A DUE SETTIMANE DAL BILANCIO DEFINITIVO, IL
2017 PER L’AZIONARIO PUO’ GIA’ DEFINIRSI SODDISFACENTE
Siamo ormai in dirittura d’arrivo e nulla
sembra poter far deviare la marcia dei mercati azionari che stanno per chiudere
in bellezza un anno all’insegna
dell’ottimismo.
dell’ottimismo.
Tre mercati svettano sugli altri e molto
diversi fra di loro. Hong Kong resta ancora la regina del mercato, forte di un
rialzo che supera il 30%, ma poco sotto questa straordinaria performance
stazionano l’indice nordamericano del Nasdaq, quello dei titoli tecnologici, e
l’India forti a loro volta di rialzi superiori al 25% mentre al di poco sotto
il 20% troviamo le altre due regine del nuovo continente, la borsa carioca e il
mercato più rappresentativo degli USA, lo S&P 500. Altri 6 indici si
collocano fra il 10 ed il 20% di rialzo e sono quello giapponese, quello
mondiale e l’indice generale delle borse mondiali, il MSCI World e le più
rappresentative borse dell’Europa comunitaria.
Ciò che balza all’occhio è che più dei 2/3 del
nostro paniere stanno per chiudere il 2017 con rialzi superiori al 10%, un
risultato di tutto rispetto. In coda (si fa per dire) Eurostoxx 50, Regno
Unito, Shangai. Fanalino di coda e unico mercato ancora in territorio negativo
l’indice di Mosca, a -0,35%.
L’impressione che se ne trae è quella di un
mercato blindato; per meglio spiegarci sembra di essere in una situazione
artificialmente dorata in cui c’è abbondanza di liquidità grazie alle manovre
delle banche centrali, liquidità che nella scelta fra mercati obbligazionari (a
rendimenti depressi) e mercati azionari scelte quest’ultima via nonostante i
ragionevoli dubbi sulla poca congruità delle quotazioni, soprattutto in termini
di relazione fra prezzo e utili.
Un segnale importante per trovare un equilibrio
più attendibile potrebbe essere dato da un incremento del tasso di inflazione generale
ma questo resta bloccato sotto il 2% e le attese, almeno per il momento, sono
quelle di una sua ulteriore limatura. Rischio immediato rimandato, rialzo
assicurato; non sarà vero ma almeno ci si spiega il perché di questa anomala
situazione.
Dunque, fra una ragionevole prudenza e un
credibile azzardo sino ad ora è stato quest’ultimo ad averla vinta, a tutto
vantaggio degli investitori più audaci. Gli altri stanno a guardare e si fanno
i conti in tasca di quanto è loro sfuggito di mano sino ad ora.
Questo non significa che stiamo dalla parte degli
audaci ben consci che prima o poi dovranno confrontarsi con un ribaltamento
della situazione che, quando avverrà, sarà foriera di sgradite perdite a cui
faranno seguito i soliti mea culpa con tanto di lacrime di coccodrillo, ma ciò fa
parte dei corsi e ricorsi del mercato dell’equity.
Per dovere di cronaca sottolineiamo che la
prima metà di dicembre alcuni mercati hanno accusato dei contenuti ritocchi, i
tre estremo-orientali e quello nostrano mentre, all’incontrario, il Nasdaq, lo
S&P 500 e l’indice MSCI World sono volati a nuovi record. Qui c’è lo
zampino di Mr. Trump che ha ottenuto l’ok per il varo della riforma fiscale che
porterà consentirà ad imprese e privati nordamericani maggiori possibilità di
spesa e conseguentemente di crescita.
Staremo a vedere, da qui in avanti, se la
reazione a questa importantissima novità sarà un’ulteriore salita dei listini
oppure, come spesso avviene, se sulle buone notizie inizieranno le prese di
beneficio.
UN
ANDAMENTO INATTESO PER IL DOLLARO
In questa prima
metà del mese si è verificato l’evento atteso da tutti, ossia l’aumento dei
tassi della Fed che era così tanto atteso da non sorprendere affatto. I tassi
sono stati innalzati ad una forbice fra l’ 1,25% e l’ 1,50%; un simile annuncio
avrebbe dovuto spingere all’insù la quotazione del biglietto verde ma non ci
sono stati significativi movimenti.
Quello che si
va consolidando invece è un range, creatosi dal luglio scorso, nel quale il
rapporto di cambio è racchiuso fra l’1,15 e l’1,20 e non si vede a breve alcuna
possibilità di rottura; pur restando poco affidabili le previsioni in termini
di rapporti di cambio una possibilità di eventuale rafforzamento del dollaro
potrebbe essere innescata dal taglio fiscale di cui abbiamo detto in
precedenza.
In generale la
forza dell’euro permane anche in presenza di qualche lieve limatura nei
confronti delle due monete asiatiche di riferimento, lo yen e lo yuan cinese;
sulla sterlina inglese permangono oscillazioni di scarsissimo peso che
mantengono il rapporto di cambio bloccato sul valore di 0,88 dal mese di
settembre.
Di seguito il
quadro della situazione negli ultimi sessanta giorni fra l’euro e le principali
valute estere:
IL BTP SE NE VA IN ALTALENA
Mentre i rendimenti dei decennali che
compongono il nostro paniere restano sostanzialmente invariati nelle prime due
settimane di dicembre sul Btp si è vista molta volatilità. A una settimana
dalla fine di novembre il titolo italiano rendeva l’1,83% annuo per portarsi a
inizio dicembre a una redditività dell’1,71%. Alla fine della settimana
successiva si registra una seconda limatura dei rendimenti che arrivano a
1,65%, il minimo dall’inizio del 2017.
La settimana successiva si inverte la tendenza
e il Btp chiude a 1,81%, praticamente allo stesso rendimento da cui era
iniziato il movimento che sostanzialmente coincide con i valori di inizio anno.
La stessa situazione in termini di rendimento si ripropone, con oscillazioni
lievemente superiori, per il decennale francese e quello statunitense.
Scostamenti più ampi fra l’inizio d’anno e le
quotazioni attuali caratterizzano invece i titoli governativi di Gran Bretagna
e Germania, come si può evincere dalla figura successiva.
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