sabato 15 febbraio 2014

Laboratorio Swiss & Global - Lezione N. 71 - La relazione con il cliente e i bilanci mentali


Il 2 gennaio 2014 vengo a sapere che Warren Buffett, con il suo fondo, nell’ultimo quinquennio ha avuto una crescita, tutto compreso, di una percentuale non superiore all’80%. L’indice S&P 500, nello stesso periodo, ha avuto un incremento del 128%. Molte volte, quando illustro tutte le difficoltà che un buon consulente incontra con un cliente, anche preparato, cercando di spiegare la diversificazione e tutte le sue conseguenze (che abbiamo visto nelle ultime lezioni, in primis il rimpianto), viene menzionato il caso di Warren Buffet. Una sorta di contro-prova ai miei pressanti inviti alla diversificazione?


L’esperto di Omaha, nel Nebraska, ha cominciato quarant’anni fa e da allora, per ben 7 quinquenni, ha battuto l’indice. Non nell’ultimo quinquennio. Perché viene qui ricordata l’esperienza di Warren Buffett? Perché lui non diversifica nel senso tradizionale del termine. Compra quote cospicue di aziende o il controllo di intere società e scommette sul fatto che, mediamente, quelle società facciano meglio dell’indice, magari in seguito a interventi nella gestione.

Come si è visto alla luce dei risultati dell’ultimo quinquennio, non è detto che questo assunto sia sempre valido, e necessariamente si traduca in una strategia sempre vincente. Ma ha vinto in ben 7 quinquenni su 8, direte voi. Vi sembra assai improbabile che una cosa che capita 7 volte su 8 sia successa per tutte queste volte per puro caso. Vi sembra più opportuno dire che: è molto bravo, tant’è vero che solo in un caso su 8 non ha battuto l’indice. E tuttavia, invece di focalizzarvi, a posteriori, sui risultati ottenuti Warren Buffett, provate a  cambiare prospettiva (e cercate di farla mutare anche ai vostri clienti, se e quando vi assillano con questi esempi). Proviamo a considerare il caso di Warren Buffett non come un caso singolo ma come un fondo tra i tanti, seguito da uno dei numerosi gestori specializzati.

Con una stima molto prudenziale possiamo dire che negli USA ci sono circa cinquemila fondi paragonabili al suo. Considerate una sequenza di 8 periodi di tempo, abbastanza lunghi, per esempio otto anni consecutivi. Ora immaginate di lanciare una moneta per 8 volte di fila. L’uscita di “testa” corrisponde a un periodo in cui il gestore ha battuto l’indice, per esempio, relativo a un anno. Se lanciate molte volte 5mila monete per 8 volte di fila, avrete sui tempi lunghi 16 casi su 5mila in cui esce “testa” per tutte le otto volte di seguito. Risultato puramente statistico (anche se questo risultato non è sempre intuitivo; immaginate di gettare del riso a caso su 5mila piastrelle: ho trattato a lungo questo esempio nel mio testo sul Risparmio, Mulino 2013). Quindi, sui tempi lunghi, dovreste aspettarvi, riferendosi a una distribuzione statistica casuale, che ci siano 16 gestori che riescono a battere l’indice per otto periodi consecutivi, poniamo otto anni.

Ovviamente è molto difficile ragionare in questi termini, perché noi vediamo le cose a posteriori, con il senno di poi, e ci concentriamo sul gestore di successo, quello che stiamo esaminando, in questo caso Warren Buffett, o quello cui abbiamo affidato i nostri risparmi. E questo confronto lo faremo ancora una volta a coppie, per esempio tra un gestore e il benchmark, oppure tra due gestori, e non sullo sfondo di tutte le possibilità teoriche generate dai 5mila gestori esistenti, ma a noi sconosciuti. In altre parole, quando facciamo confronti di questo tipo, ci basiamo su due casi, o comunque su pochi casi. E tuttavia, anche basandosi su due casi, il confronto tra il fondo di Buffett e il benchmark, non è il confronto tra due entità omogenee.

Da uno studio appena pubblicato dal NBER (Cambridge) risulta che Buffett opera sul mercato con una leva media di 1,6. Questo vuol dire, in parole povere, che 100 dollari investiti muovono titoli per 160 dollari (cfr. PLUS24, 4.1.2014, p. 15). Quindi il suo fondo imbarca più rischio del benchmark (e si spiega così la differenza, nell’ultimo quinquennio, tra 80% e 128%: la leva amplifica scelte giuste e scelte sbagliate, i risultati nel corso di quinquenni buoni e nel corso di quinquenni cattivi). Un consulente deve avere  questo argomento pronto, quando i clienti gli ricordano Buffett et similia. Avere una buona relazione con il cliente implica anche saper rispondere alle sue argomentazioni.

Se ci fate caso, il “ragionare a posteriori”, concentrandoci su pochi casi rispetto a quelli teoricamente possibili, è proprio la stessa strategia che innesca il rimpianto in un portafoglio che è stato ben diversificato e che, necessariamente, non è andato bene in una delle sue componenti. E’ una strategia che giudica ora, in questo momento, il presente e il futuro alla luce di quello che è successo prima, nel passato. Inoltre, di questo passato, ci si concentra su alcuni casi, non su tutti i casi che teoricamente sarebbero stati possibili (spesso ci si concentra su un solo caso: quello che abbiamo sotto gli occhi!).

Tale modo di pensare, e quindi di emozionarsi, è reso molto convincente dal fatto che noi, avendo già diversificati i risparmi, esaminiamo e controlliamo l’andamento una fetta alla volta, fetta per fetta della torta, con la strategia che viene chiamata dei “bilanci mentali”. E cioè, così come facciamo nei bilanci domestici, e in tutte le altre scelte di vita, affrontiamo una cosa alla volta, come ci insegnavano, in passato, nell’economia domestica o nel fare programmi e bilanci personali. Il consulente deve avere pazienza di fronte a questa reazione molto popolare e spontanea. Solo la relazione di fiducia può aiutarlo. Tornerò su questo argomento nella prossima lezione.

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