sabato 15 febbraio 2014

Laboratorio Swiss & Global - Lezione N. 72 - La relazione con il cliente e i bilanci mentali – II^ parte


Torno sulla questione dei bilanci mentali affrontata nella lezione precedente. Questi ci sono molto spesso d’aiuto, ma non nella gestione dei nostri risparmi. In effetti, i modi ingenui di ragionare sulla probabilità a posteriori sono insidiosi, per quanto spontanei, e possono minare la relazione con il cliente. Ho dedicato molti anni di studio a questo problema (l’articolo “Naive Probability” è il secondo lavoro più citato su Google Scholar, tra quelli a cui ho partecipato). Anche se solo da pochi anni, abbiamo fatto passi da gigante nel capire i modi di pensare e di emozionarsi delle persone di fronte all’incertezza. E tuttavia l’intuizione di come funziona il rapporto tra possibilità, fatti, rimpianti, e bilanci mentali non è del tutto nuova. Vorrei qui citare un passo tratto da un classico giallo di Nero Wolfe. Nel romanzo Troppi clienti, del 1960 (trad. it. 1961, p. 96, almeno nell’originale che posseggo), nel capitolo 11, l’investigatore Nero Wolfe ha insegnato al suo assistente Archie Goodwin a stare in guardia. 


“Uno degli scompartimenti più efficienti del cervello è quello che muta le possibilità in probabilità e le probabilità in fatti”. E poi, una volta che ci siamo convinti che una cosa è proprio un fatto - e non una delle tante possibilità che si è verificata in quel modo ma che, a priori avrebbe potuto verificarsi in altro modo - noi passiamo all’azione! E tutte le altre possibilità, quelle a cui avremmo potuto e dovuto pensare nel passato, e a cui magari abbiamo anche pensato, nel frattempo sono state dimenticate. Meglio, si sono evaporate, dissolte, non esistono più. Questo modo di pensare è alla base del “senno di poi”.

Nel mio primo libro di finanza comportamentale, nel 2006 (Psicologia e investimenti finanziari, IlSole-24Ore), ricordavo come Irving Fisher, celebre economista, avesse scritto nel 1930 un saggio dal titolo allusivo: Il ruolo dell’impazienza nello spendere il reddito e l’opportunità di investirlo (Londra, MacMillan). Fisher, dopo una vita laboriosa, perse tutto nel crollo della Borsa del 1929. Fisher individua nell’atteggiamento speculativo un problema di pure aspettative, indipendentemente dalle caratteristiche dell’oggetto acquistato: il semplice comprare a un prezzo basso nella speranza di vendere a un prezzo più alto. In sintesi – osserva Fisher - lo speculatore non si domanda: “ Quanto vale quello che compro? Compro a un prezzo giusto?” ma più semplicemente: “Salirà il prezzo di quello che compro, indipendentemente da quanto sia fondato il suo valore attuale?”.

Si spiega così come mai siano stati non reputati appetibili, molte volte (cfr. il mio testo del 2006), titoli di aziende quotate in Borsa a prezzi molto più bassi (p/e) rispetto a quando, pochi anni prima, gli stessi titoli venivano comprati a man bassa. E’ esattamente quello che è successo anche nell’ultimo triennio, da marzo 2009 a oggi. Solo nell’anno trascorso, il 2013, dopo due anni precedenti di crescita dei mercati (a partire dal marzo 2009), negli Stati Uniti il risparmiatore medio è entrato massicciamente in borsa (ancor di meno e con ancor più ritardo ciò è avvenuto in Italia, purtroppo). Nel complesso gli statunitensi, nel 2013, hanno tolto 67 miliardi di dollari dai fondi obbligazionari e ne hanno messi 21 nei fondi azionari. Ma la maturità acquisita, almeno rispetto ai tempi di Fisher, si dimostra con il fatto che, rispetto ai fondi azionari, sono stati gli ETF a essere i più premiati, con un incremento di 141 miliardi (cfr. Bloomberg, Lu Wang, 30 dicembre 2013). La maggioranza dei risparmiatori statunitensi ha imparato che meno di un terzo dei gestori dei fondi riesce a battere sistematicamente l’indice. Nel mio già citato libro del 2006, ho ricordato come Fisher, quasi un secolo fa, mettesse in guardia il risparmiatore rispetto ai tempi lunghi con cui si manifestano le regolarità storiche, i cosiddetti “ritorni verso la media”: 

Il risparmio non aiutato dalla fortuna farà, con il passare del tempo, più ricco il risparmiatore. Si deve tuttavia tener conto che il processo è lungo in confronto con chi si assume rischi e, per caso, ha fortuna […] Ma lo stesso rischio [accompagnato da sfortuna] può trasformare un uomo ricco in povero in pochi anni, e talvolta in pochi giorni. Questa è la prima lezione implicita sulla bontà, sui tempi lunghi, della diversificazione. Si noti che Fisher scriveva ben prima, storicamente, della messa a punto della  classica teoria del portafoglio all’inizio degli anni Cinquanta, teoria che da Fisher è solo intuita (non cita il concetto di decorrelazione, ma vi allude). Bloch (Speculation, 1999, in Legrenzi, 2006), in seguito, farà questo commento: Benché, nei migliori dei casi, gli speculatori svolgano un ruolo utile nell’identificare gap e asimmetrie nel mercato, molto più spesso l’orientamento a breve termine, e gli scenari psicologici a esso collegati, determinano un processo che distorce il mercato e conduce periodi protratti di disequilibrio. Tutto ciò ci ricorda gli studi analitici di Shiller, premio Nobel di quest’anno, sui fenomeni di regressione verso la media (il più ovvio è il p/e di circa 15) e queste citazioni, di per sé piuttosto banali, anticipano, a livello intuitivo, la strategia dei bilanci mentali su cui siamo tornati più volte.

Immaginiamo di essere un consulente alle prese con un cliente. Se siamo abili, sfruttiamo la tendenza a separare gli investimenti in comparti separati e a ragionare all’interno di bilanci mentali. Soprattutto staremo attenti a fissare gli opportuni sistemi di riferimento su cui stabilire le ancore mentali del nostro cliente, in modo che queste inneschino delle simulazioni mentali che gli arrechino soddisfazione e non insoddisfazione.  E’ molto importante evitare l’inerzia del suo pensiero, per cui il cliente tende ad accorgersi delle tendenze a fatti già maturi, spesso tardi, e la tendenza a pensare sui fatti avvenuti e non sulle possibilità del passato. Questa propensione a trasformare le possibilità in quello che poi è successo, è accentuata dal considerare il mercato in termini di “sentiment” complessivo di un dato periodo, e non di serie storiche lunghe. Torneremo su questo punto nelle prossime lezioni.

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