A conferma
delle parole di Giacomo Vaciago, riportate nella lezione precedente, la 151, si
può analizzare quale sia il contributo delle diverse fonti alla crescita
statunitense (cfr. figura).
La figura indica che sono state ormai utilizzate tutte
le leve possibili (pulling every lever) per incrementare la crescita
statunitense: i relativi fattori di crescita dal 1980 a oggi. Fonte: Economist
modificata.
La figura mostra le quattro
principali fonti di contributo alla crescita statunitense. Si nota che mai
nell’ultimo quarto di secolo la crescita ha avuto una composizione come quella
attuale (estero, stipendi, prodotti finanziari) e, inoltre, che la crescita è
in tendenziale calo.
Le seguenti figure possono forse
indicare che si è giunti a un punto di svolta, nel senso che calano profitti, investimenti
e vendite, e che molti profitti vengono ormai fatti all’estero. Inoltre il
dollaro si sta rinforzando.
La figura mostra il calo tendenziale delle società
dello S&P 500 in relazione all’andamento di vendite e profitti e, a destra,
il peso della finanza (cfr. intervista a Vaciago nella lezione precedente) e
dell’estero: è iniziato un calo. Fonte: Economist modificata.
Possiamo incrociare queste tendenze
con quello che sappiamo essere un tema comune a tutte le ultime lezioni. Si
tratta dell’esame dei molti casi in cui il modello del comportamento razionale
previsto dalla teoria economica neoclassica, lo sviluppo cioè del paradigma di
Adam Smith (1776), non corrisponde agli effettivi comportamenti delle persone
così come questi emergono dagli studi della psicologia sperimentale. E’ una
storia interessante perché il paradigma di Smith attraversa due secoli e mezzo
e giunge in sostanza immodificato, anzi rinforzato da tutta una tradizione di
ricerca per culminare nel premio Nobel conferito a Milton Friedman nel 1976. E’
una storia interessante anche per un consulente perché il paradigma
neo-liberista, affermandosi, crea un benessere inaspettato ancora all’inizio
del secolo scorso (ricordate la lettera di Keynes ai pronipoti), e quindi anche
la materia prima che permette il lavoro di un consulente, cioè il risparmio.
Nello stesso tempo questo paradigma considera irrilevanti tutte le variabili
psicologiche che si affermeranno con i lavori di Kahneman e la tradizione della
finanza comportamentale.
Milton Friedman, capostipite della
scuola di Chicago, premio Nobel per l’Economia del 1976.
Nel caso particolare che qui a noi
interessa, e cioè quella che ho chiamato “nuova consulenza”, abbiamo messo in
luce gli scenari in cui questa “inadeguatezza” della mente umana nei confronti
della teoria del portafoglio può venire superata e compensata da un rapporto di
“attaccamento”, di legame affettivo tra cliente e consulente. Tale rapporto di
attaccamento si instaura quando il cliente sente che il consulente si prende
cura di lui, che gli vuole bene. In assenza di questo legame affettivo, i casi
sono due.
O il cliente è condannato a non
capire la gestione del suo portafoglio fatta dal consulente, oppure deve
affidarsi, con una fiducia quasi cieca, al consulente concepito come un tecnico
in una materia a lui incomprensibile. Ho però cercato di mostrare come questa
concezione della consulenza non sia più attuale, e come sempre più clienti si
aspettino dal consulente un’assicurazione a 360 gradi contro le incertezze, essendo
il consulente concepito come il garante di una sicurezza globale.
Ora, le situazioni in cui la
differenza tra la concezione neo-classica degli economisti e, all’opposto, il
comportamento effettivo dei risparmiatori, raggiunge il suo massimo, corrispondono
proprio ai casi in cui una parte del portafoglio è in perdita. Questo esito è
pressoché inevitabile in un portafoglio ben diversificato, fatto cioè di
componenti che sono correlate il meno possibile. Benché l’avere alcune
componenti in perdita sia uno stato di cose inevitabile per lunghi periodi
della vita di un portafoglio, è comunque uno scenario a cui è difficile
adattarsi, uno scenario difficile da accettare.
Il portafoglio può risultare in
perdita, e tale perdita può sorprendere, anche perché tendenze che sembrano per
un lungo periodo consolidate poi non si rivelano più tali. Tipico è il caso dei
mercati emergenti.
La figura mostra l’andamento dei mercati emergenti e
le loro quotazioni azionarie. La figura è costruita in modo tale da evidenziare
il rapporto tra l’indice dei mercati emergenti e l’indice dei mercati avanzati.
Fonte: Economist modificata.
Fonte: Economist modificata.
L’esempio dei mercati emergenti
mostra che ci vuole prudenza, cautela, non superbia e over-confidence, cioè
troppa fiducia in se stessi, credendo di avere sempre ragione. Quello che per
un lungo periodo sembrava ovvio, e cioè la trasformazione dei mercati emergenti
in mercati avanzati, e quindi la capacità di colmare il divario (come avveniva
dal 2000 al 2010, cfr. figura), a un certo punto si trasforma in un “ritorno”
sorprendente (cfr. nella figura quel che è successo dal 2010 ad oggi).
Vorrei ricordarvi a questo proposito
un passo de “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa in cui Concetta,
una delle figlie del Gattopardo, la preferita, è stata nemica di se stessa,
così come molti risparmiatori, con il “fai da te” superbo e ignorante, sono in
realtà i veri nemici dei loro risparmi.
Lucilla Morlacchi è Concetta nel
Gattopardo di Luchino Visconti.
Nel romanzo si racconta come
Concetta fosse, da giovane, innamorata di Tancredi, il fascinoso nipote del
Gattopardo. Purtroppo, per un equivoco, un semplice scherzo irrilevante, Lei
decide di dare una svolta alla sua vita e di restare per sempre sola. Come mai?
Quella che era un’innocente bravata, raccontata solo per divertire gli ospiti
nel corso di una cena, viene scambiata da Concetta per un’offesa profonda della
cui inconsistenza si accorge purtroppo solo mezzo secolo dopo:
Fino ad oggi, quando essa, raramente,
ripensava a quanto era avvenuto a Donnafugata in quella estate lontana, si
sentiva sostenuta da un senso di martirio subito, di torto patito … Ora, invece questi sentimenti derivati che
avevano costituto lo scheletro di tutto il suo modo di pensare si disfacevano
anch’essi. Non vi erano stati nemici, ma una sola avversaria, essa stessa; il
suo avvenire era stato ucciso dalla propria imprudenza, dall’impeto rabbioso
dei Salina; e le veniva meno adesso, proprio nel momento in cui dopo decenni i
ricordi ritornavano a farsi vivi, la consolazione di poter attribuire ad altri
la propria infelicità, consolazione che è l’ultimo ingannevole filtro dei
disperati (p. 320, Feltrinelli, 1958).
Ecco come Concetta è stata nemica di
se stessa, così come lo sono stati molti risparmiatori italiani, purtroppo!
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