sabato 16 settembre 2017

Laboratorio GAM - Lezione N. 232 – Il passaggio generazionale: come funziona il paradosso della gestione

 
 

Abbiamo visto che in Italia i patrimoni cospicui sono relativamente concentrati in nicchie della popolazione, per la verità non più di quanto non avvenga nella maggioranza degli altri paesi avanzati, quelli che hanno conosciuto per primi la rivoluzione industriale. A differenza degli altri paesi, però, gli italiani sono longevi, sani, e i giovani creano per ora e in media poca nuova ricchezza. Inoltre, la maggioranza dei patrimoni è cresciuta in un clima culturale che è stato permeato più che altrove dai primi due paradossi. Gli italiani “anziani” sono quindi molto prudenti, perché hanno trascorso tutta la loro vita di risparmiatori e investitori all’ombra delle conseguenze di tali paradossi: prudenza, sicurezza, terrore delle perdite, assenza di mentalità “probabilistica”.
Se voi siete un consulente di un cliente che ha questo profilo, e se siete un bon consulente, costruirete un portafoglio adatto al vostro cliente, e, inevitabilmente, questo cliente si troverà in portafoglio molto “risk-off”, cioè poche azioni, molto reddito fisso, e un reddito fisso per lo più a breve termine, oltre a polizze assicurative. Questo va bene, perché quello è il profilo del vostro cliente, e voi sapete come tende a ragionare e, soprattutto, come si emoziona: per lo più, è molto avverso alle perdite. Ovviamente va bene solo se ritenete che il vostro cliente abbia quel tipo di profilo, con tutte le conseguenze del caso.
Non sarebbe così, se consideraste la sopravvivenza del suo patrimonio, il suo futuro dopo il passaggio generazionale. Il suo patrimonio tra poco passerà in nuove mani, molte diverse dalle precedenti. In poche parole, povere e crude, il problema del passaggio generazionale consiste nel cercare di evitare, che il passaggio del patrimonio coincida con la morte della persona anziana che lo detiene prevenendo le difficoltà emergenti da tale coincidenza.
Per realizzare questo obiettivo, è bene, in pratica, avviare con il cliente un processo fatto di varie sequenze, non necessariamente da praticare con l’ordine con cui noi le esporremo.
Come fare il passaggio generazionale
 
Per attuare il passaggio generazionale bisogna iniziare con una tappa preliminare, già descritta nel capitolo sulla “assicurazione comportamentale” in Economia della mente (Legrenzi e Massarenti, Raffaello Cortina Editore, 2016). Qui ci stiamo rivolgendo in primo luogo ai consulenti. Nulla vieta però che un singolo risparmiatore, come nel caso dell’assicurazione comportamentale, legga questo mio libro, rifletta sulle mie considerazioni e le loro conseguenze per eseguire infine i passaggi qui indicati, prendendo le misure del caso.
Ebbene, il punto di partenza, come nel caso della finanza comportamentale consiste nel domandarsi: “Quanto io valgo?” o anche: “Quanto vale questo cliente”. Riflettendo su tali domande, si può andare al di là della risposta spontanea e consueta che si può riassumere così: “In termini economici, il valore corrisponde al prezzo che otterrei se liquidassi in questo istante i miei risparmi (o i risparmi del mio cliente)”. In realtà, il valore di una persona supera ampiamente l’ammontare dei suoi risparmi, come tutti peraltro intuitivamente già sanno, almeno se si fermano a riflettere. La risposta corretta non viene però subito in mente perché i singoli elementi che vanno a comporre il valore complessivo di una persona non sono omogenei.
La prima tappa: il valore totale - Come recita il principio 13 dell’assicurazione comportamentale (Economia nella mente, p. 110):
Il risparmio finanziario ha un prezzo; gli immobili hanno un prezzo mescolato con un valore; il capitale umano ha solo valore, per cui tende a essere trascurato e sottovalutato.
Questo principio non è un’affermazione solo teorica, ma una constatazione che ha una verifica empirica sotto forma di non-assicurazione del capitale umano, dato che non risulta evidente. Le scelte, o meglio le non-scelte, degli italiani fanno sì che si viva nel paese più sotto-assicurato, come emerge sia dalle statistiche sia in occasione dei frequenti disastri naturali. Anche il valore delle persone è sotto-assicurato. Se ci interrogassimo a fondo circa il valore complessivo della persona, risulterebbe evidente la necessità di assicurare il capitale umano e gli immobili al suo servizio. Si potrebbero in tal modo “liberare” i circa duemila miliardi di risparmi che restano congelati per affrontare il “non si sa mai”. Questa somma congelata, in vista di possibili eventualità negative, mostra che gli italiani sono prudenti, ma che indirizzano male la loro prudenza. Invece di assicurarsi e di “liberare” questa somma tenuta liquida o semi-liquida, con rendimenti oggi pressoché nulli, e di investirla dopo aver assicurato il “valore” (capitale umano, immobiliare e quant’altro), molti italiani scelgono di procrastinare questa decisione o, addirittura, non la prendono neppure in considerazione. La tendenza a procrastinare è analoga a quella che fa rimandare il passaggio generazionale, anche se in questo secondo caso entrano in campo altre variabili diverse, che ora esamineremo.
Il cerchio degli affetti – Una volta che si è presa coscienza del perimetro del nostro valore totale, e che si è intervenuti trasformando in assicurazione la maggior parte dei risparmi tenuti bloccati per il “non si sa mai”, ci si deve interrogare sulla natura “vera” del nostro cerchio degli affetti. Il cerchio degli affetti, in estrema sintesi, è fatto di cerchi concentrici in cui si collocano “le cose a cui noi teniamo, a cui vogliamo bene”. Al centro del cerchio, in prima evidenza, c’è un “IO”, il proprietario dei risparmi. Attorno si distribuiscono, da più vicine a più lontane, le entità, persone o cose, di cui sentiremmo di più la mancanza in caso di perdita. Quanto più sono lontane dal cerchio, tanto meno “ci teniamo”.

Una volta ricostruito, con calma e ponderazione, pensando al passato ma anche al futuro, il cerchio degli affetti, si deve passare dall’IO al NOI. Spostare cioè l’IO, dalla posizione di esclusivo e totale previlegio, coincidente con l’attore che ha cumulato con la sua operosità i risparmi, al NOI, alle persone cioè che sono “care” a quell’IO.
Passiamo così a un nuovo cerchio, che è stato modificato e integrato, collocando lungo i vari cerchi concentrici, che si dipanano dal centro, tutti i nostri affetti.


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