domenica 17 dicembre 2017

MERCATI FINANZIARI: OSSERVATORIO DEL 15/12/2017


A DUE SETTIMANE DAL BILANCIO DEFINITIVO, IL 2017 PER L’AZIONARIO PUO’ GIA’ DEFINIRSI SODDISFACENTE
 
Siamo ormai in dirittura d’arrivo e nulla sembra poter far deviare la marcia dei mercati azionari che stanno per chiudere in bellezza un anno all’insegna
dell’ottimismo.
 
Tre mercati svettano sugli altri e molto diversi fra di loro. Hong Kong resta ancora la regina del mercato, forte di un rialzo che supera il 30%, ma poco sotto questa straordinaria performance stazionano l’indice nordamericano del Nasdaq, quello dei titoli tecnologici, e l’India forti a loro volta di rialzi superiori al 25% mentre al di poco sotto il 20% troviamo le altre due regine del nuovo continente, la borsa carioca e il mercato più rappresentativo degli USA, lo S&P 500. Altri 6 indici si collocano fra il 10 ed il 20% di rialzo e sono quello giapponese, quello mondiale e l’indice generale delle borse mondiali, il MSCI World e le più rappresentative borse dell’Europa comunitaria.
 
Ciò che balza all’occhio è che più dei 2/3 del nostro paniere stanno per chiudere il 2017 con rialzi superiori al 10%, un risultato di tutto rispetto. In coda (si fa per dire) Eurostoxx 50, Regno Unito, Shangai. Fanalino di coda e unico mercato ancora in territorio negativo l’indice di Mosca, a -0,35%.
 
L’impressione che se ne trae è quella di un mercato blindato; per meglio spiegarci sembra di essere in una situazione artificialmente dorata in cui c’è abbondanza di liquidità grazie alle manovre delle banche centrali, liquidità che nella scelta fra mercati obbligazionari (a rendimenti depressi) e mercati azionari scelte quest’ultima via nonostante i ragionevoli dubbi sulla poca congruità delle quotazioni, soprattutto in termini di relazione fra prezzo e utili.
 
Un segnale importante per trovare un equilibrio più attendibile potrebbe essere dato da un incremento del tasso di inflazione generale ma questo resta bloccato sotto il 2% e le attese, almeno per il momento, sono quelle di una sua ulteriore limatura. Rischio immediato rimandato, rialzo assicurato; non sarà vero ma almeno ci si spiega il perché di questa anomala situazione.
 
Dunque, fra una ragionevole prudenza e un credibile azzardo sino ad ora è stato quest’ultimo ad averla vinta, a tutto vantaggio degli investitori più audaci. Gli altri stanno a guardare e si fanno i conti in tasca di quanto è loro sfuggito di mano sino ad ora.
 
Questo non significa che stiamo dalla parte degli audaci ben consci che prima o poi dovranno confrontarsi con un ribaltamento della situazione che, quando avverrà, sarà foriera di sgradite perdite a cui faranno seguito i soliti mea culpa con tanto di lacrime di coccodrillo, ma ciò fa parte dei corsi e ricorsi del mercato dell’equity.


Per dovere di cronaca sottolineiamo che la prima metà di dicembre alcuni mercati hanno accusato dei contenuti ritocchi, i tre estremo-orientali e quello nostrano mentre, all’incontrario, il Nasdaq, lo S&P 500 e l’indice MSCI World sono volati a nuovi record. Qui c’è lo zampino di Mr. Trump che ha ottenuto l’ok per il varo della riforma fiscale che porterà consentirà ad imprese e privati nordamericani maggiori possibilità di spesa e conseguentemente di crescita.
 
Staremo a vedere, da qui in avanti, se la reazione a questa importantissima novità sarà un’ulteriore salita dei listini oppure, come spesso avviene, se sulle buone notizie inizieranno le prese di beneficio.
 
 
UN ANDAMENTO INATTESO PER IL DOLLARO


In questa prima metà del mese si è verificato l’evento atteso da tutti, ossia l’aumento dei tassi della Fed che era così tanto atteso da non sorprendere affatto. I tassi sono stati innalzati ad una forbice fra l’ 1,25% e l’ 1,50%; un simile annuncio avrebbe dovuto spingere all’insù la quotazione del biglietto verde ma non ci sono stati significativi movimenti.
 
Quello che si va consolidando invece è un range, creatosi dal luglio scorso, nel quale il rapporto di cambio è racchiuso fra l’1,15 e l’1,20 e non si vede a breve alcuna possibilità di rottura; pur restando poco affidabili le previsioni in termini di rapporti di cambio una possibilità di eventuale rafforzamento del dollaro potrebbe essere innescata dal taglio fiscale di cui abbiamo detto in precedenza.
 
In generale la forza dell’euro permane anche in presenza di qualche lieve limatura nei confronti delle due monete asiatiche di riferimento, lo yen e lo yuan cinese; sulla sterlina inglese permangono oscillazioni di scarsissimo peso che mantengono il rapporto di cambio bloccato sul valore di 0,88 dal mese di settembre.
 
Di seguito il quadro della situazione negli ultimi sessanta giorni fra l’euro e le principali valute estere:



IL BTP SE NE VA IN ALTALENA


 
Mentre i rendimenti dei decennali che compongono il nostro paniere restano sostanzialmente invariati nelle prime due settimane di dicembre sul Btp si è vista molta volatilità. A una settimana dalla fine di novembre il titolo italiano rendeva l’1,83% annuo per portarsi a inizio dicembre a una redditività dell’1,71%. Alla fine della settimana successiva si registra una seconda limatura dei rendimenti che arrivano a 1,65%, il minimo dall’inizio del 2017.
 
La settimana successiva si inverte la tendenza e il Btp chiude a 1,81%, praticamente allo stesso rendimento da cui era iniziato il movimento che sostanzialmente coincide con i valori di inizio anno. La stessa situazione in termini di rendimento si ripropone, con oscillazioni lievemente superiori, per il decennale francese e quello statunitense.
 

Scostamenti più ampi fra l’inizio d’anno e le quotazioni attuali caratterizzano invece i titoli governativi di Gran Bretagna e Germania, come si può evincere dalla figura successiva.

 

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