sabato 18 novembre 2017

MERCATI FINANZIARI: OSSERVATORIO DEL 10/11/2017



CORREZIONI SUI LISTINI EUROPEI. CAMBIO DI ROTTA O TEMPORANEE PRESE DI BENEFICIO?

 
Nell’ultimo report avevamo posto la questione se non sarebbe stato il caso, vista la crescita così inaspettatamente lineare dei mercati, di ridurre alcune esposizioni e creare liquidità di cui poter disporre in momenti meno brillanti.

In questo primo scorcio di novembre, nel quale peraltro non è accaduto nulla di eclatante, i listini europei hanno accusato una battuta d’arresto e chiudono la prima decade del mese in negativo. Non stiamo parlando di un cambio di umore nei confronti di mercato, si tratta infatti di correzioni piuttosto contenute racchiuse in una forbice che va dal -0,46% dell’Italia al -2,06% della Francia. L’ipotesi più realistica è quella di essere in presenza di prese di beneficio al fine di proteggere la redditività della componente azionaria a poco più di 50 giorni dalla fine dell’anno.

Diverso discorso per le altre due piazze che chiudono le ultime due settimane con il segno negativo. Da una parte abbiamo il Brasile che registra la peggiore performance, oltre il 5%, dopo aver toccato i massimi assoluti solo un mese fa, un traguardo decisamente inaspettato se consideriamo le vicende politiche interne e la situazione di momentanea(?) stagnazione della sua economia.

In Cina il Congresso nazionale del Partito Comunista Cinese si è concluso ed il presidente Xi Jinping ne è uscito rafforzato acquisendo un maggior margine di manovra e potendo perseguire con maggiore incisività le riforme da tempo prospettate. Tra queste, la più importante riguarda la lotta contro la corruzione interna per favorire una maggiore efficacia delle politiche economiche. I presupposti affinché ciò avvenga ci sono tutti, il che è positivo per la stabilizzazione nel medio termine del sistema economico e finanziario cinese e di conseguenza per quello mondiale. Bisogna però tenere presente che ciò interessa il settore finanziario, la ristrutturazione del sistema industriale e comporta controlli più rigidi a livello di rischi ambientali, tutti fattori che in una prima fase possono provocare instabilità.  

Fra i rimanenti indici del nostro paniere confermano un trend favorevole quelli del Giappone, della Cina e della Russia. L’attenzione ora si sposta sui risultati politici ed economici che deriveranno dalla visita in estremo oriente di Donald Trump e del suo obiettivo che lo attende al ritorno in patria, ossia la riforma fiscale, sulla quale i mercati hanno riposto la fiducia che ha trascinato i listini in questi mesi.


I listini da gennaio:

Vediamo infine la situazione da inizio anno che si conferma comunque estremamente positiva, con il listino di Hong Kong volato al di sopra del 30% mentre si confermano in stato di grazia India (ai suoi massimi storici), S&P 500 e Nasdaq. Il Brasile si riporta sotto la barriera del 20% e nell’area 15-20% di rialzo è in compagnia dell’indice giapponese e di Piazza Affari. Nella fascia +9/15%, nonostante le predette correzioni, si collocano altri sei listini, in prevalenza europei. A chiudere le borse di Gran Bretagna e Russia e, comunque sia, non c’è alcun indice in territorio negativo, a conferma dell’eccezionalità di questo 2017 che a gennaio, in termini di ulteriore crescita, destava non poche preoccupazioni fra gli operatori.
 
BANK OF ENGLAND SI MUOVE MA IN PUNTA DI PIEDI
 
Dopo 10 anni la Bank of England ha alzato i tassi di 25 basis point, portandoli a 0.50%. Il rialzo era più che annunciato (noi stessi l’avevamo dato per scontato da tempo, come ricorderete) ma ha un po’ sorpreso la paventata intenzione di voler assumere un percorso di normalizzazione della politica monetaria più lento di quanto atteso e ciò alla vigilia dell’annuncio (di queste ore) dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea per la fine di marzo 2019 come se il passaggio potesse avvenire in forma indolore; staremo a vedere.
 
Ripercussioni sul decennale britannico? Nessuna, era già tutto scontato da almeno due mesi. Lo stesso dicasi sul rapporto di cambio con l’euro che ormai da maggio si trova racchiuso in un range che va da 0,86 pounds contro euro a 0,92, salvo uno spike a 0,93 durato una sola settimana.
 
Il mercato obbligazionario in queste due settimane si è mosso soprattutto sui titoli decennali italiani. I rendimenti del Btp si sono infatti ridotti dall’1,95% di fine ottobre all’1,85%, quasi a sancire la voglia di guadagni aggiuntivi derivanti dall’atteggiamento accondiscendente della BCE che ha annunciato la prosecuzione delle facilitazioni monetarie anche per il 2018 avvantaggiando pertanto i titoli periferici dell’area euro che continueranno a godere di stabilità e tassi di mercato risicati che si riverberano sul costo del debito. Ciò è destinato comunque ad avere una fine, vuoi per la scadenza del mandato di Draghi vuoi per la possibilità, ora meno remota, di una recrudescenza dell’inflazione; per chi non se ne fosse accorto è il caso di sottolineare che Wti è cresciuto del 32% dal mese di giugno e prima o dopo i suoi effetti si faranno sentire mentre il pieno alla pompa è già lievitato. Provare per credere.
 
Per quanto concerne gli altri governativi decennali del nostro osservatorio, nonostante i movimenti infrasettimanali, hanno tutti rendimenti piuttosto stabili che andiamo a evidenziare nel grafico seguente:
 
 
LE VALUTE SI MUOVONO. USARE CAUTELA
 
Sul mercato valutario registriamo qualche modesto segno di volatilità. L’euro sul dollaro sembra aver esaurito la fase correttiva dai massimi di periodo che ha portato il rapporto di cambio da 1,20 a 1,16 a inizio novembre. La scorsa settimana l’euro, almeno in apparenza,  ha invertito la rotta avvicinandosi alla soglia di 1,17. Crediamo che fra le misure espansive che Trump dovrebbe attuare, il decoupling tra la politica della Fed e quella della Bce e qualche possibile mutamento sulle attese dell’inflazione il rapporto fra le due valute non sarà certo statico e tranquillo nei prossimi mesi. Non cadiamo nella tentazione di fare previsioni onde evitare indesiderati errori di posizionamento.
 
Un po’ meno aleatorie le previsioni sullo yen che, a causa delle politiche ultra-espansione del riconfermato premier, dovrebbe mantenersi sostanzialmente debole sull’euro. Molto stabile, come abbiamo già detto, il cambio fra euro e sterlina anche dopo il ritocco dei tassi che si gioca in un range fra 0,88 e 0,90 e non resta che prestare un po’ d’attenzione al rapporto con lo yuan cinese. Dopo continue micro-svalutazioni che sono durate da gennaio a fine agosto, lo yuan ha ripreso un po’ vigore portandosi a quota 7,70 a inizio mese salvo un rimbalzo, ancora tutto da valutare, avvenuto in settimana chiudendo a 7,745.
Sono tutte situazioni piuttosto fluide e dunque, per l’investitore in euro, grande attenzione e cautela al fine di non vanificare i positivi risultati dell’anno scommettendo sul mercato più indecifrabile, quello valutario.
 
 
 

 
 

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