Il metodo comparativo
Abbiamo visto come il
metodo comparativo consista nel confrontare il costo medio della consulenza
italiana con quella di paesi esteri analoghi. I costi sembrano in linea, o
diventeranno in linea con i criteri delle nostre analisi, per quanto concerne
il costo della consulenza quando questo è scorporato e reso visibile come
vorrebbe la Mifid 2.
Al contrario, l’apporto
della consulenza è. talvolta, relativamente (e comparativamente) caro quando il
costo è incorporato nei prodotti e quindi “invisibile”. Queste situazioni sono
le più vulnerabili con l’arrivo di Mifid 2. Si tenga presente che uno dei più
grandi e tradizionali gestori statunitensi, Fidelity, nel corso dell’ultimo
decennio, ha ridotto i margini della metà pur non riducendo gli utili. E’
plausibile, e forse prevedibile, che - col tempo - questa riduzione
gradatamente avverrà anche in Italia.
Il metodo della stima dei costi di altre attività di consulenza
C’è un altro modo, più
indiretto rispetto ai due già esaminati e consistenti nel confronto dei costi
della consulenza con gli svantaggi derivanti dal “fai da te” (italiano e USA).
Si tratta di applicare il metodo comparativo non tra consulenza e “fai-da-te”,
bensì basandosi sul confronto del costo della consulenza con il costo di
consulenza in campi limitrofi e in attività analoghe. Il caso più vicino, forse
sorprendentemente, è quello dell’insegnamento perché le attività formative
possono essere fatte con interventi personalizzati e “frontali”, come nel caso
della consulenza tradizionale, oppure con sistemi informatici e robotizzati,
per usare il termine in voga nella gestione dei risparmi.
Consideriamo la matematica, un
dominio di conoscenze caratterizzato da forme d’apprendimento che non sono così
lontane da quelle richieste per gestire un patrimonio: correlazioni,
diversificazioni, rischi, probabilità, incertezze, e così via. Per imparare la
disciplina, e migliorare in matematica, si possono usare dei software, simili a
quelli che nella gestione dei patrimoni si chiamano robo-advisor, oppure dei
modi tradizionali e “personali” di insegnare.
E’ facile rilevare che gli interventi
diretti e personalizzati corrispondono, grosso modo, in termini di efficacia
all’auto-apprendimento aiutato da computer ma sono molto più costosi. E
tuttavia la gestione dei patrimoni è più complessa dell’apprendimento della
matematica perché coinvolge affetti, emozioni e paure, come abbiamo mostrato
più volte. Quindi è indispensabile la fiducia reciproca tra consulente e
cliente, e non è possibile costruire quest’ultima con un robo-advisor. Di
conseguenza, anche da questa prospettiva, il costo della consulenza è più che
giustificato.
La figura confronta le varie modalità di formazione in matematica
e i miglioramenti nella formazione presso due paesi a cultura diversa, India e
USA. Fonte: Economist modificata.
Ovviamente la consulenza in campo economico, sia che si tratti di
gestire un portafoglio che di imparare un mestiere, ha più leva “migliorativa”
che in altri campi del sapere e delle professioni. Questo lo si può vedere
facilmente confrontando, nelle diverse università britanniche, la differenza
del salario di entrata, cinque anni dopo che ci si è laureati presso diverse
università nei diversi ambiti professionali. Come nel caso della consulenza non
tutte le discipline sono uguali e non tutte le università sono uguali. Chi da
una consulenza più pregiata ottiene vantaggi maggiori.
La figura mostra lo stipendio medio cinque anni dopo che si sono
terminati gli studi in funzione dell’università frequentata e degli studi
fatti. Fonte: Economist modificata.
Il tragico paradosso della consulenza
La tabella precedente è interessante perché mostra come i
differenziali di salario si manifestino più evidenti dove i clienti sono in
grado di apprezzare la diversa qualità ed efficacia dei servizi offerti dalla
consulenza. Se diventi dentista, non importa così tanto dove hai studiato
quando inizierai a praticare la professione. Se entri negli affari, la LSE o
Oxbridge sono un gradino formativo che contribuirà a una grande differenza
salariale. Ci vuole cioè una certa cultura da parte della futura clientela per
apprezzare le differenze nella formazione e le loro conseguenze una volta che
tale formazione sia applicata alla consulenza.
La consulenza come leva
di sapere che ci fa arrivare più in alto grazie all’arricchimento del capitale
umano. La crescita dei patrimoni è solo un caso particolare.
In conclusione, la
consulenza altro non è che una “leva di sapere” che migliora lo stipendio o il
patrimonio solo se viene apprezzata dai clienti, se cioè i clienti posseggono
cultura e esperienza sufficienti per capire i miglioramenti che ne derivano.
Questo è il tragico “paradosso della consulenza”: chi la ha a disposizione è in
grado di apprezzarne gli effetti, chi non la ha neppure ne vede i benefici.
La forte correlazione speculare tra VIX e S&P 500. Fonte: Bloomberg
modificata.
Via via che un cliente è seguito da un consulente, questi gli
mostra da un lato l’incertezza e la vulnerabilità ma, dall’altro, la presenza
di correlazioni abbastanza stabili che il cliente impara. E, via via che
impara, la figura del consulente si trasforma da quella di un tecnico che
“risolve i problemi”, come molti altri professionisti, a una persona di fiducia
con cui si può parlare di tutto quello che ci sta a cuore: famiglia, figli,
futuro, lavoro, pensione, e così via. Per esempio, poniamo che il cliente
impari sui tempi lunghi la correlazione tra il VIX, il cosiddetto indice della
paura consistente in scommesse sull’incertezza del futuro, e l’andamento del
mercato. A questo punto l’aver imparato questa correlazione gli fa apprezzare
di più quello che fa il consulente. Via via che impara di più, apprezza di più
la persona da cui imparato che diventa il suo mentore. Ecco un altro modo con
cui prende forma il paradosso della consulenza.
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