Ayton e Fischer, circa un
decennio fa, avviarono un esperimento con cui si riproponevano di verificare se
una sequenza di eventi positivi,
piuttosto che negativi, poteva indurre a credere di poter prevedere con
maggiore sicurezza un cambiamento della sequenza stessa. Tale esperimento fu
condotto in relazione ad eventi del tutto casuali (come il lancio di una
moneta) piuttosto che ad eventi umani caratterizzati da dati statistici di
lungo periodo (come la capacità di realizzare un canestro da parte di un campione
di basket).
La risultanza di questo
esperimento fu che gli individui tendono ad associare la casualità naturale al
frequente cambiamento dei risultati mentre tendenze più prolungate sono
attribuite alle prestazioni umane; questo ci porta ad auto-attribuirci, come
esseri umani, dei momenti in cui sorte ed abilità ci assistono in misura
maggiore della media.
Nel caso di un investitore che
opera direttamente sul mercato questa naturale tendenza si traduce in una
maggiore assunzione di rischi quando si azzeccano più volte di seguito
operazioni di investimento e, all’incontrario, abbottonarsi maggiormente quando
invece si inanellano più operazioni dal risultato negativo.
La stessa cosa accade qualora,
invece di titoli, l’investimento venga delegato ad un gestore ricercando quelli
che nel recente passato hanno realizzato le migliori performance. In tal modo
la scelta ricade sui top performer a uno
o due anni scartando i migliori gestori a cinque o più anni.
Questo comportamento è
associabile a quello di un allenatore di calcio la cui squadra è in svantaggio
a dieci-quindici minuti dalla conclusione del match e manda in campo il
migliore attaccante fra quelli seduti in panchina augurandosi che sappia
trovare la via del gol e riequilibrare il risultato. Converrete con me che un
atteggiamento siffatto, se fosse sistematico, difficilmente porterebbe alla
vittoria di molti campionati; sappiamo tutti che i migliori risultati si
ottengono con un duro e costante lavoro piuttosto che attraverso qualche gol
estemporaneo giunto in zona Cesarini dalla riserva di turno.
Investire in un fondo solo perché
ha dalla sua ottimi risultati di breve significa puntare non sulla capacità di
un gestore ma affidarsi ad eventi magari casuali. E’ un comportamento rischioso
perché transitorio mentre la gestione
dei propri risparmi dovrebbe essere affidata a coloro che sistematicamente
hanno garantito dei buoni risultati anche se mai di assoluto livello.
Ancora più pericoloso è far
ricadere la scelta di un investimento in base alle performance di un’asset che
nel recente passato è stata molto performante, soprattutto nel comparto
azionario. Accade molto spesso che un risparmiatore scelga di investire in un
mercato che è stato molto ripagante nel recente passato nella convinzione che
quella tendenza si rinnovi sistematicamente anche in futuro, non rendendosi
conto che l’alternanza e la variabilità delle performance è caratteristica
endemica di questi mercati.
Abbiamo avuto in questo biennio
un ottimo esempio di ciò: il mercato azionario cinese. Il trend di crescita di
quel paese, ben superiore a quelli registrati nei mercati occidentali, la
continua penetrazione delle loro merci nei mercati europei ed americani hanno
indotto a ritenere un ottimo affare quello di puntare sul drago cinese al fine
di ottenere delle cospicue plusvalenze, soprattutto alla luce del sorprendente
guadagno dei mesi precedenti. All’inizio di giugno 2015 la borsa di Shangai
vantava una crescita del 130% negli ultimi dodici mesi, il sogno di ogni
investitore.
Com’è andata ad oggi, fine
ottobre, a quei risparmiatori che hanno ritenuto di avvantaggiarsi di tanto ben
di Dio alla portata di chiunque? Dopo quindici giorni di rialzo (un 5%
aggiuntivo) a causa del rallentamento produttivo e delle esportazioni,
nonostante una crescita che per noi europei è da considerare “lunare”, i segnali di indebolimento strutturale
dell’economia cinese hanno indotto molti investitori istituzionali, fra cui
hedge fund e fondi comuni, a uscire massicciamente da quel mercato. Il
risultato alla fine di ottobre? Un amarissimo -30%, dopo aver toccato un minimo
a -36%, a conferma di quanto abbiamo detto.
La lezione da trarre è che solo
una lunga serie storica può essere ritenuta ragionevolmente affidabile per
delle scelte di portafoglio, che tali scelte devono essere guidate da fattori
razionali e non emozionali, né tantomeno da supposizioni effimere e immotivate,
che gli orizzonti temporali devono essere correttamente misurati sulla scorta
delle proprie esigenze piuttosto che sulla scorta della moda del momento e,
ultimo ma non meno importante, che l’investimento non deve essere approcciato
alla stregua di una puntata alla roulette ma come il veicolo che ci potrà
condurre al raggiungimento dei nostri reali obiettivi.
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