sabato 18 novembre 2017

Laboratorio GAM - Lezione N. 242 - Altri metodi per la stima del costo della consulenza


 
Il metodo comparativo
 
Abbiamo visto come il metodo comparativo consista nel confrontare il costo medio della consulenza italiana con quella di paesi esteri analoghi. I costi sembrano in linea, o diventeranno in linea con i criteri delle nostre analisi, per quanto concerne il costo della consulenza quando questo è scorporato e reso visibile come vorrebbe la Mifid 2.
 
Al contrario, l’apporto della consulenza è. talvolta, relativamente (e comparativamente) caro quando il costo è incorporato nei prodotti e quindi “invisibile”. Queste situazioni sono le più vulnerabili con l’arrivo di Mifid 2. Si tenga presente che uno dei più grandi e tradizionali gestori statunitensi, Fidelity, nel corso dell’ultimo decennio, ha ridotto i margini della metà pur non riducendo gli utili. E’ plausibile, e forse prevedibile, che - col tempo - questa riduzione gradatamente avverrà anche in Italia.
 
Il metodo della stima dei costi di altre attività di consulenza
 
C’è un altro modo, più indiretto rispetto ai due già esaminati e consistenti nel confronto dei costi della consulenza con gli svantaggi derivanti dal “fai da te” (italiano e USA). Si tratta di applicare il metodo comparativo non tra consulenza e “fai-da-te”, bensì basandosi sul confronto del costo della consulenza con il costo di consulenza in campi limitrofi e in attività analoghe. Il caso più vicino, forse sorprendentemente, è quello dell’insegnamento perché le attività formative possono essere fatte con interventi personalizzati e “frontali”, come nel caso della consulenza tradizionale, oppure con sistemi informatici e robotizzati, per usare il termine in voga nella gestione dei risparmi.
 
Consideriamo la matematica, un dominio di conoscenze caratterizzato da forme d’apprendimento che non sono così lontane da quelle richieste per gestire un patrimonio: correlazioni, diversificazioni, rischi, probabilità, incertezze, e così via. Per imparare la disciplina, e migliorare in matematica, si possono usare dei software, simili a quelli che nella gestione dei patrimoni si chiamano robo-advisor, oppure dei modi tradizionali e “personali” di insegnare.
 
E’ facile rilevare che gli interventi diretti e personalizzati corrispondono, grosso modo, in termini di efficacia all’auto-apprendimento aiutato da computer ma sono molto più costosi. E tuttavia la gestione dei patrimoni è più complessa dell’apprendimento della matematica perché coinvolge affetti, emozioni e paure, come abbiamo mostrato più volte. Quindi è indispensabile la fiducia reciproca tra consulente e cliente, e non è possibile costruire quest’ultima con un robo-advisor. Di conseguenza, anche da questa prospettiva, il costo della consulenza è più che giustificato.
 
 


La figura confronta le varie modalità di formazione in matematica e i miglioramenti nella formazione presso due paesi a cultura diversa, India e USA. Fonte: Economist modificata.

Ovviamente la consulenza in campo economico, sia che si tratti di gestire un portafoglio che di imparare un mestiere, ha più leva “migliorativa” che in altri campi del sapere e delle professioni. Questo lo si può vedere facilmente confrontando, nelle diverse università britanniche, la differenza del salario di entrata, cinque anni dopo che ci si è laureati presso diverse università nei diversi ambiti professionali. Come nel caso della consulenza non tutte le discipline sono uguali e non tutte le università sono uguali. Chi da una consulenza più pregiata ottiene vantaggi maggiori.
 
 
La figura mostra lo stipendio medio cinque anni dopo che si sono terminati gli studi in funzione dell’università frequentata e degli studi fatti. Fonte: Economist modificata.
 
Il tragico paradosso della consulenza
 
La tabella precedente è interessante perché mostra come i differenziali di salario si manifestino più evidenti dove i clienti sono in grado di apprezzare la diversa qualità ed efficacia dei servizi offerti dalla consulenza. Se diventi dentista, non importa così tanto dove hai studiato quando inizierai a praticare la professione. Se entri negli affari, la LSE o Oxbridge sono un gradino formativo che contribuirà a una grande differenza salariale. Ci vuole cioè una certa cultura da parte della futura clientela per apprezzare le differenze nella formazione e le loro conseguenze una volta che tale formazione sia applicata alla consulenza.


La consulenza come leva di sapere che ci fa arrivare più in alto grazie all’arricchimento del capitale umano. La crescita dei patrimoni è solo un caso particolare.
In conclusione, la consulenza altro non è che una “leva di sapere” che migliora lo stipendio o il patrimonio solo se viene apprezzata dai clienti, se cioè i clienti posseggono cultura e esperienza sufficienti per capire i miglioramenti che ne derivano. Questo è il tragico “paradosso della consulenza”: chi la ha a disposizione è in grado di apprezzarne gli effetti, chi non la ha neppure ne vede i benefici.
 
 
La forte correlazione speculare tra VIX e S&P 500. Fonte: Bloomberg modificata.
Via via che un cliente è seguito da un consulente, questi gli mostra da un lato l’incertezza e la vulnerabilità ma, dall’altro, la presenza di correlazioni abbastanza stabili che il cliente impara. E, via via che impara, la figura del consulente si trasforma da quella di un tecnico che “risolve i problemi”, come molti altri professionisti, a una persona di fiducia con cui si può parlare di tutto quello che ci sta a cuore: famiglia, figli, futuro, lavoro, pensione, e così via. Per esempio, poniamo che il cliente impari sui tempi lunghi la correlazione tra il VIX, il cosiddetto indice della paura consistente in scommesse sull’incertezza del futuro, e l’andamento del mercato. A questo punto l’aver imparato questa correlazione gli fa apprezzare di più quello che fa il consulente. Via via che impara di più, apprezza di più la persona da cui imparato che diventa il suo mentore. Ecco un altro modo con cui prende forma il paradosso della consulenza.


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