sabato 29 dicembre 2012

Laboratorio Swiss & Global - Lezione N. 14 – Rischio e premio al rischio


Si presume che i risparmiatori debbano essere risarciti del maggiore rischio delle azioni rispetto alle obbligazioni. Questa valutazione è coerente con il maggiore rendimento delle azioni rispetto alle obbligazioni. Il differenziale, di conseguenza, potrebbe in linea teorica venir concepito come la compensazione per la paura di improvvise e dolorose discese. In altre parole il timore di crolli temporanei dei mercati va risarcito con più alti rendimenti medi.
Si pensi che, dal 1926 a oggi, abbiamo avuto sette anni di calendario (dal 1^ gennaio al 31 dicembre) in cui gli investitori statunitensi hanno perso in borsa più del 20% mentre questo non è mai accaduto per le obbligazioni. Ora i dati mostrano che questa spiegazione della natura del cosiddetto premio al rischio, e cioè il differenziale positivo che premia i rendimenti azionari rispetto a quelli obbligazionari, non è completa nel senso che il premio al rischio appare di entità esagerata, almeno sul piano di una razionalità che non tenga conto degli effetti amplificatori del dolore innescato dalle perdite e della conseguente paura.
Se consideriamo i mercati statunitensi lungo il più che secolare intervallo di tempo che va al 1990 fino alla fine dell’anno scorso, la differenza di rendimenti annui, in termini reali (tolta cioè l’inflazione), è di più del 4%, essendo il rendimento medio delle azioni del 6,3%, mentre quelle delle obbligazioni governative del 1,8%. Il valore statunitense è rappresentativo di una storia di successo, anche se Australia, Sud Africa e Svezia hanno fatto meglio di quel paese (cfr. Fig. 2). La media di tutte le borse del mondo, tranne gli USA, è soltanto del 5% (cfr. Dimson, Marsh, Stanton, 2011, p. 33 e segg., e Fig. 2).

La fig. 2 ci mostra le differenze di rendimento tra venti paesi, l’Europa e il mondo (senza gli USA). A prima vista risaltano le forti differenze, anche se nessun paese falsifica l’assunto che sui tempi lunghissimi (111 anni!), le azioni battano le obbligazioni. In questa superiorità delle azioni, i dividendi hanno avuto il ruolo più rilevante: spiegano più dei tre quarti dell’incremento totale. Nel periodo 1900-2011 il rendimento medio dei dividendi è stato il 4,1%, rispetto al ritorno medio delle azioni del 5,4%. E’ un dato curioso. Sul breve e medio termine, quello su cui per solito decidono gli investitori, il peso dei dividendi è spesso trascurato. Le azioni che hanno dato dividendi più alti sui tempi lunghi hanno reso complessivamente molto di più, e questo si è ripetuto anche in questo secolo. Il rendimento medio dei dividendi dei paesi di cui in Fig. 2 è attualmente del 2,7%, più basso purtroppo della media storica.
Questi dati sembrano indubbiamente favorire le azioni sulle obbligazioni. Eppure da un decennio la grande maggioranza dei risparmi preferisce le seconde alle prime. Il fatto è che un decennio corrisponde a un intervallo consono ai tempi “umani”, rispetto al disumano “più di un secolo” (cfr. Fig. 2). E’ la nostra esperienza dei mercati quella che conta, l’esperienza che facciamo nel corso della nostra vita, e non le statistiche che coprono più di un secolo. Gli episodi di crisi, come quella che stiamo attraversando, con i suoi riflessi sui mercati, hanno superato le attese più pessimistiche. Osserva al riguardo Nassim Taleb, nel suo ultimo saggio Antifragile (2012, p. 34):
I professionisti della gestione del rischio si basano sugli episodi del passato che corrispondono “al peggior scenario possibile”. E usano questi scenari negativi per stimare i rischi futuri, nell’ambito dei cosiddetti “stress test”. Essi considerano la peggior recessione, guerra, disoccupazione, cambiamento storico dei tassi. Ed è questo il loro criterio per stimare il peggior scenario possibile futuro. E tuttavia trascurano questo fatto: il peggior scenario possibile, quando capita, supera i peggiori del passato. Ho chiamato tale aporia il problema di Lucrezio, ispirandomi al filosofo latino che scrisse che lo sciocco crede che la più alta montagna del mondo sia la montagna più alta che ha visto … analogamente Alan Greenspan, precedente responsabile della Federal Reserve, si scusò con il Congresso adducendo il classico “non era mai successo prima” .

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