lunedì 18 settembre 2017

MERCATI FINANZIARI: OSSERVATORIO DEL 15/9/2017


MERCATI AMERICANI AL TOP

 
Nuovi record in settimana per i due indici USA del nostro paniere, sia il Nasdaq che lo S&P 500; il primo vola a sfiorare quota 6.500 ed il secondo che abbatte la barriera dei 2.500 punti ma non sono gli unici. Nell’emisfero meridionale anche il Bovespa brasiliano abbatte il suo precedente record e infrange la soglia dei 75.000 punti. A traino di questi mercati anche l’indice MSCI World, che misura l’insieme dei mercati azionari, si porta a ridosso dei 1.500 punti ed è nuovo record.
L’accordo con i democratici sul tetto del debito e il possibile varo della riforma fiscale hanno attratto consenso verso Trump e le notizie dei disastri provocati dagli uragani, meno devastanti del previsto, hanno rasserenato gli operatori che, come accade da qualche mese, hanno girato la testa verso i possibili guadagni piuttosto che nella direzione delle possibile perdite, e questo è quanto.
Da inizio anno Hong Kong e il Brasile si attestano a oltre il 25% di rialzo, intorno al 20% stazionano India e Nasdaq e oltre il 10% di rialzo si consolidano le performance di Piazza Affari e l’indice S&P 500. In negativo resta la borsa moscovita ma ormai quasi a ridosso della parità.
In Europa i dati macro sono soddisfacenti, con una crescita del settore manifatturiero in eurozona (Indice PMI a 57,4 in agosto) che è tra le maggiori registrate dal 2011 e a conferma del rialzo della nostra borsa arriva la notizia di una produzione industriale a +4,4% su base annua.
Di seguito il grafico delle prime due settimane di settembre. Quella che sembra una nota stonata è il calo della borsa londinese che arretra del 3% in tale arco temporale.




Una spiegazione c’è. Mentre restano deboli le probabilità di un rialzo dei tassi da parte della FED nella seduta di questo mese, la Bank of England, che ha lasciato nel frattempo invariati i tassi (allo 0,50% ndr), ha lasciato aperta la strada a possibili rialzi anche a breve. La disoccupazione britannica è al 4,3% e l’inflazione è balzata al 2,9%, superiore al quel 2% che costituiva il target della banca centrale del Regno Unito.
Luci ed ombre, dunque, come sempre ma con la netta sensazione che in questo momento si vogliano vedere solamente le luci; le valutazioni rispetto alle medie storiche sono elevate, la volatilità è ancora insolitamente bassa, la leva è ampiamente utilizzata e il debito globale è altrettanto elevato. Considerando tutto ciò verrebbe da dire che il margine di ulteriore guadagno è inferiore al rischio assumibile se qualche cosa non andasse per il verso giusto ma la realtà operativa per il momento viaggia su binari diversi.
 


ECCO I PRIMI EFFETTI SULL’OBBLIGAZIONARIO



I timori di un rialzo dei tassi inglesi, a cui abbiamo appena fatti riferimento, hanno provocato uno sbilancio fra offerta e domanda sulle scadenze decennali il cui rendimento è passato in una sola settimana dall’1 all’1,30%.
Questo rialzo non si è limitato ai soli titoli del debito britannico ma si è esteso a tutti e cinque i titoli governativi decennali del nostro osservatorio ed ecco che il BTP dall’1,97% risale al di sopra del 2% (2,14% per la precisione) e pure gli altri tre titoli tornano in una sola settimana ai livelli di metà agosto.
 
Qualcosa si muove e la divergente politica delle due principali banche centrali mondiali ne è in parte la causa. Se andiamo a osservare lo spread fra il decennale USA e quello tedesco scopriamo che si trova a 179 basis points, un livello storicamente molto alto, e le probabilità che prima o poi si debba restringere vanno aumentando. Per la cronaca, lo spread fra BTD e bund è a 170,50.

 
Osserviamo infine la differenza fra i rendimenti di inizio anno e quelli attuali e - USA a parte - sono attualmente più elevati in Francia, Germania e Italia mentre il movimento della scorsa settimana ha riallineato i rendimenti sul decennale inglese.
 
 
COSA ACCADE SUL FRONTE VALUTARIO?
 
Rallenta, almeno per il momento la forza dell’euro, che molla la presa sul dollaro scendendo sotto il livello di 1,20 dollari per euro; sul fronte del cambio euro-sterlina l’effetto è più marcato. Con un prossimo possibile ritocco all’insù dei tassi la sterlina si apprezza nel corso di una ventina di giorni  passando da 0,93 a 0,88, livello che ha mantenuto pressoché stabile per tutto giugno e luglio scorsi.
L’euro mantiene una certa forza anche nei confronti della moneta cinese portandosi a 7,82 dai 7,79 nell’arco di una ventina di giorni mentre continua la forte debolezza dello yen che scende ulteriormente, soprattutto contro euro, toccando i minimi dell’anno a 132,35 il che equivale ad un suo indebolimento pari al 14% da metà aprile.
 
 
CONCLUDENDO
Ora non resta che attendere le decisioni della FED, alle prese con un bel dilemma, che è quello di aumentare o mantenere inalterati i tassi, questione che verrà sciolta nella giornata del 20 settembre. L’inflazione è arrivata in agosto a 1,90% su base annua ed è superiore alle attese, vicina all’obiettivo del 2%. Con i suoi membri che si dividono quasi equamente fra falchi e colombe chi prevarrà?
I mercati al momento puntano sul nulla di fatto ma se non sarà così? Ancora qualche giorno e lo sapremo.























































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