Prof. Paolo Legrenzi - Professore Emerito di Psicologia dell'Università Cà Foscari di Venezia |
Ecco,
siamo arrivati a 150 Soldi in testa. Questa
rubrica, a circa quattro cartelle al colpo, assomma ormai a 600 cartelle, più
di un libro. E’ l’occasione per provare a fare un bilancio. Che cosa ho cercato
di fare in questo lungo periodo con le mie uscite settimanali? Non certo un
manuale di finanza comportamentale. Ho invece cercato di applicare questa ricca
e variegata disciplina a quello che succede alle persone poste di fronte a
quello che succede via via sui mercati e nel mondo delle decisioni di politica
economica da parte di banche centrali e governi. A quale scopo?
Le
direttrici che mi hanno guidato sono state principalmente due:
- mostrare ai consulenti i motivi per cui è meglio che i risparmiatori si rivolgano a loro; si tratta di cercare di illustrare in dettaglio come funziona la mente umana;
- mostrare ai risparmiatori perché non è saggio adottare in modo sistematico il “fai da te”.
Essenzialmente queste due
direttrici incontrano sulla via della loro applicazione i seguenti ostacoli:
- emozioni: superbia (conseguenza: fai da te), paura (per quel che è successo o può succedere), rimpianto (per quel che si è fatto);
- pensieri: difficoltà a capire i prezzi reali, la diversificazione, i costi sommersi, l’effetto disposizione e, in fin dei conti, il ruolo dell’esperienza passata come guida per il futuro;
Una terza
direttrice è stata la spiegazione del perché è difficile imparare, persino
apprendere dagli errori del passato:
- in sostanza il motivo per cui è difficile imparare a fare le scelte più opportune è che la gestione dei risparmi richiede l’attivazione di strategie che non sono efficienti al di fuori di questo specifico ambito decisionale.
Più in particolare:
- per solito una certa fiducia nelle proprie capacità è benefica. Essa ci spinge ad agire e a modificare il nostro comportamento in modo da affinarlo alla luce degli errori del passato. Nella gestione dei risparmi, invece, l’over-confidence ci frena nel rivolgerci a un consulente perché tendiamo a essere troppo sicuri delle nostre opinioni e della possibilità di “fare da sé”;
- per solito fare con ponderazione le cose e, soprattutto, fare solo le cose che conosciamo bene è una strategia prudente e razionale: nella gestione dei risparmi purtroppo è un freno alla diversificazione;
- per solito rivolgersi alle nostre esperienze del passato e basarsi su di esse per decidere che cosa fare evita gli errori più madornali e dannosi. Qui invece ci conduce a ripetere le scelte che sono andate bene in passato, e a decidere per il futuro guidati da una sorta di specchietto retrovisore. Questa strategia va bene in un mondo che ha una certa ripetitività, come quello in cui si muovono le assicurazioni (controllo del rischio), ma non in quello in cui le serie storiche e la regressione verso la media funzionano su periodi troppo lunghi per la stragrande maggioranza dei risparmiatori (controllo dell’incertezza);
- per solito la paura è benefica: ricordiamo le situazioni di pericolo in cui abbiamo avuto paura, e le evitiamo in futuro, rendendo la vita più sicura. Dove però il rischio, misurabile e prevenibile, non coincide con l’incertezza, non misurabile e non prevenibile (se non con la diversificazione), la paura non ha effetti benefici, ma è controproducente;
- per solito il rimpianto stesso ha una funzione pedagogica perché ci riattiva e rinfresca quello che avremmo potuto fare meglio se avessimo agito in modi diversi; purtroppo il rimpianto non funziona nel campo della gestione dei risparmi per gli stessi motivi per cui non funziona la paura.
Alla luce di tutti questi
fattori nel corso di queste 150 lezioni ho cercato di dare dei suggerimenti
soprattutto in funzione delle relazioni con i clienti. I punti toccati sono stati
i seguenti:
- il primo incontro;
- la delega e la costruzione della fiducia;
- la particolarità del consulente come esperto speciale;
- la gestione delle emozioni, in primis la paura, la superbia e il rimpianto;
- problemi specifici: gender, età, scolarità, reazione agli alti e bassi dei mercati, prospettive temporali, asimmetria nel rischio e interazione di questi fattori con l’andamento dei mercati.
Schizzo di Angus Deaton, premio Nobel dell’economia
2015. Fonte: Economist.
Infine,
in occasione del conferimento del premio Nobel dell’economia 2015 allo
studioso anglo-statunitense Angus Deaton vorrei ricordare le sue ricerche
pionieristiche sul binomio consumo/risparmio e sulla formazione della
ricchezza. E’ un premio Nobel che viene dato, indirettamente, anche
all’approccio adottato anche in queste lezioni, cioè allo studio del
comportamento economico degli individui singoli, tenendo presenti anche i
fattori psicologici. Mi limito qui a citare un passo di Deaton, dal suo “La Grande Fuga: salute, ricchezza e origini
della disuguaglianza” (Mulino, 2015, p. 238):
Che dire a proposito dell’invidia per i ricchi? Gli economisti sono
fortemente legati a un principio detto principio di Pareto: se alcune persone
guadagnano e nessuna perde, il mondo è migliore di quanto fosse prima.
L’invidia dovrebbe essere ignorata … Nelle parole di Martin Feldstein,
economista ad Harvard, la “disuguaglianza di reddito non è un problema che
abbia bisogno di rimedio”.
Ma noi
viviamo in un mondo in cui non solo agisce l’invidia, ma anche tutte le altre
emozioni che interferiscono con scelte teoricamente razionali. E tuttavia le
emozioni sono, allo stesso tempo, il carburante che fa marciare i nostri
motori. Angus Deaton si è accorto di questi fattori tradizionalmente irrilevanti
lavorando da economista quale egli è. Egli ha disaggregato i dati che gli
economisti per solito considerano in blocco, senza le possibili differenze
interne. Come ha osservato Luigi Guiso (Plus de Sole-24Ore del 17 ottobre 2015,
p. 9):
Cercare di capire il comportamento dell’aggregato dei consumatori studiando
quello di un “consumatore rappresentativo”, come fanno i libri di testi di
economia, è secondo Deaton di limitato valore. Rispetto ai consumatori reali,
questo consumatore fittizio, per dirla con Deaton “vive troppo e sa troppe
cose”.
In conclusione Angus Deaton ha avuto il premio Nobel 2015 per l’Economia, ma in
realtà avrebbe dovuto averlo, se esistesse, per la Psicologia. Come molti dei
recenti premi Nobel per l’economia, a partire da Daniel Kahneman nel 2002, egli
ha in sostanza mostrato che per capire come funziona il mondo degli esseri
umani i modelli tradizionali degli economisti sono eleganti ma spesso
riduttivi.
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