sabato 15 dicembre 2012

Laboratorio Swiss & Global - Lezione N. 13 – Il rischio in finanza


Nel mondo finanziario odierno il rischio è stato definito in modo preciso e corrisponde all’oscillazione di un valore nel tempo. Questa decisione, a suo tempo, è stata presa per motivi di ordine metodologico: la misura della oscillazione nel tempo, in statistica, è chiamata deviazione standard. E’ molto conveniente “ridurre” il rischio alla misura dell’oscillazione di un valore nel tempo. Si tratta di un valore semplice da calcolare ed è il metro universalmente accettato per misurare la variabilità delle cose (cfr. L’investimento, Le guide di Plus, Il Sole 24Ore,  14.04.2012, p. 54 e Psicologia e Investimenti, n. 9/2012, Le guide d Plus, ottobre, 2012).
L’esempio canonico, tratto da una nota introduzione di Cesarini e Gualtieri (La Borsa, Il Mulino, 2000, p. 93) è il confronto tra i titoli del tesoro statunitense a 1 mese, a 20 anni e l’indice S&P 500, l’indice più usato per misurare le prestazioni della borsa americana (per una discussione cfr. Legrenzi, Psicologia e Investimenti Finanziari, Il Sole 24Ore, 2006, p. 93). Ecco i valori nel periodo 1926-1993:
Titoli del Tesoro a 1 mese = 3,32 deviazioni standard
Titoli del Tesoro a 20 anni = 8,67 deviazioni standard
Titoli S&P = 20,46 deviazioni standard

La teoria classica assume che i valori di borsa, oscillando di più, sono anche i più rischiosi rispetto ai titoli del Tesoro.
Robert E. Whaley, professore alla Vanderbilt University, in un articolo del 1993, introdusse l’indice Vix. Il Vix è calcolato sulla base delle aspettative di volatilità dei mercati relative al prossimo mese. Quanta più è alta l’incertezza su quello che faranno i mercati di qui a un mese, tanto più l’indice Vix è alto. L’incertezza è desunta dalle scommesse sul futuro degli operatori. Per dare un’idea, il Vix è storicamente oscillato da circa 10 a 60 (valore della settimana del 20 ottobre 2008, e nella prima settimana di aprile 2012 è a 16).
Contrariamente a molte credenze popolari, codificate nel romanzo dell’inglese Robert Harris (L’indice della paura, Mondadori 2011, The Fear Index, Hutchinson 2011), il Vix non è una misura della paura, ma dell’incertezza delle previsioni su come andranno i mercati tra un mese. E, in realtà, è utile come indice dell’incertezza degli operatori più che per fare delle previsioni. Infatti, se confrontiamo la volatilità prevista per il mese successivo, troviamo una correlazione molto alta con quella del mese appena trascorso (dati dal 1990 al 2009).
In realtà, la paura ha a che fare non tanto con le oscillazioni di valore dei mercati quanto con l’aspettativa, fondata o meno, di temute discese dei mercati o, più precisamente, con il timore che la discesa già avvenuta inneschi altre discese o addirittura la scomparsa di un titolo dal listino. Nel caso delle obbligazioni, si teme l’eventualità estrema che l’emittente non sia in grado di onorare l’impegno di pagamento degli interessi o, addirittura, il rimborso del capitale (caso Grecia). Il Vix invece misura oscillazioni, sia in salita che in discesa.
E’ noto che le discese fanno più male di quanto non siano piacevoli salite della stessa entità, secondo la funzione del valore studiata da Kahneman e verificata empiricamente in molti scenari, non solo quelli economici. Ne consegue che noi non abbiamo paura tanto del fatto che i valori oscillino, quanto dei valori che stanno andando o sono andati giù. Infatti, una salita non compensa mai “psicologicamente” una discesa di pari entità. Data la maggiore oscillazione dei mercati azionari rispetto a quelli obbligazionari, è più probabile che i primi subiscano forti discese rispetto ai secondi (nell’anno peggiore, dal 1926 al 1993, i titoli del tesoro statunitensi sono scesi del 9%, la borsa del 43%: l’ultimo decennio è stato molto significativo a questo riguardo). Di qui la maggior paura per i titoli azionari dovuta anche al fatto che le persone, non guidate da un consulente, tendono a muovere i loro titoli tenendo presente quello che è successo in un passato di durata molto breve. La guida di un consulente oggi è più indispensabile che in passato perché, come osserva saggiamente Marco Liera (Il Sole 24Ore, 25.11.2012, p. 16):
“L’investitore saggio dovrebbe dimostrare di avere capacità di adattamento ai nuovi scenari, evitando di illudersi di tornare alla presunta “normalità” dei tempi che furono”.
“La parola rischio deriva dall’italiano antico “risicare”, che significa osare, correre rischi. In questo senso il rischio è più scelta che sorte. Le azioni che osiamo intraprendere, che dipendono cioè dalla misura della nostra libertà di scelta, sono il vero oggetto della storia dl rischio. E questa storia aiuta a capire quale sia la vera natura dell’essere umano”. Peter Bernstein

Nessun commento:

Posta un commento