si sveglia. E’ successo qualcosa di molto spaventoso. No –
non è successo niente. E’ solo il vento che scuote la casa …”. Qui
la paura irrompe improvvisa, un attimo di panico, poi svanisce appena si
capisce da che cosa è stata innescata. Più difficile è individuare le cause
quando queste sono dentro di noi, e non fuori come nel caso del vento e della
finestra. Ed è qui che si annida il meccanismo micidiale che ci conduce ad
avere paura delle cose paurose e non di quelle pericolose.
Questa scissione, così
forte in molti ambiti, come vedremo tra poco, non avviene sui mercati. I
mercati hanno per lo più paura delle cose pericolose e non di quelle paurose
(per i più). Come mai? Sui mercati sono diventati operativi – come osserva
Zucca (p. 3) – sistemi automatici “che reagiscono a una molteplicità di dati,
incrociati e pesati da gruppi di lavoro che ne assicurano l’aggiornamento.
Poi i sistemi vanno in misurata autonomia. Il trading automatizzato
gestisce il 65% degli scambi in Usa e il 40% in Europa.”. Questi scambi non
tengono conto delle paure dell’uomo comune, bensì dei pericoli di cui ho
parlato sopra. La differenza diventa ancora più evidente se consideriamo, per
contrasto, quello che succede quando è l’uomo ad agire, sia sui mercati che in
altri campi.
Un caso classico, super
studiato, è quello dei voli aerei. Se si provasse paura sulla base dei
dati obiettivi, la paura dovrebbe essere diminuita. Dal 1970 a oggi, i
passeggeri trasportati sono aumentati di sette volte, mentre gli incidenti
aerei sono diventati, nel complesso, circa un terzo (World Bank). In un
confronto omogeneo, viaggiare in aereo è diventato sempre meno pericoloso
rispetto a muoversi in macchina perché gli incidenti sulle strade non sono
calati con la stessa frequenza. E tuttavia l’incremento complessivo della
sicurezza dei viaggi aerei ha reso percentualmente più rilevanti, e quindi più
evidenti e impressionanti, gli incidenti causati da terroristi. I viaggi aerei,
diventando sicuri, hanno fatto risaltare, per contrasto, una fonte di pericolo:
nell’ultimo anno le morti causate da attentati sono state quasi la metà del
totale. Una volta, insomma, viaggiare in aereo era più pericoloso, ma per molti
meno pauroso. Anche in altri campi un meccanismo analogo ha generato un divario
tra ciò che è oggettivamente pericoloso e ciò che è soggettivamente pauroso.
Per esempio, nelle abitazioni statunitensi, cadere per le scale è la causa più
frequente d’incidenti, ma molti hanno paura di eventuali aggressori. Così ci si
dota di armi, in realtà pericolose più per chi sta in casa che per gli estranei
malintenzionati. E ancora, nel caso delle scelte mediche dei cittadini: alcuni genitori rifiutano i vaccini e questa
paura provoca un reale pericolo per i figli.
Possiamo dunque considerare
i consulenti, almeno quelli buoni, come degli angeli custodi che, in relazione
ai nostri risparmi, ci fanno provare le paure giuste e non quelle sbagliate, ci
difendono dai pericoli e fanno svanire le paure. Inoltre sono capaci di
percepire per tempo differenze che sfuggono ai non addetti ai lavori, i segnali
labili, le tendenze appena emerse. Per esempio, oggi tutti parlano di tassi
bassi, troppo bassi, e quindi non si capisce se ci sarà oppure no stimolo
addizionale (cfr. la figura seguente rispetto a quella precedente con il titolo
tedesco a 5 anni). L’incertezza di per sé fa paura ai mercati.
La figura mostra come, dopo la recente
conferenza di Draghi, il tasso dei bond tedeschi sembra stia temporaneamente
risalendo. Fonte: Bloomberg modificata.
Se il tasso dei titoli super-sicuri tedeschi
risalisse, allora le obbligazioni diventerebbero pericolose, anche se oggi non
sono considerate affatto paurose. Ecco un altro ruolo cruciale del consulente:
si tratta di colmare il divario tra pericoli e paure. Nella prossima lezione
vedremo come a questo ruolo di angelo custode che protegge dalle paure
sbagliate, si affianchi un’altra funzione complementare: evitare che il
risparmiatore provi vergogna per le conseguenze che derivano dalle scelte del
“fai da te”, quelle fatte spontaneamente.
Sono scelte che, essendo dettate dalla paura, si
trasformano spesso in pericoli per il portafoglio.
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