martedì 3 novembre 2015

ERRORI DA EVITARE. Perché si va ad investire nel fondo più performante dell’anno prima ?



Ayton e Fischer, circa un decennio fa, avviarono un esperimento con cui si riproponevano di verificare se una sequenza di eventi  positivi, piuttosto che negativi, poteva indurre a credere di poter prevedere con maggiore sicurezza un cambiamento della sequenza stessa. Tale esperimento fu condotto in relazione ad eventi del tutto casuali (come il lancio di una moneta) piuttosto che ad eventi umani caratterizzati da dati statistici di lungo periodo (come la capacità di realizzare un canestro da parte di un campione di basket).

La risultanza di questo esperimento fu che gli individui tendono ad associare la casualità naturale al frequente cambiamento dei risultati mentre tendenze più prolungate sono attribuite alle prestazioni umane; questo ci porta ad auto-attribuirci, come esseri umani, dei momenti in cui sorte ed abilità ci assistono in misura maggiore della media.


Nel caso di un investitore che opera direttamente sul mercato questa naturale tendenza si traduce in una maggiore assunzione di rischi quando si azzeccano più volte di seguito operazioni di investimento e, all’incontrario, abbottonarsi maggiormente quando invece si inanellano più operazioni dal risultato negativo.

La stessa cosa accade qualora, invece di titoli, l’investimento venga delegato ad un gestore ricercando quelli che nel recente passato hanno realizzato le migliori performance. In tal modo la scelta ricade sui top performer  a uno o due anni scartando i migliori gestori a cinque o più anni.

Questo comportamento è associabile a quello di un allenatore di calcio la cui squadra è in svantaggio a dieci-quindici minuti dalla conclusione del match e manda in campo il migliore attaccante fra quelli seduti in panchina augurandosi che sappia trovare la via del gol e riequilibrare il risultato. Converrete con me che un atteggiamento siffatto, se fosse sistematico, difficilmente porterebbe alla vittoria di molti campionati; sappiamo tutti che i migliori risultati si ottengono con un duro e costante lavoro piuttosto che attraverso qualche gol estemporaneo giunto in zona Cesarini dalla riserva di turno.

Investire in un fondo solo perché ha dalla sua ottimi risultati di breve significa puntare non sulla capacità di un gestore ma affidarsi ad eventi magari casuali. E’ un comportamento rischioso perché  transitorio mentre la gestione dei propri risparmi dovrebbe essere affidata a coloro che sistematicamente hanno garantito dei buoni risultati anche se mai di assoluto livello.

Ancora più pericoloso è far ricadere la scelta di un investimento in base alle performance di un’asset che nel recente passato è stata molto performante, soprattutto nel comparto azionario. Accade molto spesso che un risparmiatore scelga di investire in un mercato che è stato molto ripagante nel recente passato nella convinzione che quella tendenza si rinnovi sistematicamente anche in futuro, non rendendosi conto che l’alternanza e la variabilità delle performance è caratteristica endemica di questi mercati.
Abbiamo avuto in questo biennio un ottimo esempio di ciò: il mercato azionario cinese. Il trend di crescita di quel paese, ben superiore a quelli registrati nei mercati occidentali, la continua penetrazione delle loro merci nei mercati europei ed americani hanno indotto a ritenere un ottimo affare quello di puntare sul drago cinese al fine di ottenere delle cospicue plusvalenze, soprattutto alla luce del sorprendente guadagno dei mesi precedenti. All’inizio di giugno 2015 la borsa di Shangai vantava una crescita del 130% negli ultimi dodici mesi, il sogno di ogni investitore.

Com’è andata ad oggi, fine ottobre, a quei risparmiatori che hanno ritenuto di avvantaggiarsi di tanto ben di Dio alla portata di chiunque? Dopo quindici giorni di rialzo (un 5% aggiuntivo) a causa del rallentamento produttivo e delle esportazioni, nonostante una crescita che per noi europei è da considerare “lunare”,  i segnali di indebolimento strutturale dell’economia cinese hanno indotto molti investitori istituzionali, fra cui hedge fund e fondi comuni, a uscire massicciamente da quel mercato. Il risultato alla fine di ottobre? Un amarissimo -30%, dopo aver toccato un minimo a -36%, a conferma di quanto abbiamo detto.

La lezione da trarre è che solo una lunga serie storica può essere ritenuta ragionevolmente affidabile per delle scelte di portafoglio, che tali scelte devono essere guidate da fattori razionali e non emozionali, né tantomeno da supposizioni effimere e immotivate, che gli orizzonti temporali devono essere correttamente misurati sulla scorta delle proprie esigenze piuttosto che sulla scorta della moda del momento e, ultimo ma non meno importante, che l’investimento non deve essere approcciato alla stregua di una puntata alla roulette ma come il veicolo che ci potrà condurre al raggiungimento dei nostri reali obiettivi.


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